mercoledì 27 luglio 2016

Sindrome da cuore in sospeso...

... di Alessia Gazzola.


La scheda del libro sul sito della Longanesi

Alice ha 23 anni appena compiuti e studia medicina, ma ha appena scoperto che non vuole fare il medico. Come dirlo ai suoi orgogliosissimi genitori? Poi una notte la badante della nonna viene trovata uccisa, un medico legale giovane e bello fa la sua comparsa  nella routine di Alice, che trova l'illuminazione: diventerà un medico legale!
Alice non sa ancora in quale guaio sta andando a cacciarsi, ma nel frattempo, risolverà il caso della badante uccisa e impremerà una nuova direzione alla sua vita.

Terza avventura di Alice Allevi in ordine di pubblicazione, la prima in ordine cronologico. Troviamo Alice che spegne le candeline nel giorno del suo ventitreesimo compleanno, ed ha appena ricevuto un'illuminazione. Non vuole fare il medico, ma non sa come dirlo ai suoi.A distrarla da questo dilemma, arriva una telefonata dalla nonna: ha appena ritrovato cadavere la sua badante russa. Alice e famiglia si precipitano da lei, dove incontrano il medico incaricato delle prime indagini necroscopiche (avete visto che terminologia che sto acquisendo con i libri della Gazzola?). Alice ne rimane affascinata, e sa già la conoscete, potete ben immaginare che il giovane medico altro non è che il dott. Claudio Conforti, croce e delizia di Alice e delle altre (future) specializzande.

E' stato interessante leggere di Alice prima del suo ingresso all'Istituto di Medicina legale; trovo che questo romanzo getti un po' di luce sul rapporto Alice - Claudio, anche se mi ha parecchio infastidito dover aspettare un terzo libro per capire a pieno le motivazioni che spingono i personaggi a comportarsi in una certa maniera nei volumi precedenti.
Ho lamentato nelle precedenti recensioni della serie, che a proposito potete trovare qui e qui, che spesso il comportamento di Claudio nei confronti di Alice sembrava dettato più da un casuale lancio di dadi che da una ragione razionale; e anche Alice a volte mi irritava pendendo dalle labbra del dott. Conforti. Dopo aver letto questo prologo della serie, il mio giudizio è meno severo.
 
Ho apprezzato anche che l'autrice sia riuscita a tratteggiare l'Alice studentessa in maniera coerente e anche leggermente differente da quella che abbiamo visto nei due romanzi precedenti, segno che al personaggio viene dedicata la giusta attenzione e cura per non scadere nello stereotipo macchiettistico dell'adorabile pasticciona.
La trama gialla è, al solito, interessante. Questa volta Alice è davvero coinvolta in prima persona nel caso, e questo giustifica la sua curiosità e le sue investigazioni. Il movente dell'omicidio a me è apparso subito ben chiaro anche quando tutti nel romanzo si affannavo a cercarlo, ma nel complesso la storia tiene (del resto il romanzo è molto breve, giusto un centinaio di pagine) e si fa leggere piacevolmente.
 
La simpatia, la leggerezza e la scorrevolezza sono le cifre stilistiche di questa serie.
Voto: 7

Olivia...

... di Paola Calvetti.



A pochi giorni da Natale, Olivia viene lincenziata, raccoglie le poche cose che che aveva in ufficio e si avvia mesta per la città, senza avere il coraggio di tornare a casa perchè rientrare tra quelle mura così presto renderebbe più reale quello che è capitato. Seduta in un bar tabaccheria, davanti ad una cioccolata calda, Olivia esamina il suo curriculum, e coglie l'occasione per esaminare la sua vita, quello che è accaduto, quello che poteva accadere, i momenti belli, quelli brutti, le gioie e i dolori.
Intanto, la sua vita si incrocia e si è incrociata con quella di Diego, ragazzo con una dolorosa ferita nel proprio passato. Peccato che nessuno dei due si sia mai accorto di quante volte i loro destitni si sono sfiorati...

Un romanzo insolito, scritto con leggerezza e che trasuda simpatia. 
Una protagonista che ci rende partecipi del suo personalissimo flusso di coscienza proprio nel momento in cui dovrebbe essere distrutta e disperata. Nonostante il momento non proprio felicissimo, i pensieri di Olivia restano lievi, positivi, senza autocommiserazione e pronti a cogliere il buono che c'è o c'è stato nella sua vita. 
Innanzitutto la nonna, una presenza costante nella sua vita, anche dopo la morte.
E' come se l'amore che le legava non sia stato spezzato nemmeno da quella separazione definitiva.
E poi le amiche, e i piccoli e grandi eventi che hanno reso Olivia grata, o felice, oppure fiera di se stessa.
Il tutto narrato senza apparente organizzazione, saltando di palo in frasca ma senza mai perdere il filo della sua personale resa dei conti.

