lunedì 25 febbraio 2008

La stanza dei delitti...

...di P.D. James.

P.D. James, diceva la quarta di copertina, è l'unica e sola erede di Agatha Christie.
Questa frase mi ha convinto a leggere il suo romanzo. E' una vita che cerco qualcuno che costruisca gialli come li costruiva lei (la Christie, intendo), gialli che alla fine, dopo che tutti i misteri sono stati svelati, ti facciano concludere che non c'era altra soluzione che quella, e che avresti potuto vederla, se solo fossi stata più attenta.
Un libro così non è solo un passatempo, è una sfida.

P.D. James lancia la sfida, ma la lancia a modo suo. Insomma, di Agatha Christie continua ad essercene una...però nel bel mezzo della ricerca si scoprono un sacco di autori interessanti, e P.D. James è una di questi.

La storia è ambientata in un piccolo museo che raccoglie testimonianze di varie natura sulla storia inglese degli anni 20 e 30. Tra le attrattive, una stanza dedicata ai delitti più misteriosi ed efferati del periodo, la Stanza dei delitti, appunto.
E quando qualcuno comincia ad uccidere imitando i delitti ricostruiti nella Stanza, è inevitabile che il museo, i suoi collaboratori, i dipendenti e la famiglia Dupayne che ne è proprietaria vengano messi sotto la lente d'ingrandimento da Scotland Yard, e nel caso specifico da Adam Dalgliesh, poliziotto e poeta, comandante della Squadra Speciale.
Che poliziotto questo Dalgliesh: acuto, colto, intelligente e sensibile, ma anche dolente e malinconico, un uomo quasi etereo, che sa tirar fuori il carattere al momento giusto; aleggia sui misteri risolvendoli in fretta e con la forza dell'intelligenza.
A dire il vero, quasi tutti i personaggi del romanzo andrebbero definiti malinconici e dolenti, e soprattutto soli....molto molto soli e isolati dai loro simili.
Le cose che accadono del romanzo, o almeno la maggior parte, accadono perchè le persone che ne sono protagonisti o vittime sono sole, non condividono la loro vita con nessuno, se non in maniera formale.
Questo naturalmente complica le indagini, perchè nessuno sa niente del proprio vicino, collega, o addirittura del proprio fratello o figlio.
Le prime 100 pagine del romanzo (un po' lente a dir la verità) sono dedicate a presentarci questo quadro di gelo ambientale ed emotivo.
Quando poi il primo delitto viene compiuto, Dalgliesh saprà rompere la cortina di ghiaccio che circonda la vittima e i possibili sospetti e scavare a fondo fino a trovare la soluzione.
L'indagine, in contrasto con la lentezza delle prime pagine, è incalzante e mai noiosa. Sebbene non possa essere definita piena di suspence, tiene comunque il lettore avvinto al libro.
P.D. James ci trasporta nel bel mezzo di un'inchiesta di polizia e ce la fa vivere. Possiamo seguire la semplice e solida logicità dello svolgimento delle indagini, mettere in moto le nostre celluline grigie e partecipare (sì, perchè sembra prorpio di partecipare, a fianco di Adam Dalgliesh all'investigazione) fino ad arrivare alla soluzione del caso.
Già, la soluzione....sicuramente inattesa, logica e inattaccabile. Ma un pochino l'autrice ha barato: Dalgliesh arriva alla verità grazie ad un elemento che a noi non viene rivelato se non a giochi fatti.
A giochi fatti, però, con l'assassino assicurato alla giustizia, ci viene altresì rivelato un piccolo, piccolissimo elemento che, se lo avessimo notato, ci avrebbe permesso di arrivare alla scoperta del colpevole, anche senza i risultati della Scientifica che forniscono al comandante la certezza sull'idendtità del reo.

Sì, forse un pochino la James ha barato...ma aveva comunque in mano la carta vincente: un gran bel romanzo, che definire solamente giallo sarebbe riduttivo.

lunedì 18 febbraio 2008

A occhi chiusi...

di Gianrico Carofiglio.


