lunedì 30 ottobre 2017

Magic...

... di V. E. Schwab.

La scheda del libro sul sito della Newton Compton

Kell indossava un cappotto molto particolare.
 Non aveva né un solo verso, come sarebbe stato normale, né due, che sarebbe stato insolito ma plausibile, bensì numerosi, il che era – ovviamente – impossibile.
 La prima cosa che faceva quando metteva un piede fuori da una Londra per andare in un’altra era sfilare il cappotto e rivoltarlo una o due volte (o addirittura tre) fino a quando non trovava il verso di cui aveva bisogno. Non tutti erano alla moda, ma ognuno di essi aveva uno scopo. C’erano quelli fatti per confondersi, quelli fatti per risaltare, e quelli che non servivano a nulla ma a cui lui era particolarmente affezionato.
 
Kell è uno degli ultimi Antari, i maghi del sangue, e può muoversi attraverso le quattro dimensioni parallele che compongono il suo universo. Da Londra Rossa, la sua patria, egli viaggia per conto della famiglia reale a Londra Grigia, quasi priva di magia, e a Londra Bianca, dove la magia è potente ma anche pericolosa. La quarta dimensione, quella di Londra Nera, invece, è poco più di una leggenda, perduta e distrutta quando le porte tra le dimensioni vennero sigillate per impedire che la magia prendesse il sopravvento sugli altri mondi, come appunto era successo a Londra Nera.
Kell, che è uno dei pochissimi che ancora può viaggiare tra i mondi, è però anche un contrabbandiere: trasporta illegalmente oggetti da una dimensione all'altra. Questa cosa, oltre ad essere proibita dalla legge, si rivelerà essere molto, molto pericolosa, quando qualcuno gli affiderà un manufatto dai poteri oscuri.
 
Mi ero avvicinata a questo romanzo fantasy con aspettative molto basse. Ultimamente tendo a diffidare dai fantasy, specie quelli destinati ad un pubblico giovane, a causa delle molteplici fregature rimediate in passato. Complice una bella copertina ed un prezzo contenutissimo, ho comprato questo ebook, ed ora posso dirlo: 99 centesimi spesi non bene, ma benissimo.
 
Avete letto l'incipit riportato sopra? Bene, ditemi se non vi ha intrigato e incuriosito. Certo, Magic non è un romanzo perfetto, ma porta nel panorama del fantasy qualcosa di nuovo, interessante e affascinante.
 
L'ambientazione è la cosa migliore di tutto il romanzo, e, poiché la fa da padrona nella storia, questo non è poco. Ci sono quattro dimensioni, disposte una sull'altra come le pagine di un libro: per passare dalla prima all'ultima, ad esempio, bisogna attraversarle tutte. La magia del sangue è la chiave per passare da un mondo all'altro. La magia più comune, quella basata sugli elementi, non consente di aprire varchi tra le dimensioni.
Come potete intuire da questi cenni, il panorama magico è complesso e variegato, anche perché muta da una dimensione all'altra. In pratica ad ogni pagina c'è una nuova scoperta e si aggiunge un tassello al mosaico. Ho adorato questa idea dei quattro mondi, chiusi tra loro eppure stranamente dipendenti l'uno dall'altro, legati a doppio filo da una magia che è potente ma difficilmente addomesticabile.
Devo dire che, per quanto io sia rimasta affascinata e piacevolmente colpita da questa costruzione, inizialmente c'è un po'di confusione e le distinzioni tra i tipi di magia, i vari poteri, le varie leggi che regolano le diverse società non sono chiarissime. Ho provato un po'di smarrimento, e per afferrare bene i concetti è necessario proseguire nella lettura, e non scoraggiarsi di fronte ai primi dubbi.
 
La trama è piacevole, senza punti morti e scorre velocemente.
 