Ogni tanto, fa capolino interrompendo il flusso dei pensieri di Olivia la storia di Diego. Un'infanzia infelice, scarsità d'affetto e il carattere dolce di chi sa quanto sia prezioso l'amore. Lui non lo sa, Olivia non lo sa, ma più volte si sono sfiorati, le loro vicende si sono incontrate senza che i due protagonisti si rendesero conto l'uno dell'altra. Il destino è così, a volte gioca muovendo i pezzi sulla scacchiera ma senza farli toccare tra loro. Il destino, l'altro grande protagonista di questa storia,  è come una piuma al vento, basta un soffio per farlo deviare dalla sua traiettoria.
Olivia è un gran bel personaggio. Positivo, profondo, amabile. Non snocciola banalità, nè tantomeno usa il tono di chi ha scoperto le verità universali e le sta dispensando agli altri. Proprio per questo, secondo me, avrebbe meritato intorno una trama che fosse più storia e meno incompiuta. Qualcosa di più di una serie di aneddoti piacevoli sì, ma che non hanno la forza di diventare una vera storia.
Anche il finale avrebbe meritato qualcosa di più di un ultimo incontro casuale, di due persone che si attraggono perchè? Perchè sì. Perchè è il caso? Il destino?

Lo consiglio solo a chi ama il genere romance/romanzo di introspezione.
Voto: 6

martedì 26 luglio 2016

Serenata senza nome. Notturno per il commissario Ricciardi...

...di Maurizio De Giovanni.



La scheda del libro sul sito Einaudi

Il commissario Ricciardi è tornato. Più dolente che mai.
Questa volta deve risolvere il caso di un ricco commerciante di stoffa ucciso in un vicolo mentre andava a concludere un affare. L'uomo ha ancora con sé l'ingente somma che trasportava. In più, la sera prima, era stato minacciato di morte da un uomo emerso dal passato di sua moglie, la giovane e bella Cettina.
Vinny Sannino, pugile che ha fatto fortuna in America, si è ritirato dai combattimenti dopo aver ucciso sul ring un avversario. E' tornato in Italia per cercare la donna che aveva amato, per trovarla sposata e distante.
Cosa ha mosso la mano dell'assassino, la fame o l'amore?

Il commissario Ricciardi e il brigadiere Maione si trovano davanti tre piste,tutte ugualmente palusibili: la rapina interrotta da qualcuno o qualcosa, la rivalità commerciale o la rivalità in amore.
La verità scaturirà come sempre dall'intuizione di Ricciardi ma quello che ho apprezato maggiormente è che l'intuizione, come accade nei migliori gialli, non è un'illuminazione che arriva dall'alto. I dettagli che puntano in una direzione sono sotto gli occhi del lettore fin dall'inizio. Basta vederli per capire cosa c'è che non quadra. Sotto questo punto di vista il romanzo non delude affatto, tutt'altro.
La storia è resa ancora più interessante dai puntuali riferimenti storici e ambientali alla Napoli (e all'Italia) del regime fascista. La delazione, la propaganda, la velocità con cui si può fare carriera o cadere in disgrazia se si è invisi al regime sono tutti elementi che concorrono a definire la storia e a renderla bella, amara e credibile.

Alla storia si intrecciano le vicende personali del commissario e degli altri personaggi.
Per stornare da lui i sospetti di pederastia che il regime nutre su di lui grazie ad una frottola inventata da Livia, mortalmente gelosa di Ricciardi, il commissario frequenta Bianca, già conosciuta in Anime di Vetro, che per gratitudine e amicizia si presta a questa necessaria messa in scena (Livia, se per caso sei in ascolto, Ricciardi può anche averti perdonato, io no. Sappilo).
Veniamo accompagnati lungo il dipanarsi della trama da una nota canzone napoletana, Voce 'e notte. Come quasi tutte le canzoni più famose, anche questa parla di un amore perduto. Due persone che si amano separate dall'altrui volontà o dal destino, che tutto quello che possono fare è affidare al vento le parole per raccontare il dolore della loro perdita.
Il senso della perdita attraversa tutto il romanzo, ed è qualcosa con cui tutti i personaggi, anche quelli secondari, si trovano a dover affrontare.
Vinny Sannino, che il regime odia perchè ritiratosi dai combattimenti invece di essere il nuovo fiore all'occhiello della propagnada italica, ha perso in un esilio volontario in America quindici anni della sua vita, e al ritorno scopre che ha perso pure Cettina.
Il brigadiere Maione ha perso il suo informatore, il travestito Bambinella, che ha seri problemi con l'uomo che ama, e si rende conto che, suo malgrado, non ha perso solo un informatore ma anche un amico.
Il commissario Ricciardi, con con quello spirito così sprezzante della propria felicità, invece, abbraccia la perdita con coraggio e dignità. L'accoglie, una volta presa la sua decisione, con sollievo quasi. A volte, se ami qualcuno, devi lasciarlo andare.
Ma se torna da te, sarà tuo per sempre. E, a quanto pare, la persona che Ricciardi vuol lasciare libera ha scelto di non volare lontano, ma di tornare indietro.
Restiamo in attesa del prossimo romanzo per sapere se ho ragione oppure no.