Prima di iniziare, voglio dedicare questo post ad una ragazza, Alessia, che ho conosciuto in rete, e di cui mi ha colpito il genuino idealismo, il senso di giustizia, la voglia di costruire....in un mondo sempre più cinico e disincantato, le sue parole mi hanno impressionato molto! Alessia, leggi questo libro...anche se ci siamo scambiate solo due mail, il personaggio mi ha ricordato un po' te...magari leggilo e fammi sapere che ne pensi :)


Gianrico Carofiglio è un magistrato e scrive di quello che conosce meglio: la realtà giudiziaria italiana. Lo fa con un tono pacato, con un linguaggio semplice ma accattivante, raccontando con estrema tranquillità un caso che per quanto immaginario, potrebbe essere tratto dalla cronaca giudiziaria di un qualunque giornale.
Il libro si potrebbe definire un legal thriller se non fosse proprio per questo andamento lento (ma mai noioso) che rifugge dai colpi di scena a tutti i costi (anche se riesce a regalarci, sul finale, un paio di interessanti sorprese narrative).
Il suo personaggio è perfettamente inserito in questo contesto. E' un avvocato 40enne, realizzato ma comunque inquieto, riflessivo, che si muove con dolente malinconia nel palcoscenico dell'ambiente giudiziario, uno che ha la sensazione, a volte, di recitare un copione già scritto e immutabile, ma che non si rassegna all suo ruolo, sa che forse non può cambiare le cose ma non di meno ci prova, ci prova con tutte le sue forze.
Uno che si interroga sul perchè delle cose, sulle conseguenze e sulle motivazioni.
L'Avv. Guerreri si fa amare per questo, perchè è umano, tanto umano. E perchè non ha nulla degli stereotipi che si attribuiscono ad un avvocato: ha un'etica e una coscienza, ha sensibilità e onestà. E un simpatico senso dell'umorismo.
Insomma, uno che vorresti incontrare sulla tua strada.
L'avvocato si imbatte, durante il suo lavoro, in una donna perseguitata dall'ex compagno violento, che lei ha lasciato dopo l'ennesimo abuso.
L'uomo, figlio di un notabile locale, tenta di farla passare per pazza visionaria, forte delle protezioni a diversi livelli che può vantare.
Un caso quasi disperato, rifiutato da due avvocati prima che il nostro eroe decida di occuparsene.
L'avv. Guerreri, invece, non ci pensa su due volte, e accetta di difendere la donna che si costituirà parte civile nel processo penale contro il compagno violento.
La storia si snoda attorno alle alterne vicende del processo, fino ad un epilogo molto sentito e imprevisto, di cui non vi svelerò nulla per non rovinarvi il gusto di leggere il romanzo.
Carofiglio scrive di un tema attuale, delicato e crudo, quale quello della violenza sulle donne ad opera di mariti/compagni/fidanzati.
E lo fa con una sensibilità ed una comprensione delle vicende e dei sentimenti che non credevo possibile trovare in un uomo.
Interessante, realistica e molto veritiera (ve lo posso assicurare) la descrizione dello svolgimento del processo, degli adempimenti e degli intoppi burocratici. Deliziosa l'ironia con cui l'Avv. Guerreri affronta tutto.
(Un esempio? Guerreri parla di un collega non proprio brillante: "Essere degli idioti non è mica obbligatorio per fare l'avvocato. Non ancora, almeno."
E di se stesso:
"Arrivato a 40 anni, avevo conservato l'abitudine di indossare un abito grigio quando andavo in trasferta. Perchè fosse chiaro, dove non mi conoscevano, che ero effettivamente un avvocato. Concetto sul quale io stesso conservavo qualche dubbio.")
Tra le righe del suo romanzo c'è anche la denuncia degli scarsi, scarsissimi strumenti che le legge mette a disposizione delle vittime per difendersi da persecuzioni che sono gravi, pesanti e rovinano la vita della vittima, ma difficilmente possono essere considerati - sulla base dell'attuale codice penale - reati tanto gravi da meritare il carcere.
Rimane un po' sullo sfondo Martina, la vittima, un personaggio silenzioso e quasi rassegnato al peggio.
Duetta invece con l'avvocato Claudia, la suora della casa - rifugio per donne in difficoltà, che spinge Martina a chiedere giustizia e si batte come una leonessa perchè possa ottenerla.
E' chiaramente una scelta narrativa di Carofiglio, quella di portare in primo piano chi sceglie di lottare per aiutare gli altri.
Ecco il volto della disastrata realtà giudiziaria italiana che vuole mostrarci: quello delle persone e degli operatori (avvocati, magistrati, forze dell'ordine e volontari) che nonostante i problemi non gettano mai la spugna. Quelli che non si trincerano dietro il "fan tutti così" oppure dietro il "non funziona niente".
Quelli che credono in quello che fanno, e che lottano per quello in cui credono.


