domenica 28 gennaio 2018

Lockwood & co. La scala urlante...

... di Jonathan Stroud.


La scheda del libro sul sito della Salani

Sono ormai più di cinquant'anni che Londra e il Regno Unito convivono con il Problema: un' epidemia di infestazioni soprannaturali, con spettri e fantasmi che si manifestano in gran numero un po'ovunque. I bambini e gli adolescenti sono gli unici a vedere e percepire le creature, gli adulti sono praticamente ciechi e impotenti di fronte al fenomeno. Perciò il giovane Anthony Lockwood ha aperto una agenzia, come ce ne sono diverse in città, per liberare i luoghi infestati. Ma a differenza della concorrenza, Lockwood non ha un supervisore adulto, e gestisce l'agenzia ed il lavoro in piena autonomia.
Quando Lucy finisce a lavorare per lui, crede di aver scelto la più disastrata agenzia di acchiappafantasmi dell'intera Inghilterra. Ma quando lei, Lockwood e George, il terzo membro della squadra, affronteranno una delle missioni più pericolose della storia degli acchiappafantasmi, le cose cambieranno.
 
Lockwood & co. La scala urlante è il primo di cinque volumi di una serie per ragazzi di Jonathan Stroud, autore del ciclo di Bartimeus, saga fantasy innovativa che recensito (e adorato) qui.
Purtroppo, per ora, la traduzione dei volumi è ferma al secondo della serie, Il teschio parlante, e io spero vivamente che la Salani sia intenzionata a pubblicare presto le traduzioni dei libri successivi, anche perché Lockwood & co. è in procinto di diventare una serie televisiva.
 
Da questa breve premessa, appare già abbastanza chiaro il mio pensiero. Ancora una volta Jonathan Stroud riesce a regalarci un piccola grande perla.
 
Siamo a Londra, in un epoca non meglio specificata. Sicuramente si tratta di un'epoca dai connotati moderni; infatti ci sono automobili, televisori, sistemi d'allarme sofisticati, ma allo stesso tempo non ci sono telefonini, computer e altri sistemi di comunicazione di massa. Gli abitanti di questa Inghilterra alternativa hanno imparato a convivere con i fantasmi: improvvisamente, cinquant'anni prima, le apparizioni sono diventate sempre più numerose, ed ora fanno parte della vita quotidiana. Il problema è, però, che i fantasmi sono pericolosi, ed un loro tocco può uccidere.
Al calar della notte, quando essi si manifestano, tutti si chiudono in casa e cercano di proteggersi come meglio possono: porte di ferro, sigilli d'argento, strisce di sale sulle soglie e i davanzali.
Il calar della notte però è anche il momento in cui entra in gioco un esercito di bambini e adolescenti, gli unici a poter combattere efficacemente il fenomeno. Questo particolare rende l'ambientazione affascinante. I ragazzi e le ragazze di questo mondo si muovono in un ambiente pericolosissimo, e devono farlo praticamente da soli.
Qualche giorno fa ho letto la newsletter di una editor molto brava, Stefania Crepaldi, (qui il suo sito, pieno di risorse preziose), la quale afferma che ogni romanzo ha due livelli di lettura. Il primo, più superficiale e immediatamente accessibile, è   quello dove la trama si snoda e si mostra ai nostri occhi; [...]  poi c’è un altro strato, quello sotterraneo, da curare con particolare cura, il cuore stesso del romanzo, la sua essenza: il messaggio.
Ecco, la cosa che più mi ha colpito in questo romanzo è stato quello che ho visto sotto lo strato di una trama ingegnosa, scorrevole e interessante. Ho visto bambini e ragazzi in balia di un fenomeno senza alcuna spiegazione, li ho visti combattere e cercare soluzioni a  problemi che gli adulti non possono vedere e quindi non possono risolvere.
Insomma, mi sono chiesta se non sia proprio così che si sente un adolescente, se non si senta perso in un mondo pericoloso e incomprensibile, e debba cercare di sopravvivere senza sperare nell'aiuto, se non in maniera marginale, degli adulti. Mi è piaciuto come il romanzo mi abbia conquistato facendomi fare questa riflessione.
È così che dovrebbero essere, secondo me, i romanzi per ragazzi. Piacevoli da leggere ma anche densi di significato, e non leggeri e vuoti, a volte addirittura sciocchi, come se bambini e adolescenti non avessero sentimenti, sofferenze e profondità d'animo o non li potessero capire.
 