Lo stile è pulito e veloce, anche se ho riscontrato una tendenza a raccontare le situazioni, anziché mostrarle e ad utilizzare i monologhi interiori dei personaggi per fornirci informazioni sull'ambientazione. Le informazioni sono sicuramente di vitale importanza per il lettore, ma il sistema scelto mi ha un pochino infastidito, perché i pensieri dei personaggi non suonavano naturali.
È come se io, trovando dei rifiuti abbandonati per strada, attaccassi a pensare: beh, nonostante l'Italia sia una Repubblica parlamentare, e la sua bandiera sia verde, bianca e rossa, devo sottolineare che la scarsità di controllo sul territorio genera aberrazioni che si ripercuotono sulla vita di tutti i giorni dei cittadini... Non esattamente un discorso spontaneo e lineare, secondo me.
 
Il vero punto debole del romanzo si trova, comunque, nei personaggi. Per quanto essi siano potenzialmente interessanti, sono poco o per nulla sviluppati e caratterizzati psicologicamente, e risultano simpatici sì, ma bidimensionali.
 
Kell dovrebbe essere un personaggio portatore di un sano conflitto: egli è stato adottato dalla famiglia reale, che se ne serve come messaggero tra le dimensioni, ma allo stesso tempo infrange la legge contrabbandando oggetti da una Londra all'altra. Perché? Cosa lo spinge? È vero che Kell risente della natura ambigua del suo rapporto con la famiglia d'adozione (servitore o membro della famiglia?) ma l'argomento andava, secondo me, approfondito per garantire maggiore spessore e coerenza al personaggio.
 
Anche la co- protagonista, Lila, una ladruncola di strada che vorrebbe essere un pirata, mi è piaciuta, ma trovo che sia stata approfondita pochissimo. L'autrice ci ripete che Lila non ha altro scopo che accumulare denaro per abbandonare le miserie di Londra Grigia; che è sopravvissuta perché ha sempre pensato esclusivamente a se stessa, ma in realtà Lila non fa altro che correre in soccorso degli altri dall'inizio alla fine del romanzo. La cosa mi sta bene, o meglio, mi starebbe stata bene se questo atteggiamento fosse arrivato alla fine di un percorso di cambiamento emotivo del personaggio, invece di essere in aperto contrasto con quanto l'autrice ci ha detto di Lila fino a quel momento.
 
Nel complesso, comunque, il romanzo mi è piaciuto. Sebbene si tratti del primo volume di una trilogia, la storia è autoconclusiva. Consiglio il romanzo a tutti gli appassionati di fantasy.
 
Voto: 7

domenica 29 ottobre 2017

Il mistero del treno azzurro...

... di Agatha Christie.

Il miliardario americano Van Aldin, durante un soggiorno a Londra viene in possesso di una collana di rubini che si dice appartenuta a Caterina I di Russia, e la regala alla sua unica figlia, Ruth. Quest'ultima, stufa dei continui tradimenti del marito inglese, accarezza l'idea del divorzio, che lascerebbe il marito fedifrago al verde e in balia dei debiti, e intanto si reca in Costa Azzurra in vacanza. Sul treno che la porta dall'Inghilterra al sud della Francia viene assassinata.
Suo padre chiede aiuto al celebre investigatore Hercule Poirot.
 
Il mistero del treno azzurro, pubblicato per la prima volta nel 1928, è la quinta avventura di Hercule Poirot. Qui l'autrice mescola elementi a lei cari, e che diventeranno negli anni seguenti classici del giallo.
Innanzitutto parliamo dell'ambientazione: un treno notturno che da Londra porta i ricchi vacanzieri inglesi fino alle assolate coste del sud della Francia. È ovvio che la mente corra subito ad un altro celebre omicidio avvenuto a bordo di un treno, Assassinio sull'Orient Express, ma questo romanzo è precedente a quello citato.
Il treno è un ambiente chiuso che permette di circoscrivere senza forzature l'ambito dei sospettati e la scena del crimine, ed allo stesso tempo è un'ambientazione dinamica. Non è impossibile che qualcuno sia salito o sceso dal treno senza essere notato, ma il punto focale, in questo romanzo, è come possa averlo fatto nel preciso momento in cui la vittima è stata uccisa. Ed è su questo dettaglio che si focalizzerà l'acuta intelligenza di Poirot. Quando tutti daranno per scontata la risoluzione del caso, lui continuerà ad indagare fino a svelare la verità.
 