In conclusione: avvincente come un legal thriller, profondo come una storia vera.
Consigliato.

mercoledì 13 febbraio 2008

Ti ricordi di me?

Lo so, ho appena finito di leggere un classico della letteratura come 1984 e magari questa dichiarazione non è tanto coerente ma.....non sto più nella pelle perchè il 26 febbraio esce il nuovo libro di Sophie Kinsella!

Sophie Kinsella legge il primo capitolo del nuovo romanzo

Ti ricordi di me? Il primo capitolo

sabato 9 febbraio 2008

1984...

...ovvero, la non - utopia per eccellenza, un libro che mette i brividi, che fa riflettere, lucido, duro, un pugno nello stomaco a distanza di 60 anni dalla sua pubblicazione. Un libro immortale, che tutti dovrebbero leggere.

George Orwell, autore di questo romanzo, ha avuto una vita interessante. E' stato giornalista, e ha combattuto, negli anni 40, in Spagna contro le armate franchiste. Ha conosciuto da vicino i regimi totalitari, di qualsiasi colore, che dominavano l'Europa nel periodo a cavallo fra le due guerre mondiali, e se ne è fatto un'idea molto precisa.
Molto precisa, e molto pessimistica.

1984 (scritto nel 1948, il titolo ottenuto invertendo le due cifre dell'anno in corso) incarna con spietata lucidità la sua visione del mondo e del futuro.
Il mondo è diviso in 3 grandi nazioni, continuamente in guerra tra di loro: Oceania, Eurasia ed Estasia.
La società oceanica, di cui l'Inghilterra fa parte, governata da un regime totalitario, è gerarchicamente divisa in classi: al gradino più basso troviamo i prolet, lavoratori non specializzati, poveri, tenuti nell'ignoranza e ignorati dal Partito; esclusi da qualsiasi forma di vita politica, sono quelli per cui le maglie del regime totalitario sono meno strette e penetranti.
Al di sopra ci sono i membri del Partito Esterno, una sorta di middle class appena un po' più abbiente dei prolet, tenuta comunque in una situazione di schiavitù di fatto dai membri del Partito Interno, la casta più alta, che detiene il potere e può decidere della vita e della morte di tutti gli altri. Il capo del Partito è il Grande Fratello, misterioso, invisibile eppure onnipresente coi suoi proclami, discorsi ed incitamenti.
Il protagonista del romanzo è Winston, membro del Partito Esterno e dipendente del Ministero della Verità, il quale Ministero - ironia delle parole - ha il compito di falsificare documenti storici, libri e giornali per adattarli alla verità del momento corrente.
Eh sì, perchè la verità, nel 1984, non è un dato di fatto, assoluto, ma un qualcosa di relativo.
La verità è quella che si adatta alla linea corrente del Grande Fratello. Se, ad esempio, oggi l'Oceania è in guerra con l'Estasia, allora vuol dire che l'Oceania è sempre stata in guerra con l'Estasia, e tutti i documenti, articoli di giornale e simili che affermano il contrario, risalissero pure a anni prima, vengono accuratamente censurati, riscritti, ristampati e sostituiti.
Questo è l'esercizio della filosofia ufficiale del Partito: il Bispensiero, per praticare il quale è necessario un lungo e costante esercizio mentale.
Non basta infatti affermare una cosa, e un momento dopo affermare l'esatto contrario, modificando o distruggendo ogni prova che indichi l'esistenza della prima affermazione; bisogna anche dimenticare di aver mai detto o pensato una cosa diversa dall'ultima affermazione, che diventa così l'unica verità mai esistita.
(diciamoci la verità, a livello embrionale, non è quello che ci capita di sentire in TV, da alcuni politici, capaci di dire tutto e il contrario di tutto con una disinvoltura che farebbe invidia al Grande Fratello?)