La medesima profondità la troviamo nei tre protagonisti, Lockwood, Lucy e George. Tre personalità molto diverse ma in grado, dopo qualche necessario incidente di percorso, di funzionare insieme come una squadra affiatata.
 
La trama è, come detto sopra, scorrevole e interessante. Lo stile dell'autore è ricco, senza essere involuto, anche se devo constatare che per le prime 30 - 40 pagine una grande ricchezza di dettagli e di descrizioni ha rallentato la lettura. Superati i primi capitoli però, il romanzo ingrana e riesce a tenere ben desto l'interesse del lettore con una trama intrigante in cui gli eventi sono ben concatenati, spruzzata di horror e di giallo. Sebbene io stia parlando di un romanzo per ragazzi, e sebbene abbia letto libri horror abbastanza terrificanti secondo i miei standard, ci sono stati un paio di momenti in cui ho provato una genuina fifa. Insomma, stiamo pur sempre parlando di ragazzi che si avventurano nel buio a caccia di fantasmi mortali. Stiamo parlando di attaccare l'ignoto armati bombe di sale e limatura di ferro. Stiamo parlando di manieri antichi, oscuri e pieni di episodi tormentati. Insomma, avete capito. E a me tutto questo ha fatto paura, anche perché grazie allo stile dell'autore, siamo sempre al centro dell'azione insieme ai personaggi.
In un mondo che sta vivendo un'autentica apocalisse, ma finge che sia tutto normale, Lockwood e soci ci portano per mano fin nel cuore dell'avventura, anche grazie alla voce narrante di Lucy, coerente, empatica e mai sopra le righe.
Molto interessante anche il finale, che riesce con estrema discrezione a gettare il seme per quella che sarà - credo - la trama del prossimo volume della serie.
 
Questo libro possiede una fascinazione e una magia che non trovavo in romanzo dai tempi di Harry Potter. E non mi sembra poco.
 
Voto: 8
 

giovedì 18 gennaio 2018

La libreria dei nuovi inizi...

... di Anjali Banerjee.

La scheda del libro sul sito della BUR

Jasmine è una consulente finanziaria che stenta a riprendersi da un doloroso divorzio. Quando l'adorata zia Ruma le chiede di trasferirsi per qualche settimana a Shelter Island, al largo di Seattle, per badare alla sua piccola libreria mentre lei è assente, Jasmine capisce che è l'occasione per allontanarsi dall'ex marito. Il cambiamento la spaventa, e lei non sa niente di libri e librerie, ma a poco a poco Jasmine si renderà conto che la libreria della zia non è come tutte le altre: sembra che l'edificio che la ospita sia infestato dai fantasmi e che strane cose accadano lì dentro...
 
Jasmine è una donna di città dal cuore infranto, costretta suo malgrado a trasferirsi in una piccola comunità per occuparsi di qualcosa di completamente diverso da quello che ha sempre fatto. Per lei una libreria è un salto nel buio, un appuntamento con l'ignoto. Per di più la libreria in questione è un ambiente molto particolare, frequentato da eccentrici personaggi e pieno di vecchi libri polverosi ma sprovvisto di best sellers. In più, il vecchio palazzo che ospita la libreria è al centro di leggende e dicerie popolari, e sembra sia teatro di strani eventi, apparizioni e avvistamenti.
 
