mercoledì 30 novembre 2016

Wolf...

....di Ryan Graudin.



La scheda del libro sul sito De Agostini
 
Germania, 1955. Hitler ha vinto la Seconda Guerra mondiale. I Giapponesi non hanno attaccato Pearl Harbor ma la Russia, gli Americani sono rimasti neutrali e l' Europa è caduta. In un mondo dove esecuzioni e pulizia etnica sono all'ordine del giorno, Yael, giovane sopravvissuta ai campi di sterminio, decide di intraprendere per conto della Resistenza una missione quasi impossibile. Avvicinare il Führer e ucciderlo. Per riuscirci dovrà partecipare ad una massacrante gara  motociclistica dalla Germania fino a Tokio; il vincitore potrà incontrare Hitler.
Per poter partecipare Yael dovrà prendere le sembianze di Adele Wolfe, eroina ariana. Yael nasconde un incredibile potere: può cambiare il suo volto e la sua apparenza a piacimento, e sarà questa la chiave che le permetterà di tentare l'impossibile.
 
Wolf è un romanzo distopico che prende spunto da una domanda classica circa la storia recente: cosa sarebbe successo se i nazisti avessero vinto la guerra? La risposta è, ovviamente, niente di buono per nessuno.
Questa storia si propone di raccontarci i disperati tentativi della Resistenza per rovesciare il regime. Lo spunto del romanzo è sicuramente affascinante, ma  poco spazio (troppo poco, a parer mio) è dato all'ambientazione storico -politico-sociale del Nuovo Mondo sorto dalle ceneri del conflitto. Le cose che sappiamo le apprendiamo solo tramite accenni a luoghi o situazioni che onestamente non mi sarebbe dispiaciuto approfondire.
La narrazione è tutta concentrata sulla gara motociclistica, e resta spazio per poco altro.
 
Il piano architettato è, a parer mio, troppo macchinoso. La protagonista, Yael, può cambiare faccia, altezza, peso, eccetera a piacimento. Nonostante questo, invece di studiare un modo per infiltrarla nella Cancelleria del Führer, si decide di farla partecipare ad una folle gara in motocicletta, dove il tasso di mortalità dei concorrenti è abbastanza alto, e le possibilità di vincere alquanto scarse. Un dubbio poi mi ha tormentato durante la lettura: ma Yael può diventare cambiare se stessa anche in un uomo o no? Perché certo le cose cambierebbero di parecchio, se così fosse. E se così non fosse... perché no? Sarebbe interessante capirlo. Non vi svelerò come e perché Yael ha assunto questo potere, però non sono riuscita a trovare nessuna buona ragione per cui Yael sia limitata a cambiare il suo aspetto assumendo esclusivamente caratteri femminili.
 
La cosa che più mi ha lasciata perplessa della congiura, comunque, è che il piano è di piazzare Yael al posto di Adele Wolfe, già vincitrice della gara l'anno precedente, darle una pacca sulle spalle e dirle "corri!". Cioè, un minimo di aiuto? Supporto logistico? Imbrogli clamorosi? (E' esplicitamente affermato che le regole di questa gara sono carta straccia, i colpi bassi, sabotaggi, avvelenamenti, etc., sono all'ordine del giorno...quindi magari un aiutino per Yael no, eh?).
 
Quindi Yael parte per questa lunga, interminabile e anche abbastanza monotona gara motociclistica, la cui narrazione è inframmezzata dai ricordi della deportazione di Yael e della sua famiglia.
Un altro problema è, a parer mio, lo stile dell'autrice. La Graudin compie quella che secondo me è una precisa scelta stilistica. Le scene clou, quelle piene di azione e adrenalina, vengono narrate usando una sorta di versione letteraria della tecnica cinematografica slow motion. La scelta non mi ha entusiasmato particolarmente, avendo contribuito, secondo me, ad appiattire la narrazione e spezzare la tensione.
 
Un esempio: due concorrenti tentano di far finire la moto di Yael/Adele fuori strada.
 