E questo non vale solo per il presente, ma anche e soprattutto per il passato, perchè secondo uno degli slogan del Partito "chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato" .
La distruzione sistematica del passato, la sua manipolazione distrugge le radici degli esseri umani, il ricordo che hanno di sè, del mondo, degli eventi passati che li hanno resi quello che sono.
In realtà, tutto, nella società del 1984, tende alla distruzione dell'Uomo in quanto tale, della sua individualità e delle cose che lo rendono unico: il sesso è proibito se non a scopo di riproduzione, l'amicizia è praticamente scomparsa, l'affetto familiare non esiste, non si può leggere - se non i romanzetti composti da un macchinario del Partito, non si può disegnare, scrivere, parlare con uno sconosciuto.
Basta un nulla, un sorriso, un'espressione facciale errata per essere incarcerati e torturati perchè colpevoli di uno psicoreato. Nel 1984 anche un pensiero può essere reato.
Non basta comportarsi in maniera ortodossa: bisogna anche pensare in maniera ortodossa, bisogna voler essere ortodossi. Bisogna esserlo nell'anima.
Che poi ciò voglia dire, a conti a fatti, che non bisogna più possedere un'anima libera e individualista, è un altro discorso.

Il Partito non abolisce o proibisce (salvo poche, pochissime cose): il Partito si impossessa di idee, sentimenti, istituzioni e pensieri, e come un tarlo le svuota dall'interno, lasciandole sostanzialmente intatte all'esterno, ma rendendole di fatto gusci vuoti senza significato.
Prendiamo l'esempio della famiglia: essa è, secondo il Grande Fratello, il fondamento della società. Eppure la famiglia è ridotta ormai a un insieme di persone che vivono sotto lo stesso tetto.
I figli sono incoraggiati, fin dalla più tenera età, a denunciare i genitori alla Psicopolizia, e i genitori, sebbene ne abbiano timore, li crescono orgoliosamente come piccole odiose spie del Partito.
La famiglia come istituzione c'è ancora, ma di fatto non esiste.
Tutto quello che il Partito tocca, viene distorto e travisato, e ciò vuol dire ogni cosa.
Sfuttando la guerra perenne - una guerra inutile, fine a se stessa, che nessuno ricorda perchè venga combattuta - come scusa e paravento per ogni privazione, violazione dei diritti e della privacy, il Grande Fratello spia tutto e tutti. Non c'è alcun momento della vita che non sia seguito dall'occhio vigile delle telecamere.

Ma nonostante tutto questo, Winston è diverso dagli altri; seguendo un pericoloso impulso, ha comprato un quaderno, e, nascosto in un provvidenziale angolo della sua casa dove la telecamera non può spiarlo, scrive i suoi pensieri.
E' un'azione pericolosa, e quando comincia Winston sa già di essere avviato verso la rovina.
Lo psicoreato - scrive nel suo diario - non comporta la morte: lo psicoreato È la morte.

Non ha speranza, sa di essere solo.
Se tu sei un uomo, Winston, - gli dirà un membro della Partito - tu sei l'ultimo uomo. La tua specie è estinta; noi ne siamo gli eredi. Ti rendi conto che sei solo? Tu sei fuori della storia, tu non esisti.