Un menzione speciale merita la sottotrama che riguarda Bambinella. La sua storia d'amore tormentata, ostacolata ferocemente dai pregiudizi, rischiosa per la sua incolumità addirittura ha un epilogo tanto doloroso quanto delicato e commuovente.

E intanto, per tutta la durata del romanzo piove. Perchè quando c'è nell'aria un dolore così struggente, nemmeno nella città del sole il cielo è azzurro.

Consigliatissimo. Uno dei migliori libri della serie del commissario Ricciardi, secondo solo, a parer mio, a Giorno dei morti (il mio preferito).
Voto 7 e 1/2.

venerdì 22 luglio 2016

Un segreto non è per sempre...

...di Alessia Gazzola.



La scheda del libro sula sito della Longanesi

Ritorna Alice Allevi, la specializzanda più pasticciona dell'Istituto di Medicina Legale di Roma. Questa volta Alice si trova ad esaminare il caso della morte di un grande scrittore ungherese ormai depresso e invalido, stabilitosi a Roma. La morte sembrerebbe naturale, anche se la causa non appare chiaro; ma a complicare la vicenda c'è un biglietto di addio che fa pensare ad un suicidio, . Ma se è stato un suicidio, con quale mezzo è stato compiuto? Tra ipotesi fantasiose che poi tanto fantasiose non sono, tra amori difficili e tentazioni troppo facili da cogliere, tra la velata stima nascente dei suoi superiori, e la consueta imbranataggine, Alice tenterà di risolvere il caso.
 
Il secondo volume delle avventure investigative e romantiche della specializzanda più maldestra d'Italia è piacevole e godibile quanto il primo, L'allieva, che pur mi aveva colpito positivamente. La storia è più corposa e senza dubbio più matura e intrigante. Alessia Gazzola si muove con naturalezza tra gli intrighi di una famiglia particolare e molto complicata (la famiglia Azais, di cui il defunto scrittore era il capostipite) e particolari di medicina legale e anatomia patologica. Anche stavolta, non c'è bisogno di avere una laurea in materia per comprendere perfettamente le risultanze che emergono dagli esami effettuati da Alice e colleghi. Ma allo stesso tempo tutto è spiegato senza superficialità. A volte, l'ignoranza di Alice serve all'autrice per alleviare la nostra ignoranza di lettori a digiuno della materia, così che possa esserci spiegato tutto senza forzature.
L'indagine verte intorno a temi interessanti quali un classico della letteratura, una donna amata da due uomini, un segreto (diciamo anche due) sepolto nel passato del grande scrittore.
 
La trama è complicata al punto giusto; ognuno dei personaggi può essere colpevole, e lo sembra quasi fino in fondo; infatti, quando la situazione pare abbastanza delineata, ecco che arriva un colpo di scena ed un secondo omicidio.
Questa volta le vicende amorose di Alice hanno una rilevanza minore ma ciò non impedisce alla nostra eroina di combinare un casino epocale (e scusate il francesismo). Divisa tra Arthur, spirito libero e giramondo, ma sincero nei sentimenti, e Claudio Conforti, brillante ricercatore con la vocazione di str****, Alice non è ancora preparata a scegliere.
Vi dirò, mentre trovo bellissima e molto realistica la difficoltà di Alice nell'accettare di impegnarsi con Arthur, che, per quanti la ami, ha evidentemente altre priorità, non riesco a capire cosa ci trovi in Claudio. Sul serio. Problema mio di simpatia/antipatia per alcuni personaggi o problema della trama?
In parte gioca a sfavore del dott. Conforti il fatto  che non ho più vent'anni, e di tipi come lui ne ho osservati tanti, a volte da vicino, a volte da lontano, e personalmente sono giunta alla conclusione che è più salutare stargli lontano.
In parte però resta troppo sfumato il perché Claudio abbia dei comportamenti così altalenanti nei confronti di Alice, ed ancora di più perché lei continui ad esserne attratta.
 