Luka le si fece addosso di nuovo, in perfetto sincrono con Katsuo, con un movimento a tenaglia che la intrappolò tra le punte della loro chela metallica. La tennero stretta in una morsa di lamiere, la imprigionarono nella puzza di gomma bruciata.
 Pericolosa, stupida, sconsiderata. Non c’erano abbastanza parole, in nessuna delle lingue di Yael, per descrivere quella manovra. Ogni curva, ogni scatto, poteva finire in un groviglio di motori e carne sulla strada… e la corsa sarebbe finita prima di iniziare.
 Yael tenne lo sguardo fisso sulle linee bianche tracciate sull’asfalto. Se avesse proseguito diritta, di sicuro si sarebbero stancati. Allontanati.
 Ma poi la mano guantata di Katsuo entrò nel suo campo visivo: puntava al suo polso, al manubrio. Voleva provocare un incidente e mandarla a sbattere contro Luka, liberandosi così dei due avversari più temibili prima ancora di uscire dai confini di Germania.
Non sarebbe riuscita a scacciare quella mano… non senza sbandare, provocando lei stessa un incidente, visto che Luka le stava ancora addosso, eccitato dalla sfida, ignaro del pericolo.
 
Ricapitoliamo: stiamo sfrecciando sull'asfalto a velocità elevate, due concorrenti stringono in una morsa Yael, e lei si mette a pensare che non c'erano parole in ciascuna delle lingue che conosce per descrivere la manovra? Oppure, stiamo sempre sfrecciando eccetera eccetera, è necessario che mi venga spiegato che volevano provocare un incidente? Ma davvero? E chi lo avrebbe mai immaginato, eh. Grazie per lo spiegone.
Io voglio sapere cosa succede, come reagisce la protagonista, voglio azione in circostanze come questa.
 
Ancora, qui Yael è costretta ad una manovra disperata:
 
Era il momento di colpire. [...]
     In un solo istante successero tante cose. Le sue dita si strinsero intorno al manubrio cromato. I freni di Luka fischiarono, il sibilo della gomma bruciata riempì l’aria. Katsuo girò la testa e incontrò lo sguardo di Yael. Gli occhi del giapponese non erano più affilati come una lama. Niente più sguardo da cacciatore. Ciò che Yael vide fu qualcosa di molto più selvaggio… di molto più umano: la paura. Che la penetrò fino all’osso, fino al midollo, e la riportò dritta alla bambina legata alla barella, gli occhi sbarrati per il terrore mentre gli aghi la ustionavano, uno dopo l’altro dopo l’altro. Che camminava sotto i fari e stava in mezzo a un fiume di sangue e sentiva ogni battito del suo cuore. Che, con la manica sollevata, esponeva la propria vita al nazionalsocialista che non era un nazionalsocialista.
La ragazza braccata. Quella che aveva paura. Aveva desiderato a lungo diventare la cacciatrice. Il predatore. La Valchiria – dispensatrice di vita e morte – soprattutto. Ma non così. Cosa stava facendo? Danzava tra i confini, beatamente ignara.
Yael e Katsuo proseguirono per altri due secondi, a fianco a fianco. Paralizzati e in volo.
Due secondi di troppo. L’emozione pura negli occhi di Katsuo si trasformò in qualcosa di disperato, di pericoloso.
Due secondi in cui entrò in vigore il comandamento della natura: uccidi o sii ucciso. I confini non si adattavano a questo mondo.
Katsuo l’agguantò per il polso, intrappolandola con le dita. Se ora Yael avesse strattonato il manubrio dell’avversario, sarebbe stata sbalzata via dalla sua Rikuo, risucchiata nel groviglio di lamiere e carne. Se l’avesse lasciato andare, tirandosi indietro, Katsuo l’avrebbe spintonata lo stesso, facendola finire fuori strada per poi ripartire.
 
In due o tre secondi, il tempo in cui Yael deve agire per superare un avversario e non compromettere tutta la missione, la ragazza riesce a farci stare il pippone mentale sulla paura, i traumi del passato, il fine che giustifica i mezzi e bla bla bla.
La scena, che alla fine segnerà comunque una svolta importante nella trama, è lenta, piatta e procede a singhiozzo.
E questo è un peccato, perché il romanzo ha un finale molto bello, inaspettato, e non scontato, che riesce a concludere le vicende del libro pur lasciando aperta la porta per il sequel (uscito in lingua originale il 1 Novembre 2016).
 
Insomma, i romanzi distopici sulla Seconda Guerra Mondiale sono sempre interessanti, ma qui ci sono due grosse pecche (ritmo lento e poco spazio lasciato all'ambientazione fanta-storica), solo in parte riscattate da un bel finale.
Voto: 6 e 1/2