Altro elemento classico che possiamo trovare nel romanzo è la presenza di un gioiello famoso, inestimabile e dalla fama sinistra. La sua natura in relazione al crimine è qui ambigua: la sparizione dei rubini è movente dell'omicidio o semplicemente fumo negli occhi? Questa ambiguità e la leggenda nera che li circondano aggiungono fascino ad una vicenda che comunque non ha bisogno.
 
Ho trovato questo romanzo leggermente diverso da quelli della Christie (che ho letto quasi tutti, me ne manca ancora qualcuno, però). Qui l'investigazione è dinamica, gli ambiti in cui spaziare sono non solo molteplici, ma anche molto diversi l'uno dall'altro. Si va infatti dalla promessa di una ingente eredità al contrabbando di gioielli, fino alla presenza di una ladro internazionale senza volto. Lo stesso Poirot dovrà ricorrere ad aiuti esterni per chiarire i dettagli (ed il movente) della vicenda. Insomma, le sue celluline grigie avranno bisogno di una mano, ma riusciranno comunque a tenere la situazione sotto controllo.
 
Nonostante io preferisca le ambientazioni classiche, del tipo riunione di famiglia in vecchia villa isolata nella campagna inglese, ho amato molto questo romanzo. La trama gialla è solida ed il colpevole è onestamente insospettabile, eppure nascosto in bella vista per tutto il tempo. Interessanti anche i personaggi secondari, come la giovane Katherine Grey, la quale ha appena ereditato una fortuna da un'anziana signora di St. Mary Mead (no, tranquilli, non si tratta certo di Miss Marple!) e si rivela essere una osservatrice acuta e un'ottima spalla per Poirot.
 
Una chicca per appassionati è la presenza sul treno di un inserviente di nome Pierre Michel, lo stesso nome (e dunque è dato presumere si tratti dello stresso personaggio) dell'inserviente dell'Orient Express teatro del celebre omicidio.
 
Voto: 8
 

lunedì 23 ottobre 2017

I Medici. Decadenza di una famiglia...

... di Matteo Strukul.


Grazie alla disponibilità di Federica della casa editrice Newton Compton recensisco in anteprima, in collaborazione con altre blogger, il quarto volume della saga della famiglia de' Medici, opera dello scrittore veneto Matteo Strukul.
 
La Parigi del diciassettesimo secolo è l’essenza del vizio e della violenza. Maria de’ Medici, da poco sposa di Enrico IV di Borbone, si trova ben presto a fare i conti con le mire rapaci di Henriette d’Entragues. Con un documento scritto, Enrico stesso ha promesso alla propria favorita di prenderla in moglie, e ora quel foglio è l’arma con la quale ricattarlo. Ma non è l’unica minaccia: un’altra arriva da un gruppo di nobili che cospirano per rovesciare il trono. Avvertendo che le sorti proprie e del re sono sempre più critiche, Maria decide allora di affidarsi a Mathieu Laforge, spia e sicario abilissimo, capace di sventare più di una congiura. Ma la regina non sa ancora che il suo destino sarà segnato dalla lotta costante contro coloro che vogliono la fine del suo regno. Quando Enrico IV di Borbone muore, vittima dell’ennesimo complotto, all’orizzonte si profila, inarrestabile, l’ascesa di un astro di prima grandezza della politica francese: il cardinale di Richelieu. Sarà proprio lui, dopo la morte del re, ad acquisire un potere sempre maggiore, tradendo colei che più di chiunque altro ne aveva favorito la fortuna: Maria de’ Medici. (trama tratta dal sito della C. E.)
 