Winston non ha speranza, dicevo, eppure a modo suo comincia a lottare.
Al futuro o al passato, - scrive ancora nel suo diario - a un tempo in cui il pensiero è libero, quando gli uomini sono differenti l'uno dall'altro e non vivono soli... a un tempo in cui esiste la verità e quel che è fatto non può essere disfatto.
Dall'età del livellamento, dall'età della solitudine, dall'età del Grande Fratello, dall'età del bispensiero... tanti saluti!

Winston comincia a rifiutare le menzogne che il Partito gli propina quotidianamente.
"Ma come posso fare a meno..." borbottò Winston "come posso fare a meno di vedere quel che ho dinanzi agli occhi? Due e due fanno quattro."
"Qualche volta, Winston. Qualche volta fanno cinque. Qualche volta fanno tre. Qualche volta fanno quattro e cinque e tre nello stesso tempo. Devi sforzarti di più. Non è facile recuperare il senno."

Si innamora di Julia, una collega, e entrambi sanno che l'amore non è permesso, ma con l'incrollabile istinto degli esseri umani che vogliono vivere ed essere felici, cercano di portare avanti il loro amore proibito. Insieme decidono di unirsi alla Fratellanza, una sorta di resistenza di cui si favoleggia, ma che nessuno ha mai visto.
SPOILER Ma non finirà bene. Inevitabilmente verranno traditi da chi credevano amico, scoperti, torturati e separati. Verrano tenuti prigionieri a lungo, e liberati soltanto quando, dopo innumerovoli sofferenze, entrambi, piegati, arriveranno a rinunciare al sentimento che li univa. Per porre fine alle sofferenze delle torture più abbiette e terrorizzanti, entrambi grideranno, di loro spontanea volontà, che sia l'altro ad essere sottoposto a tortura. Una volta raggiunto questo stadio, una volta negato questo ultimo barlume di individualità, di sentimento umano, saranno liberati, ma la loro sconfitta come esseri umani sarà totale. FINE SPOILER
Questo romanzo è crudo e difficile da mandare giù. E' triste, cupo, fiducioso nelle capacità degli esseri umani, ma tremendamente pessimistico nei confronti del futuro, e senza alcuna speranza.
L'ombra totalizzante, ossessiva del Partito è ovunque, non si può sfuggirle.
La cosa più subdola e che fa riflettere maggiormente è il comportamento del Partito nei confronti dei dissidenti.
Il Partito infatti non uccide i dissidenti e non distrugge le loro idee: il Partito fa il lavaggio del cervello e distorce la realtà stessa, perchè non gli basta il potere sul mondo e sulla realtà; il vero potere è possedere il cuore e l'anima degli uomini, renderli automi omologati incapaci di pensare con la propria testa.
Non è forse questa, ancora oggi, la grande battaglia degli uomini liberi? Distinguere il bene dal male, districandosi in un mare di informazioni tendenziose se non palesemente false? Capire e scegliere cosa è giusto e cosa è sbagliato secondo i propri pricipi morali, e non secondo quelli che qualcuno, in alto, vorrebbe farci credere?
Quello che è agghiacciante, infine, nel romanzo, è la sua attualità. Pare impossibile ma molte situazioni, depurate dell'elemento utopico e romanzesco, possono essere applicate al mondo di oggi: la dimenticanza del passato, la distorsione della realtà, la verità come concetto ormai relativo, il controllo delle menti come mezzo per conservare il potere, l'uso della guerra come modo per mantenere lo status quo mondiale, ma più di ogni cosa, le profonde divisioni fra gli uomini e popoli diversi, che, manipolati da un potere che dice di amarli, ma in realtà li sfrutta e li usa, si odiano pur senza saper nulla gli uni degli altri.

Era un po' curioso pensare che il cielo era lo stesso per tutti, in Eurasia, in Estasia, e anche lì. E la gente sotto il cielo, anche, era sempre la stessa gente... dovunque, in tutto il mondo, centinaia o migliaia di milioni di individui, tutti euguali, ignari dell'esistenza di altri individui, tenuti separati da mura di odio e di bugie, eppure quasi gli stessi...

venerdì 8 febbraio 2008

Crypto...

