domenica 4 settembre 2016

Tutto quello che siamo...

...di Federica Bosco.



La scheda del libro sul sito della Mondadori

Marina ha una situazione familiare difficile. Sua madre è morta di cancro tre anni prima, lasciandola sola con un fratellino e un padre violento, che si è risposato con una donna superficiale che detesta i suoi figliastri. Marina rinuncia ai suoi sogni per stare il più vicino possibile al fratellino e garantirgli un'esistenza quanto più possibile vicino alla normalità. Ma un giorno Marina si innamora...

Il romanzo muove da premesse pesanti, dure e profonde. Marina è una ragazza con un lutto probabilmente non ancora del tutto elaborato e una padre violento e abusante. Sono premesse di un certo spessore, ma per l'intero romanzo ho avuto come l'impressione che l'autrice non volesse trarre le conclusioni estreme dalle premesse che ella stesso ha posto.
la situazione di violenza e abusi psicologici non riesce mai a conquistare pienamente la scena, a bucare la pagina. L'unica a rendersi conto della situazione pare proprio Marina, che però affida i propri pensieri a frasette che sembrano prese pari pari da articoli di psicologia spicciola su Fb.
Gli amici di Marina, e anche gli altri adulti intorno a lei, sembrano non accorgersi della gravità di ciò che accade. Specialmente gli amici - stiamo parlando di ragazzi più che ventenni - non colgono mai la gravità di quello che sta accadendo. Nessuno fa mai un tentativo di dare una mano. Bisogna aspettare che cali dall'alto il principe azzurro sul cavallo bianco (questa volta il principe ha bomboletta spray in una mano e skateboard sotto i piedi) perché qualcosa si smuova. Ma non è Marina a darsi una mossa. In realtà Marina è un personaggio bloccato, prigioniero del suo immobilismo, che non esce dal ristretto cerchio della sua routine. E credo che sia una reazione normale per una persona col suo vissuto. Meno normali (e con ciò intendo reali, coerenti con la realtà che vivono) mi sono sembrati i personaggi secondari. In particolar modo la matrigna cattiva perché sì. Quale sia il problema, l'obiettivo che questa donna si prefigge e le sue motivazioni io non l'ho capito fino in fondo. L'odio sembra riversarsi solo su Marina e non sul piccolo Filippo, il fratellino. Esattamente perché? Gelosia? Non credo, essendo il padre estremamente disinteressato alla figlia. Quindi? Boh.
 
Prendiamo il finale. Può un semplice incidente in motorino, non particolarmente grave e scioccante, spazzare via la condotta abusiva di un uomo? Un uomo che picchiava la moglie, anche davanti ai figli, che picchiava la figlia, che ha lasciato correre episodi di autolesionismo in una adolescente che ha appena perso la madre, che era violento non solo fisicamente, ma anche psicologicamente? 
Capisco la reazione di Marina: lei arriva a comprendere qualcosa che forse prima non capiva di suo padre, riguardo cosa  era stata la sua vita, e con un grande e bellissimo slancio, lo perdona. Ma questo basta a mutare una condotta ultradecennale di abusi e violenze? Io non credo, e ritrarre nel finale una famigliola ammaccata ma felice mi ha lasciato perplessa. Non basta buttare lì un ... eh, non siamo perfetti però... No. Non puoi passare duecento pagine a lagnarti e a descrivermi quanto sia subdolo nella sua cattiveria quest'uomo, e poi lasciare che un abbraccio lo redima completamente. Il perdono di Marina lo trovo bellissimo, ma lo avrei trovato ancora più bello se ad esso fosse seguito qualcosa come una denuncia a quell'uomo - che stavolta la picchia senza ritegno davanti a testimoni - e l'allontanamento da lui, facendosi carico del fratellino.
Questo finale invece rende vane le pur interessanti premesse iniziali.

In realtà di questo romanzo salverei Marina, la protagonista principale, che mi pare il punto di forza della storia, e poco altro. La trama in sé mi è apparsa un po' troppo ingenua (lui che si innamora di lei dopo un incontro casuale perché le ha letto negli occhi la sofferenza... Forse non ho più l'età per apprezzare certe cose) ed è  condita con dialoghi a tratti veramente troppo banali. Esempio:

E sempre più mi convincevo di quanto sia  enorme  la  responsabilità  di  chi  decide  di  diventare  genitore.  Non  dovrebbe  mai essere  una  cosa  scelta  con  leggerezza,  per  debolezza,  per  ricatto  o  per  tenere  qualcuno legato a sé, ma dovrebbe succedere solo quando ci sono i presupposti giusti, quando c’è amore e rispetto, e soprattutto quando si è pronti.

Non è certo la rivelazione del secolo.

I genitori non possono sostituirsi ai figli, né fare delle scelte al posto loro, nemmeno per il loro bene, non funziona mai, non può funzionare, arriva un giorno che impazzisci!

Idem come sopra.

E come già detto ho trovato  l'happy ending forzato e anche un filino assurdo.

Voto: 6.

Ps: ma volete sapere qual è il peccato peggiore di questo romanzo?
Questo passaggio:

A  casa  Ilenia  e  Susie  erano  sempre  insieme  a  confabulare,  scambiarsi  vestiti  e chiacchierare a macchinetta come le due protagoniste insopportabili di “Una mamma per amica”.

Blasfemia!!!!
(naturalmente scherzo, ma insomma, toccarmi Una mamma per amica è grave, eh. Avrei dovuto scendere sotto la sufficienza solo per questo!!)

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