Jasmine, inoltre, detiene un record di tutto rispetto: è riuscita a farsi detestare da me già a pagina 5. Non male, vero? Infatti Jasmine non è una lettrice e vive malissimo l'idea di doversi trasferire nella libreria della zia (letteralmente nella libreria, situata in un palazzo storico dove la donna abita). Ora, qualunque lettore farebbe carte false e calpesterebbe Jasmine nella foga di trasferirsi a vivere in una storica libreria indipendente, piena di fascino e vecchie leggende.
Ma ok, non possiamo pretendere che i personaggi somiglino a noi lettori, e non è per questo che ho cordialmente detestato la protagonista del romanzo.
Jasmine ha preso malissimo il divorzio dal fedifrago ma affascinante marito, ha il cuore in pezzi, l'autostima ai minimi storici e problemi a fidarsi degli altri. Questo la autorizza a giudicare con sprezzante sufficienza chiunque non viva la vita come lei? Secondo me no.
Ecco, per esempio, il suo approccio alla libreria: 
 
[...] a dire la verità saranno anni che non leggo un romanzo tutto intero. (E va bene, ci sta. Non possiamo essere tutti lettori accaniti.)
 
Un signore con la barba  è  addormentato  su  una  poltrona,  il  libro  sulle  battaglie  navali  che evidentemente  stava  leggendo  ancora  aperto  sulla  pancia.  Come  fa questa  gente  ad  avere  tanto  tempo  per  dormire?  E  leggere,  se  è  per questo? Non devono lavorare? (E qui ci siamo un po' meno. Definisce i clienti della libreria questa gente e insinua che sono dei perdigiorno).
 
Ha  in  mano  una  pila  di libri: a quanto pare, ha un sacco di tempo libero. (E qui raggiungiamo il culmine. Ha in mano una pila di libri, quindi ha tempo da buttare).
 
E sono arrivata solo a pagina 11, ma avrei potuto continuare. 
 
Jasmine non ce l'ha solo con i libri e i lettori: praticamente non fa altro che guardare chiunque dall'altro in basso. E la cosa è molto fastidiosa e irritante.
 
Quello che comunque mi ha sconcertata di più in questo romanzo è che improvvisamente, circa a metà volume, La Jasmine che detestavo cambia. Evvai, direte voi. E invece no. Perché Jasmine cambia dopo aver accettato, praticamente costretta dalle circostanze, l'invito di un tizio che non conosce (quello della pila di libri dell'ultima citazione).  Attenzione però: il suo atteggiamento non cambia in seguito all'appuntamento, che potrebbe anche essere logico, no! Cambia di colpo non appena il tizio si presenta al suddetto appuntamento. Lei vede l'uomo e boom! Da acida e cinica diventa tutta zucchero e miele.
Capisco che molta parte della trama sia sviluppata sulle misteriose e magiche influenze della libreria e sulle strane presenze che la popolano, che toccano anche Jasmine ovviamente; ma il suo cambiamento radicale è così improvviso, la strada a questa trasformazione è così poco preparata che mi sono anche chiesta se per caso non avessi saltato qualche pagina.
Ma il problema non è solo questo. Dopo la metamorfosi, per così dire, della protagonista, il romanzo perde quel briciolo di fascino che aveva avuto durante la prima parte, e procede con una trama insulsa, già vista, semplicistica e banale. La sensazione è che l'autrice avrebbe potuto approfondire, fare di più, dirci di più. 
Il briciolo di fascino a cui mi riferisco è dato sia dalle citazioni letterarie (affascinanti ma un po' superficiali) sia dai richiami alle vite degli autori del passato (resto vaga sul punto per non spoilerare niente). Peccato che questi elementi siano stati trascurati per raccontarci la solita storiella d'amore superficiale e nemmeno tanto originale.
Per farla breve, in questo romanzo l'amore sistema magicamente i problemi, i dubbi, le situazioni difficili. E ciò non avviene perché in nome dell'amore le persone sono disposte a lottare, a sacrificarsi e a cercare compromessi; no, tutto avviene perché sì, perché se c'è l'ammore™ i problemi si sciolgono come neve al sole. Trovo che sia un messaggio datato e di una banalità sconcertante.
 