...di Dan Brown.

La lettura di questo libro suscita, fin dalle prime pagine, molte domande.

Una su tutte: ma perchè la protagonista di questo spy-techno-thriller (chiamamolo così) deve essere una super bella con le gambe più lunghe che si siano mai viste (e chiamate le famose gambe di Susan Fletcher dai suoi colleghi )? Una che quando passa perfino le super addestrate guardie della segretissima Agenzia Governativa per cui lavora si girano a guardarla e a sbavarle dietro? Perchè deve per forza avere un fisico da top model (definizione dell'autore) e un quoziente intellettivo di 170? Non sarà un po' troppo da sopportare, per noi miseri mortali?
E non è finita!
E già, perchè mentre leggevo pensavo, vabbè, avrà pure il fisico di Naomi Campbell e il cervello di Einstein, ma sarà sicuramente sfigata in amore. Nei libri funziona così. Più sono belle, più gli uomini le fanno soffrire.
E invece no.
Il suo fidanzato nonchè promesso sposo (quindi è pure uno che non ha paura di impegnarsi!!) è un professore universitario. Sarà uno di quegli intellettuali calvi e leggermente tarchiati, perso nel suo amore per i libri? Indovinate un po'?
No!!
E' un 35enne alto più di un metro e ottanta, il più giovane professore che si sia mai visto, campione di squash, fisico atletico, occhi verdissimi, e non è nemmeno calvo! Ha folti capelli neri, e uno smisurato senso del romanticismo.
Insomma, una coppia costruita apposta per suscitare l'istintiva antipatia del lettore.
(L'unica nota positiva è che la protagonista ha 38 anni...per lo meno non si è laureata quando era ancora alle elementari...distruggendo quello che rimaneva della nostra autostima.)

Tralasciando queste considerazioni di carattere generale e del tutto personali, passiamo ad esaminare i punti salienti del romanzo.
La storia ruota attorno ad un sofisticatissimo, segretissimo ed avveniristico computer da 3 milioni di microprocessori, in grado di decodificare qualsiasi codice segreto, ed usato dalla National Security Agency per leggere ed eventualmente decodificare ogni comunicazione che viaggia attraverso la rete, alla ricerca di terroristi, spacciatori, spie e altre amenità del genere. Per garantire la sicurezza della Nazione, la NSA "ficca il naso" in ogni comunicazione digitale, anche in quelle di privati cittadini, anche se non gradisce che la cosa si sappia in giro.
(Il soggetto è un filino inquietante, non trovate?)
Un brutto giorno questo computer trova pane per i suoi denti: un sistema di crittografia impossibile da decifrare, che il suo autore, ex dipendente dell'Agenzia, minaccia - per protesta contro le molteplici violazioni della privacy commesse dalla NSA - di diffondere gratuitamente in rete, mandando così per sempre a monte i piani dell'Agenzia. Infatti, se questo sistema inviolabile di codificazione delle comunicazione - chiamato Fortezza Digitale - diventasse di dominio pubblico, la NSA che non potrebbe più decifrare alcunchè.
Quando il creatore di Fortezza Digitale viene misteriosamente ucciso, per Susan Fletcher e la NSA comincia una corsa contro il tempo, alla ricerca del codice che possa bloccare il programma ed evitare così che accada l'irreparabile.

Non essendo una grande esperta di questioni tecnico-informatiche, ho fatto un po' di fatica a non perdere il filo quando veniva narrato il sistema di funzionamento del super-computer, degli algoritmi, dei file crittografati e di Fortezza Digitale; non mi pronuncio pertanto sulla verosimiglianza e plausibilità delle spiegazioni tecniche.