In questo quarto romanzo l'autore ci narra le vicende di Maria de' Medici, moglie di Enrico IV, primo Borbone a salire sul trono di Francia, comprendo un periodo che va dal 1597 al 1640.
L'ambientazione è intrigante e particolarmente adatta ad un romanzo. La corte di Francia all'epoca era dominata da personalità forti in  costante contrasto fra loro. Intrighi, bugie, segreti, e tradimenti erano all'ordine del giorno.
In questo ambiente deve inserirsi la giovane Maria, che sposa un uomo parecchio più vecchio di lei, e che non è particolarmente amata dalla nobiltà francese e per la quale resterà , come era già accaduto per la sua lontana cugina Caterina de' Medici, sempre un corpo estraneo.
 
Maria è una donna forte e consapevole delle proprie qualità e della propria abilità, che non esiterà ad usare la sua influenza sul re per indirizzare la politica interna ed esterna della Francia. Bella e intelligente, ma forse troppo impetuosa, causerà la sua stessa rovina.
Co-protagonista di questa storia lunga quasi mezzo secolo è un giovane vescovo di nome Armand-Jean du Plessis, meglio noto come Richelieu.
Richelieu regala un fremito al lettore ogni volta che entra in scena, per la sottigliezza dei suoi maneggi e naturalmente per l'indubbio fascino che questo personaggio possiede. Per inciso, viene narrata di sfuggita, e da un punto di vista totalmente diverso, la famosa relazione di Anna d'Austria, moglie di Luigi XIII (figlio di Maria) e il Duca di Buckingham, storia attorno alla quale ruota I tre Moschettieri di Dumas.
 
Le vicende narrate si susseguono veloci, gli intrighi e le congiure si dipanano una dopo l'altra. Gli amanti della Storia e del romanzo storico non potranno che gioire leggendo questo libro. Infatti l'autore ha dalla sua una solida ed accurata ricerca storiografica. Di ciò è prova, tra le altre cose, la naturalezza con cui Strukul fa muovere sulla scena anche i personaggi secondari come Condè, Concino Concini e Leonora Galigai, protetti della Regina.

Nonostante la precisione della ricostruzione storica e la cura dei dettagli, il romanzo risulta molto scorrevole e piacevole da leggere. Insomma, l'accuratezza non diventa un ostacolo alla leggibilità del romanzo.
 
Quello che davvero non mi ha convinto di questo libro, però, è stata la scelta di una narrazione a quadri, già utilizzata nei precedenti volumi della saga. In pratica lo scrittore raggruppa i capitoli per finestre temporali, e tra un gruppo di capitoli e l'altro possono passare anche diversi anni.  
Nelle note finali, l'autore ribadisce che si tratta di una scelta meditata e consapevole, e a suo parere, anche obbligata a  causa dell'ampiezza dell'arco temporale da trattare in ogni romanzo.
Prendo atto di ciò, ma continuo a pensare che una narrazione che presenta continui salti temporali allontana il lettore dai personaggi e lo coinvolge meno nella trama. Sebbene io abbia notato una maggiore coesione fra i vari gruppi di capitoli, rispetto a quanto accadeva nel terzo volume della serie, I medici. Una regina al potere, non si può non notare come a volte i collegamenti fra un lasso temporale e l'altro siano labili, o addirittura assenti. Ad esempio, ed evitando spoiler sulla trama, capita di lasciare un determinato personaggio imprigionato dalle guardie del Cardinale Richelieu, e di ritrovarlo, dopo qualche pagina e qualche anno, da tutta altra parte, senza che ci sia dato sapere come il personaggio si sia tratto d'impaccio. L'impressione è proprio quella di guardare un affresco, sicuramente pregevole, accurato, ricco di particolari, ma appunto un affresco e come tale immobile, e non una storia in divenire che cattura il lettore con il fluire della sua trama.
 
Perciò il mio voto è ampiamente sufficiente ma non completamente positivo.
 
Voto: 6 e 1/2
 
Questa è la mia opinione. Cosa avranno pensato e scritto le altre blogger partecipanti a questo review party? Per scoprirlo, correte su:
 
 
 
 
 

domenica 15 ottobre 2017

Ross Poldark...