Nel finale, poi, spiegazioni affastellate alla meno peggio e dialoghi buttati lì per chiarire situazioni pregresse sembrano essere stati inseriti di fretta, come se l'autrice si fosse accorta, un momento prima di andare in stampa, di aver dimenticato di dirci alcune cose.
 
Insomma, a questo romanzo manca evidentemente qualcosa per essere un buon romanzo.
 
Voto: 5- (e non 4 perché per qualche capitolo l'ambientazione è stata misteriosa e affascinante).

martedì 16 gennaio 2018

Souvenir per i Bastardi di Pizzofalcone...

... di Maurizio de Giovanni.

La scheda del libro sul sito della Einaudi

Un uomo viene trovato in fin di vita nel cantiere della metropolitana, poco lontano dal commissariato di Pizzofalcone. È stato picchiato e non ha documenti, portafogli o cellulare. I Bastardi indagano, e le loro indagini li porteranno a Sorrento, vuota e malinconica mentre l'autunno avanza, e a fare la conoscenza di una vecchia gloria del cinema americano, una donna un tempo bellissima ma ora anziana e malata, che ha legami con Sorrento più profondi di quello che si potrebbe immaginare a prima vista.
 
Souvenir è il sesto volume della serie I Bastardi di Pizzofalcone. Per chi non conoscesse la serie (male! Molto male!), il commissariato di Pizzofalcone è stato vicino alla chiusura perché alcuni agenti avevano deciso di mettere su un commercio con gli stupefacenti sequestrati. Scoperti e arrestati, avevano lasciato il marchio dell'infamia sul commissariato e sugli agenti estranei al crimine, l'anziano vicecommissario Giorgio Pisanelli e l'agente Ottavia Calabrese. Al commissariato, tenuto momentaneamente operativo, ma sempre a rischio chiusura, vengono mandati tutti gli agenti "scartati" dagli altri presìdi. C'è Giuseppe Lojacono, siciliano, accusato ingiustamente di passare informazioni alla mafia; Alex Di Nardo, che ha accidentalmente esploso un colpo di pistola contro un collega; Francesco Romano, che ha quasi strangolato un piccolo delinquente; Marco Aragona, raccomandato di ferro, considerato un inetto quasi da tutti; e poi il commissario Palma, per il quale la permanenza a Pizzofalcone dovrebbe essere solo una tappa verso altri obiettivi di carriera.
Questi agenti problematici e demotivati sapranno fare e squadra e dimostrare di non essere poliziotti di serie B, anzi.
 
La storia comincia con quella che sembra una aggressione come ce ne sono tante, una rapina finita male o l'azione di un balordo. L'uomo ritrovato in fin di vita è senza documenti, e i Bastardi sono costretti a partire da zero per venire a capo della vicenda. La trama si dipana inseguendo gli sviluppi delle indagini in una maniera che ho trovato intrigante. Pur non essendo un romanzo tutto azione e colpi di scena, io non riuscivo a metterlo giù. Questo perché ogni singola pagina aggiunge un particolare, un dettaglio, un elemento alle indagini e allo stesso tempo apre nuove piste investigative e spinge a allargare gli orizzonti. Un po'come una serie di scatole cinesi.
A dispetto del fatto che il colpevole sia chiaro da circa metà del romanzo, la storia non ha cadute di tensione. Anzi, con stupore il lettore si rende conto che aver trovato il colpevole è solo l'inizio, e che c'è ancora molto da lavorare.
Tutto ciò è merito certamente dell'abilità dell'autore, che ha saputo costruire la trama dosando abilmente le informazioni e costruendo un giallo dalla risoluzione finale non convenzionale, ma è anche merito del fatto che l'indagine scava sia nel presente delle persone coinvolte, sia nel loro passato. E si tratta di un passato intrigante, ma pervaso di malinconia e struggenti consapevolezze.  Il passato porta con sé un carico di rimorsi e di rimpianti.
Ognuno dei personaggi deve fare i conti con entrambi.
 