Avrei invece qualcosa da dire sulla verosimiglianza e plausibilità dei personaggi e delle loro reazioni in situazioni di emergenza in cui si trovano.
Tanto per cominciare, la prima cosa che la NSA fa per fronteggiare la crisi, è mandare un innocuo professore di lingue (il fidanzato di Susan) a Siviglia a recuperare la pass-key che permette di neutralizzare Fortezza Digitale. Decisione quanto meno "insolita", sebbene alla fine ne venga in qualche modo chiarito il perchè. Quel che non viene chiarito è come ma nessuno si meravigli di questa decisione, nessuno la trovi strana, nonostante essa appaia, fino alla rivelazione finale, una incongruenza. Forse i personaggi erano tranquilli perchè avevano sbirciato le pagine finali del manoscritto?
Se la spiegazione è questa, allora bisogna concludere che hanno letto solo la fine, e non il resto del romanzo. Infatti i protagonisti, che sono tutti (tranne l'innocuo professore di lingue) membri altamente specializzati di una Agenzia Governativa che si occupa di sicurezza nazionale, tendono a restare un po' indietro, faticano a reagire prontamente e ad afferrare le conseguenze degli eventi.
Questo naturalmente per creare suspence ed evitare che le situazioni pericolose vengano risolte in un tempo troppo breve, ma a volte l'espediente è francamente eccessivo e ci fa dubitare dell'intelligenza dei personaggi.

Possibile, ad esempio, che un dipartimento chiave della famosa super-agenzia di sicurezza, che custodisce una banca dati coi segreti militari degli Stati Uniti, rimanga al buio per un black out per un tempo indefinito senza che nessuno dei dirigenti che osservano, da un palazzo adiacente, il fenomeno, decida di intervenire?
Possibile che quando una dei suddetti dirigenti, segnala un'anomalia nel flusso di dati provenienti dal super computer di cui parlavamo all'inzio, il responsibile della sicurezza liquidi la faccenda con un "ti sbagli"?
(inutile che vi dica che non sbagliava affatto, eh?)
Certo, il black out, i ritardi nei controlli aumentano il pericolo e la suspence, ma le situazioni risultano poco credibili. Non dimentichaimoci il contesto: una agenzia segreta che si occupa di sicurezza nazionale. Forse (e dico forse!!) una leggerezza nei controlli può anche starci, ma non certo una intera serie!

Lascia qualche dubbio anche la descrizione delle scene d'azione (inseguimenti, sparatorie, fughe), che dovrebbero essere quelle più adrenaliniche del romanzo.

Ad esempio, viene da chiedersi perchè (lo avevo detto che la lettura del romanzo suscita molte, molte domande) all'aereoporto di Siviglia, nessuno si accorge che un tizio alla guida di un taxi insegue una Vespa, sparandogli addosso, su una delle piste di atterraggio.
(mmm...un aereoporto sicuro, eh?)

Oppure perchè, alla prime luci dell'alba, nessuno senta i colpi d'arma da fuoco nei vicoli deserti di Siviglia, e dopo pochi minuti, la città si riempia improvvisamente di una fiumana di persone diretta alla funzione religiosa mattutina.
E a proposito di Siviglia, viene da chiedersi anche che idea abbia Dan Brown della Spagna, e come sia giunto a farsela.
L'autore descrive ospedali fatiscenti, polizia inefficiente e corrotta, servizi pubblici inesistenti, come se tutto ciò fosse la norma...nemmeno si trovasse in un paese del terzo Mondo dilaniato da qualche guerra civile!
Addirittura arriva a dire che in un paese più progredito in campo medico non si muore per un foro di proiettile nel polmone...ma in Spagna sì.
(eeeehh ?!?)
Più e più volte leggiamo commenti spregiativi del tipo "doveva ricordarsi che quella non era l'America, ma la Spagna."
Un punto di vista quanto meno singolare, il suo.
Ma torniamo alla trama del romanzo.
La ricerca del colpo di scena a tutti i costi la rende a tratti un po' tortuosa, piena di infinite e brusche svolte, a volte un po' forzate.
Il tema del bilanciamento tra esigenze di sicurezza nazionale e diritto alla segretezza della comunicazione e alla privacy è potenzialmente molto interessante, peccato che non venga sviluppato a sufficienza, ma rimanga sullo sfondo.
Peccato anche che la clamorosa protesta del creatore di Fortezza Digitale non faccia riflettere sul tema nemmeno per un momento Susan Fletcher e i suoi colleghi.
La loro personalità e credibilità ne avrebbe guadagnato.
Contrariamente a quanto mi apsettavo, la conclusione è la parte migliore del romanzo. I colpi di scena finali (magari un po' telefonati, questo sì) riacquistano un certo filo logico e razionale. per arrivare al termine dell'avventura, i protagonisti devono recuperare la loro lucidità e razionalità, e le ultime pagine ne risentono in senso positivo.
In conclusione, il romanzo a conti fatti non è male; i punti da me evidenziati non sono veri e propri buchi nella continuità del romanzo. Certo, non aiutano a farne un libro memorabile.
Crypto è una lettura leggera, da affrontare senza eccessive pretese, specialmente se si è appassionati del genere.