... di Winston Graham.

La scheda del libro sul sito della Sonzogno

Cornovaglia, 1783. Ross Poldark, figlio di un nobile locale, torna a casa dopo aver combattuto durante la Guerra d'Indipendenza Americana. L'esperienza lo ha cambiato: ama ancora la sua terra ma capisce che non è più la stessa terra che ha lasciato. Le mienere di rame sono impoverite, suo padre è morto, la casa di famiglia è in rovina e la donna che ama ha sposato un altro.
A Ross, tenace per natura, non resta che rimboccarsi le maniche e cercare di risollevare le fortune della famiglia, aiutato dalla cugina Verity e da Demelza, una ragazzina scaltra che lui ha salvato da un padre ubriacone e violento.
 
Ross Poldark è un bel drammone storico, ricco di vicende e di personaggi romantici.
Ross, il protagonista, è uno che parla poco e agisce molto, a volte senza pensare. Ma circa a pagina 50 ha già conquistato il cuore di ogni lettrice. Innanzitutto, tornato a casa logoro e disilluso da una guerra che l'Inghilterra ha peso, non chiede altro che trovare conforto nella braccia della donna che ama, ma la trova accasata senza tanti scrupoli con un altro, con suo cugino per di più. La compostezza con cui reagisce ad un dolore che egli stesso crede di non poter superare ne fanno subito un beniamino agli occhi dei lettori.
Senza essere stucchevole o pesantemente moralista, Ross è uno che sa dove sta la giustizia, e sa preferire, d'istinto, la cosa giusta a quella sbagliata. In una società dominata dall'ipocrisia, questo gli creerà più di qualche problema.
Intorno a lui si muove la società della Cornovaglia, composta di piccoli nobili e ricchi borghesi e poverissimi minatori.
In particolare, la crisi del mercato del rame fa da filo conduttore a tutta la vicenda. Da un lato, infatti, c'è la lotta di Ross per ridare lustro alle proprietà della famiglia; dall'altro c'è la dignitosa lotta dei minatori e delle loro famiglie per riuscire letteralmente a non morire di fame.
L'elemento di disturbo, per così dire, nel fluire della trama è rappresentato da Demelza. Ross la strappa al suo destino di fame, percosse e miseria, attirandosi così la disapprovazione non solo dei suoi pari ma anche dei minatori, che non vedono di buon occhio l'idea che un signorotto abbia portato fuori dal suo ambiente la ragazzina.
 
Insomma, come potete intuire da questi cenni, gli ingredienti per farne un bel romanzo ci sono tutti, e mescolati ad arte.
La trama si dipana lenta ma costante, senza eccessi ma senza punti morti, dando tempo al lettore di familiarizzare con l'ambientazione e i numerosi personaggi.
Ross Poldark è un affresco ben riuscito, un romanzo storico di ampio respiro (non per niente la saga conta 14 romanzi), una di quelle storie che diventano familiari, in cui ci si sente a casa non appena si comincia a leggere.
Difficile non trovare piacevole la lettura e non venirne rapiti. Avrei gradito qualche grande evento tragico a dare uno scossone alla trama, ma è solo una questione di gusti.
 
Libro consigliato.
Voto: 7 e 1/2
 

L'amore bugiardo...

... di Gillian Flynn

La scheda del libro sul sito Rizzoli

Amy e Nick Dunne sono una coppia all'apparenza perfetta, felice e innamorata. Le cose cominciano a cambiare quando entrambi perdono il lavoro e decidono di trasferirsi da New York in Missouri, nella città natale di Nick, per stare vicino alla madre malata e aprire un bar con gli ultimi risparmi. Una volta lì, il matrimonio mostra le prime crepe e all'improvviso Amy scompare. Nick proclama a gran voce la sua estraneità al fatto, ma molti piccoli indizi portano la polizia a sospettare di lui, e l'opinione pubblica a chiedersi chi fosse veramente Nick. Il diario di Amy descrive una vita di menzogne, prevaricazioni e violenze. La polizia pensa di arrestare Nick. Eppure anche Amy ha i suoi segreti...  
 