Come può un ricordo, un singolo ricordo, piantarsi in un'anima così in profondità che nessuna corrente, nessun evento successivo è più in grado di scalfirlo?
 
La novità, rispetto ai volumi precedenti, è che abbiamo la sensazione che i Bastardi, questa volta, siano in grado di maneggiare i propri rimorsi e i propri rimpianti senza uscirne troppo malconci.
I membri della squadra continuano, infatti, la loro lenta ma inesorabile evoluzione.
Effettivamente ci sembra che, in questo romanzo, i Bastardi trovino o siano sul punto di trovare una certa stabilità emotiva e professionale: lottano per raggiungere l'equilibrio, e fanno squadra sempre di più. In questa storia sono davvero un team affiatato, efficiente e motivato. Sembrano ad un passo dal riscatto, ad un passo dalla normalità.
In particolare, Marco Aragona è quello che matura in misura maggiore, passando da macchietta a poliziotto consapevole di esserlo.
Insomma, i fardelli che ognuno dei Bastardi si porta dietro sembrano essere più leggeri.
 
Palma replicò felice:- Dottore', questi sono i Bastardi di Pizzofalcone, mica pizza e fichi.
La Piras sorrise, un velo di tristezza sul viso.
 
Questa timida speranza che vediamo rinascere nei Bastardi stride con il filo conduttore che unisce i personaggi e le vicende del romanzo. Mi riferisco al tema del passato come portatore di rimorsi e di rimpianti.
Quando sembra che un cauto ottimismo sia finalmente pronto a prendere il sopravvento sul dolore del passato, ecco che, in due brevi pagine, alla fine del romanzo, de Giovanni riesce a ribaltare tutto, e a buttare sul tavolo tutto quello che è rimasto inespresso: il rimorso, il rimpianto, il dolore e la malinconia. Riesce a colpire i Bastardi (e noi lettori) al cuore. E a far deragliare le nostre certezze e quello che credevano di aver capito.
Ecco cos'è il genio, secondo me.
 
Se siete fedelissimi della serie, allora questo romanzo è imperdibile perché segna, un punto di svolta molto interessante per quelli che saranno gli sviluppi futuri per le vite dei personaggi.
 
Se non lo siete, dovreste diventarlo.
 
Voto: 8
 
 

martedì 9 gennaio 2018

La porta di Tolomeo. Trilogia di Bartimeus #3

... di Jonathan Stroud

 La scheda del libro sul sito della Salani .

Sono passati tre anni dalle vicende narrate ne L'occhio del Golem.
Nathaniel, adesso conosciuto come John Mandrake, è Ministro dell'Informazione, ed uno dei favoriti del Primo Ministro inglese Deveraux.
L'Inghilterra è bloccata in una disastrosa guerra con le colonie americane, guerra che miete vittime tra i comuni (ovvero le persone senza poteri magici) mandati a morire allegramente dell'élite dei maghi, coloro che detengono il potere. Mentre le proteste aumentano di numero ed intensità ed il potere dei maghi vacilla, Nathaniel e il jinn Bartimeus, provato dalla lunga permanenza sul nostro piano astrale, si troveranno coinvolti in un incredibile e pericolosissimo complotto, che rischia di distruggere l'impero inglese e minacciare gravemente la stessa sopravvivenza d del suo carattere che non non ci saremmo aspettati.

Questo è il terzo volume della trilogia dedicata al jinn Bartimeus (trovate le recensioni dei primi due volumi qui e qui) ed al giovane mago che lo ha convocato qui sulla Terra.