mercoledì 6 febbraio 2008

Le tre regole basilari...

...della vita, secondo Nico, il figlio di Isabel Allende

(da La somma dei giorni)


1. Le cose non vanno mai prese a livello personale;

2. ognuno è responsabile dei propri sentimenti;

3. la vita non è giusta.


Parole sante, eh?

lunedì 4 febbraio 2008

La somma dei giorni...

...di Isabel Allende.

Quest'opera non può propriamente essere definita un romanzo. E' una sorta di diario dell'autrice, che ci racconta, con il suo tocco lieve ed incantato, affascinante e coinvolgente, la vita della sua famiglia dopo la tragica morte dell'amata figlia Paula.
Le parole "diario" e "famiglia" sono comunque puramente esemplificative, perchè entrambi questi termini stanno stretti alla Allende.

Tanto per cominciare, la scrittrice cilena non ha una famiglia, ma una vera e propria tribù, come ama definirla lei stessa, un gruppo compatto di persone, non sempre unite da legami di sangue, ma da profondi sentimenti di amore e affetto, che affrontano la vita insieme, nel bene e nel male.
E questo libro non è propriamente non un diario perchè non è un racconto personale, ma la storia di questa tribù.
Di sicuro viene da dire che la Allende non ha una vita monotona. E' incredibile la quantità di avvenimenti, tragici, lieti, straordinari che lei e la sua famiglia hanno vissuto nell'ultimo decennio. Ma forse non è un caso. La Allende e la sua famiglia vivono la propria vita con la mente aperta, andandole incontro senza paura, senza timore del nuovo e del diverso. E' naturale quindi abbia sperimentato così tante cose ed esperieze diverse ed assolutamente interessanti.
La storia di questa famiglia ha inoltre il pregio di mostrarci molti apsetti della vita quotidiana sotto prospettive e punti di vista diversi.

La Allende si racconta in maniera schietta e naturale, senza pudori, senza nascondere nulla, nemmeno i segreti più scabrosi della famiglia.
Ma non c'è niente di morboso nel suo modo di narrare: il lettore non si sente un guardone dell'intimità altrui, si sente veramente parte della tribù, in qualche modo, e il merito di questo effetto magico va attribuito allo stile della Allende, pacato, dolcissimo, sereno.
Un fiume di parole che scorre cullando il lettore.

A volte risulta quasi difficile credere che tutto quello che ci viene raccontanto sia vero, ma basta aver letto qualcuno dei romanzi della Allende per capire che è tutto vero, perchè in questo libro intravediamo gli spunti che hanno dato vita ad alcune delle sue storie più famose.
In ciò è racchiusa la parte megliore del libro: noi vediamo la vera Allende, e ci rendiamo conto che la vera Allende è sempre presente in ogni suo romanzo, senza che noi ce ne accorgessimo.
Ma adesso abbiamo gli strumenti per scorgerla tra le righe.

In definitiva, se amate i romanzi di Isabel Allende, forse troverete questo inutile e non interessante, ma se amate Isabel Allende questo è il libro che fa per voi.