Ho letto molto pareri contrastanti su questo thriller psicologico, e quelli negativi ci andavano giù veramente pesanti. Beh, a me il libro è piaciuto, e mi sento anche di consigliarlo ad un certo tipo di pubblico.
 
Ma andiamo con ordine. L'amore bugiardo è probabilmente penalizzato da un inizio un po' sottotono, e per niente fuori dall'ordinario.
Lui & Lei, bellissimi e in carriera, innamoratissimi e lanciati verso un luminoso futuro, perdono il lavoro e da New York tornano a vivere in provincia. Il matrimonio scricchiola. Lei scompare, il marito diventa il sospettato n. 1. Già visto, già letto, già sentito.
Sebbene la scelta di narrare la storia in prima persona con le voci del sospettato e della vittima (la voce di lei viene svelata attraverso un diario) sia stata senza dubbio interessante, inizialmente faticavo a contenere qualche sbadiglio. Mi sono ritrovata a leggere pagine di vita della protagonista datate sei- sette anni prima della vicenda. Sbuffavo per l'impazienza, mi chiedevo: sì, ok, è tutto molto bello, ma a me cosa importa?
Poi però, il romanzo ha cominciato a cambiare impercettibilmente davanti ai miei occhi, e la lettura svogliata si è trasformata in attenta e vorace. Ho divorato le 464 pagine del romanzo in due giorni e mezzo.
 
Le cose non sono come sembrano in questo romanzo. Anche il lettore più esperto e smaliziato dovrà ammettere che sono molto, molto più contorte di come se le aspettava.
A metà circa del romanzo, arriva un bel colpo di scena che ci svela, almeno parzialmente, la verità. Colpo di scena che ho apprezzato e che mi ha fatto rivalutare anche quanto avevo letto fino a quel momento. Ma con oltre 250 pagine ancora da leggere, mi sono chiesta: e adesso?
Ecco, questo è il bello di questo romanzo. Dopo l'iniziale lentezza, cominci a chiederti  in continuazione: e adesso? E la risposta non è mai scontata. Gillian Flynn scombina le carte, rovescia il tavolo, poi lo rimette a posto e distribuisce nuove carte come se niente fosse.
Ci troviamo di fronte, di volta in volta, ad un mistery, una caccia al tesoro, un procedural thriller in fase embrionale, un romanzo on the road, un thriller psicologico. E più ci addentriamo nella narrazione, più la verità ci appare inquietante e disturbante.
 
La psicologia dei personaggi è molto curata. Non solo quella di Amy e Nick, ma anche quella dei personaggi minori. Ho trovato i genitori di Amy, ad esempio, tremendamente inquietanti, con la loro fredda logica da psicologi di successo, più attenti al loro tornaconto personale che all'effettiva felicità emotiva della figlia.
 
Il finale è in linea con l'intero romanzo, non ha nulla di convenzionale e, sebbene riesca a chiudere l'ampio cerchio delle diverse vicende narrate, mi ha lasciato insoddisfatta. Non si tratta di un finale brutto, questo no, ma avrei preferito qualcosa di più definitivo.
 
So di essere stata vaga in questa recensione, ma parlare del romanzo senza svelare nulla dei colpi di scena, senza tradirmi rivelando dettagli che minerebbero il piacere di una futura lettura, è stato molto difficile.
Consiglio questo libro a chi ama i thriller psicologici e ha la pazienza di andare oltre un inizio molto lento;  a chi ama i romanzi che si sverlano senza fretta, a chi non cerca adrenalina a tutti a costi, ma ama sentirsi turbato da qualcosa di più sottile, di più strisciante.
 
Voto: 7

domenica 1 ottobre 2017

7-7-2007...

...di Antonio Manzini.