In questo volume Nathaniel ha solo 17 anni, ma è un elemento di spicco del governo inglese. Il compito del ministero da lui diretto è principalmente quello di distorcere le notizie che giungono dall'America e creare una propaganda che dipinga la guerra come semplice e vittoriosa, cosicché sempre più comuni siano invogliati ad arruolarsi. Allo stesso tempo, le notizie false e manipolate che giungono dall'America servono a tenere buoni i lavoratori rimasti in patria.
Nonostante gli sforzi di Nathaniel, le notizie vere filtrano, e il malcontento e le proteste stanno per sfociare in una vera e propria ribellione.
Questo è il contesto in cui si  muove Nathaniel, dilaniato tra la sua ambizione, che richiede una fedeltà ottusa al primo ministro, e l'insofferenza per l'immobilismo del governo, incapace di essere una vera guida in tempo di crisi.
Se nel primo volume della trilogia Nathaniel era un bambino solo che lottava per trovare il suo posto nel mondo paranoico dei maghi, e nel secondo volume aveva trovato quel posto e ci teneva a mantenerlo a qualunque costo, in questo terzo volume l'evoluzione della personalità del ragazzo è completa. I sensi ottenebrati dall'ambizione e dalla ricerca del potere si risvegliano; alla sua mente cominciano ad affacciarsi domande sensate ma scomode, ed è come se il ragazzo tornasse punto di partenza ma più forte e più saggio, dopo aver compiuto un lungo e doloroso cammino.
L'abilità con cui l'autore riesce a fare tutto questo narrandoci una storia di ampio respiro e ricca di personaggi diversi e tutti ben tratteggiati non finirà mai di stupirmi.

Come sempre l'ambientazione è descritta in maniera impeccabile, anche grazie all'introduzione del punto di vista di Kitty Jones, giovane ribelle incontrata brevemente ne L'amuleto di Samarcanda, e che aveva avuto una parte maggiore ne L'occhio del Golem. Qui Kitty diventa la terza protagonista insieme a Nathaniel e Bartimeus, offrendo un punto di vista diverso e molto interessante. La curiosità e l'intraprendenza di Kitty, infatti, ci faranno scoprire qualcosa di più sui demoni e sull'Altro Luogo, nonché sul rapporto fra evocati ed evocatori.

Bartimeus rimane la star del romanzo, anche se qui lo vediamo stanco, sfinito dalla lunga permanenza sulla Terra, e scopriamo un lato umano che non ci saremmo aspettati.

La trama è anch'essa sorprendente. Riesce infatti a unire le storie raccontante nei primi due libri, ad amalgamare alcuni dettagli rimasti in sospeso e a tirare le fila e concludere le vicende dei protagonisti con originalità, pathos e profondità.
Una menzione speciale merita il finale, dilatato nel numero di pagine ma non certo prolisso, che tinge di tinte horror questo splendido fantasy per ragazzi. La parte migliore del romanzo, secondo me. Triste ma bello nella sua semplicità.

Il volume conclusivo della trilogia dunque non delude le aspettative, ma anzi riesce ad ampliare il respiro delle storie già narrate nei precedenti volumi. Riesce ad infondere novità ed originalità ad una ambientazione già ampiamente descritta e sfruttata in precedenza, arricchendola di elementi diversi. E riesce a concludere l'arco narrativo senza sbavature e senza lasciare nulla in sospeso.

Voto: 8

giovedì 4 gennaio 2018

Niente tranne il nome...

... di Andrea Maggi.

La scheda del libro sul sito della Garzanti

In una cittadina di provincia del Nord Est italiano viene ritrovato il cadavere del bidello della locale scuola media. L'uomo, Mauro Rosso, è stato ucciso nei pressi del casolare di campagna dove abitava da solo. Il suo computer e il suo telefono sono stati dati alle fiamme, e una foto, quella dell'anno scolastico 97/98, è sparita.
L'ultimo ad averlo visto vivo risulta essere il professor Fulvio Romoli, docente in crisi professionale e personale.
Cosa ha spinto qualcuno ad uccidere un anonimo bidello in una piccola città dove tutti conoscono tutti? Quali segreti, bugie, passioni, hanno spinto la mano dell'assassino?
 