 
ATTENZIONE:
In caso non abbiate ancora letto niente della serie di Rocco Schiavone, vi consiglio vivamente di rimediare subito, e allo stesso tempo vi sconsiglio la lettura della recensione, perché essendo il romanzo un enorme flashback, la sua recensione potrebbe contenere spoiler su eventi narrati in altri libri.
 
Rocco Schiavone è un poliziotto molto particolare. Insofferente, scorbutico, la sottile linea che divide la legalità dall'illegalità l'ha passata da un pezzo e pure più volte, eppure è un buon poliziotto. Una volta, prima che sua moglie Marina cadesse in un agguato, era anche un uomo felice.
Questa è la storia di quel "prima", e la storia di come quel prima è diventato "dopo", consegnandoci quel Rocco Schiavone rabbioso, indifferente e vuoto che abbiamo imparato a conoscere.
 
Ci sono libri che si fanno leggere, ti intrattengono, ti divertono, ma che non escono mai dalle pagine su cui sono scritti. E poi ci sono romanzi come questo.
La forza, il realismo e la profondità di questa storia e di questo personaggio sono di quelli che lasciano una traccia indelebile nel lettore.
 
Rocco Schiavone, vicequestore trasteverino spedito per punizione ad Aosta, lo conosciamo tutti. Facile all'ira, al turpiloquio, scarsamente interessato ai suoi simili, brusco, misantropo e misogino, ha il fiuto del buon poliziotto. Non è una vocazione, perché Rocco non ha uno spiccato senso della giustizia, ma piuttosto un talento innato.
Anni addietro, era un uomo diverso. Non migliore, ma diverso. E addirittura più tollerante verso il prossimo, più disponibile; a volte perfino empatico.
E in questo romanzo vediamo questo Rocco muoversi nella sua città, in mezzo ai suoi amici e ai luoghi che conosce benissimo e ama.
Un ragazzo è stato ucciso con una pugnalata alla nuca, e scaricato in una cava. Un bravo ragazzo, dalla vita apparentemente normale e irreprensibile. Schiavone indaga aiutato dai suoi amici Seba, Brizio e Furio, utilizzando sistemi al limite della legalità.
Come ben sappiamo, la legalità non è mai stata in cima ai pensieri del vicequestore: qui però questa tendenza a sconfinare nella zona grigia viene scoperta dalla adorata moglie Marina, che lo lascia.
Rocco è distrutto eppure continua ad indagare, mettendo inconsapevolmente in moto gli eventi che porteranno al tragica uccisione di Marina.
 
Il caso da risolvere è, al solito, interessante e valido; ma la verità è che qui il lettore vuol arrivare a capire cosa sia accaduto a Marina, e perché. Ci vuole pazienza, però, e bisognerà seguire con calma tutti gli sviluppi del caso e coglierne i dettagli per poter davvero comprendere la portata del dolore e del senso di colpa di Rocco.
 
La scena dell'omicidio di Marina è descritta con parole semplici, nude e crude, e fa malissimo. Commuove nella sua semplicità. Colpisce con la sua ineluttabile evidenza, e vale da sola un intero romanzo. Stessa cosa può dirsi per la vendetta di Rocco, un uomo distrutto che vediamo cambiare davanti ai nostri occhi in poche pagine. Colpisce il fatto che dietro la boria del vicequestore c'è una grande fragilità, che non gli consente di andare avanti da solo, dopo aver perduto la sua adorata Marina.
 
Non posso che inchinarmi alla bravura di Antonio Manzini per essere riuscito a rendere sulla carta le mille sfumature di un personaggio complesso e imperfetto, triste, vuoto, spezzato eppure ancora in pista, nonostante tutto.
 
Votö: 8

Piccole grandi bugie...

...di Liane Moriarty.

La scheda del libro sul sito della Mondadori

A  Pirriwee, una piccola cittadina di provincia australiana, Jane, giovane madre single del piccolo Ziggy, stringe amicizia con Madeleine e Celeste.
Jane parla poco del suo passato, e ancor meno del padre di suo figlio ed è evidente che nasconde qualcosa.
Madeleine, madre di tre bambini, è una sorta di ape regina, abituata ad averla vinta su tutto. Ma anche lei ha subito una sconfitta che le brucia ancora, l'abbandono del suo primo marito, che ora ha deciso di tornare a vivere proprio accanto a Madeleine e alla sua nuova famiglia.
Celeste è una donna bellissima, con un marito bellissimo e due figli perfetti. Eppure è sempre nervosa, assente, spaurita.
Quando Ziggy viene accusato di bullismo da una compagna di scuola, Madeleine e Celeste prendono Jane sotto la loro ala protettrice per cercare di fare chiarezza sull'episodio.
Ma come una piccola spinta fa cadere una dopo l'altra le tessere nel gioco del domino, questo evento scatenerà una cascata di avvenimenti e metterà in luce le piccole grandi bugie che le vite apparentemente perfette nascondono.
 
Mi sono avvicinata a questo libro dopo aver visto l'ottima serie tv tratta dal romanzo. E devo dire che, pur sapendo benissimo cosa sarebbe accaduto, la storia mi è piaciuta tantissimo. Nonostante sapessi praticamente già tutto, mi risultava assai difficile staccarmene.
 
La cosa che più mi è piaciuta è la struttura del romanzo.
La storia inizia dalla fine: siamo ad una serata di beneficenza per la scuola elementare della cittadina. Qualcosa è successo, qualcuno è morto. Ma chi? Come? Chi ne è il responsabile (se un responsabile esiste)? E cosa è successo esattamente?
Per scoprirlo dobbiamo ricostruire gli eventi negli ultimi mesi di vita dei protagonisti.
 
Mentre accompagna la figlia minore a scuola, Madeleine prende una storta e viene aiutata da Jane, che sta portando Ziggy alla stessa scuola. C'è qualcosa in Jane che alla sofisticata ed elegantissima Madeleine fa tenerezza: la sua giovane età forse, o le sue insicurezze, o forse quella coda di cavallo stretta stretta che sembra fatta apposta per mortificare i suoi capelli.
Madeleine è quel tipo di persona che amplifica i propri sentimenti: l'odio è per sempre, ma anche l'amicizia e la gratitudine lo sono. E questa è la ragione per cui difende Jane e suo figlio a spada tratta quando il piccolo viene accusato di essere un bullo, mettendo così in moto tanti piccoli eventi concatenati tra loro, che porteranno inesorabilmente alla tragedia finale.
Infatti, nelle vite patinate e perfette degli abitanti di Pirriwee ci sono parecchie imperfezioni, coperte alla meno peggio con - appunto - bugie piccole e grandi.
Ma l'arrivo di Jane, che sembra non appartenere a quel mondo, con i suoi silenzi, i suoi abiti dimessi e sempre di colore scuro, con quel figlio taciturno, sconvolge gli equilibri e comincia a metterle a nudo.
Utilizzando i piccoli dettagli della vita quotidiana come tessere di un mosaico, l'autrice ci racconta una storia di ordinario mistero e di ordinaria violenza. Non si tratta però di quella violenza eclatante a cui ci hanno abituato i telegiornali; si tratta di una violenza subdola, nascosta e più sottile ma non meno dolorosa. 
 
Altra cosa che veramente mi ha colpito, sono i personaggi. La caratterizzazione di ognuno di loro, anche di quelli secondari, è perfettamente riuscita e perfettamente amalgamata con la trama.
Essi sono così imperfetti, e così impegnati a nascondere le crepe nella facciata. Ipocrisia, sofferenza, rancori, amore e amicizia si mescolano e si agitano nei loro animi. Solitamente questo miscuglio esplosivo viene spinto in fondo al loro animo, e ricoperto da una patina di cordialità. Ma basterà davvero poco perché quel magma risalga in superficie.
 
Il romanzo sconta forse un po'di lentezza nel suo svolgimento, ma le vicende di queste tre donne e delle loro famiglie hanno avuto su di me un effetto quasi ipnotico.
 
Voto: 7 e 1/2