La prima caratteristica che balza agli occhi, in questo giallo dal ritmo lento e misterioso, è la perfetta ricostruzione dell'atmosfera spenta, grigia e a tratti un po' deprimente della provincia italiana. La nebbia, il freddo, la pioggerella vanno a braccetto con le delusioni e le frustrazioni dei personaggi che popolano questo romanzo. I personaggi sono, appunto, uno dei punti di forza della storia.
 
Il professor Romoli è, potremmo dire, un ex idealista. Professore per vocazione, adesso si trova a combattere con il dolore per il fallimento del proprio matrimonio, e l'incapacità di aiutare i suoi studenti più problematici. Fra tutti, spicca Chiara, pluriripetente dalla situazione familiare disastrata. Fulvio è un bel personaggio, depresso al punto giusto, ma non per questo spento. È curioso e sveglio anche se è quasi travolto dai suoi piccoli drammi personali. Resta sempre coerente con se stesso e trova dentro di sé la molla per dipanare i fili della sua storia e anche della vicenda gialla che lo vede, suo malgrado, protagonista.
A fargli da contrappunto, un commissario sardonico, Eugenio D'Avanzo, che sa il fatto suo anche quando sta brancolando nel buio.
 
L'unico personaggio che non ho digerito è stata proprio Chiara, la quale, ad un certo punto acquista sempre maggior importanza nell'economia della storia.
Onestamente, ho sperato che prima o poi l'assassino decidesse di farne la prossima vittima.
Chiara, che con le sue difficoltà adolescenziali dovrebbe mettere a nudo l'anima frustrata del professor Romoli, è troppo: troppo ribelle, troppo sfacciata, troppo grande anche per essere ancora in terza media. Certo, ha i suoi problemi, ma alla fine sembra che il lato problematico del suo carattere sia stato dosato male, gonfiato, ingigantito a discapito degli altri tratti della sua personalità.
 
La trama è costruita con pazienza, un pezzo dopo l'altro, intorno ad una serie di segreti, bugie e mezze verità.  I dettagli sono ben curati, e riescono ad avvolgere il lettore trascinandolo inesorabilmente all'interno della storia. Per dirla con una metafora, non siamo di fronte ad un'ondata che trascina il lettore con sé, spiazzandolo, quanto piuttosto di fronte ad una marea che sale inesorabile e copre tutto.
La lettura è stata perciò molto intrigante; la vicenda è ben congegnata ma purtroppo, secondo me, lo splendido impianto della trama cade sul finale, per due ordini di ragioni. 
 
In primo luogo, la rivelazione dell'assassino, che quasi passa in secondo piano rispetto al grande segreto che ci verrà rivelato. L'assassino è insignificante, non c'è un altro termine per definirlo. Insignificante come personaggio e insignificante all'interno dell'intreccio. 
Certo, tutto combacia, gli indizi vanno a posto e tutto torna ma... che delusione. La rivelazione mi ha strappato, come unico commento, un " Ah, era lui/lei. Yawn".
 
Secondo problema. Ho già detto che la rivelazione del segreto attorno cui ruota la vicenda mette in ombra la scoperta del colpevole. Il punto è che questo mistero svelato, per quanto interessante, ha fondamenta di argilla. Senza spoilerarvi nulla, voglio solo fare una domanda: se voleste sparire dalla faccia della terra, voi dove vi nascondereste?
a) Sulla cima del K2
b) In una metropoli affollatissima e impersonale, tipo New York
c) Nel paese di provincia dove siete nati e cresciuti, dove tutti conoscono tutti, e dunque anche voi.
 
Ecco, indovinate quale risposta ha utilizzato l'autore nel suo romanzo, e capirete anche le mie perplessità al riguardo.
 
Voto: 6 e 1/2