Ancora una volta il personaggio di Alice funziona. E funziona con le sue difficoltà, i suoi slanci, la sua emotività, e la sua insaziabile curiosità e volontà di farsi i fatti degli altri. Una voglia di indagare spinta dal sano e comune desiderio di saperne di più sulle vite di coloro che incrociano la nostra strada è un'indagine brillante e divertente. Consigliato.
 
Voto: 7 e 1/2
 

mercoledì 20 luglio 2016

Le prime quindici vite di Harry August...

...di Claire North.



Scheda del libro (NNE editore)

Ogni volta che muore, Harry August rinasce esattamente nello stesso luogo e nello stesso anno. Un potere o una condanna, che Harry affronta vivendo vite sempre diverse, così da fuggire a un’esistenza prevedibile, cercare la sua strada e dare un senso al tempo che si ripete in circolo, all’infinito. Non sa perché succeda né che ci sono altri come lui, fino al giorno in cui una bambina gli dice: “La fine del mondo sta arrivando. Adesso tocca a te”.
Le prime quindici vite di Harry August è la storia di quello che Harry fa dopo aver ricevuto questo messaggio, quando capisce che il progresso si sta muovendo troppo in fretta e sta cambiando la Storia e l’intera umanità.
In un intrigo che si svela come scatole cinesi da una vita all’altra, Harry attraversa il Novecento fino ai giorni nostri, dalle guerre mondiali al boom economico, passando per le scoperte scientifiche e gli sviluppi sociali del secolo. Una storia di viaggi e sogni, amicizia e tradimento, amore e solitudine, di gioia, lealtà e dello scorrere inesorabile del tempo. (sinossi tratta dal sito della NN Editore).
 
Le prime quindici vite di Harry August è un libro veramente molto particolare. Una storia di viaggi nel tempo, che in realtà, non è un vero e proprio viaggio nel tempo. E' più come se il protagonista restasse fermo e il tempo oscillasse sotto di lui avanti e indietro come un pendolo, sempre con la stessa ampiezza d'oscillazione, però.
Harry August, tecnicamente, non torna indietro nel tempo. O meglio, la sua coscienza lo fa, ma esclusivamente quando cessa di vivere.
Quando muore, rinasce esattamente allo stesso modo e nello stesso luogo e tempo, ma semplicemente con la consapevolezza di aver già vissuto una, dieci, quindici vite. Una sorta di reincarnazione limitata, se vogliamo.
Dopo le prime tre o quattro vite, Harry scopre di non essere il solo. Ce ne sono altri come lui, che si riuniscono in Club segreti e che cercano di aiutarsi come possono. I Club si tramandano messaggi a ritroso, i bambini avvicinano i vecchi kalachakra (i viaggiatori, per capirci) e portano loro messaggi da riferire a ritroso nel tempo, a quelli vivi nel momento della loro (ri)nascita.
 
Il secondo cataclisma si verificò nella mia undicesima vita. Era il 1996 e stavo morendo della mia solita morte, sospeso in una calda nebbia di morfina, quando lei scivolò nella stanza come un cubetto di ghiaccio sulla schiena.
   Aveva sette anni, e io settantotto. [...]
 «Per poco non ti mancavo, dottor August».[...]
   Cercai di parlare, ma la lingua incespicò nelle parole e non uscì niente.
   «Il mondo sta per finire» proseguì. «Il messaggio è passato da bambino ad adulto, di generazione in generazione da qui a mille anni. Il mondo sta per finire e noi non possiamo evitarlo. Ora tocca a te».
   Scoprii che il thai era l’unica lingua che volesse uscire dalle mie labbra in una forma coerente, e fui capace di articolare soltanto: «Perché?».
   Tengo a precisare, non perché il mondo stava per finire. Ma: perché doveva importarmi?
   Lei capì cosa intendevo e sorrise. Si chinò e mi sussurrò all’orecchio: «Il mondo sta per finire, come deve essere, da sempre. Ma la fine sta accelerando».
   Quello fu l’inizio della fine.
 
Il mondo sta finendo, e il sospetto è che qualche kalachakra privo di scrupoli ne sia responsabile. Vivere vita dopo vita, ricordando tutto quanto si è appreso, studiato, realizzato, tutti gli eventi storici, economici e politici della propria vita può essere fonte di un potere enorme. Potere che non andrebbe usato, stando alle regole dei Club. Ma non tutti sono d'accordo nel sottostare a queste regole.
Comincia così una lotta spietata, senza tempo e confini, per scovare e boicottare chi sta accelerando la fine del mondo.
 
Le continue morti e nascite di Harry e dei personaggi che via via lo affiancano nella sua impresa rendono questo libro originale. Qualcosa che non avevo mai letto.
Allo stesso tempo, il ciclo descritto è quello che mi ha più infastidito durante la lettura. Lo so, è strano. Ma più andavo avanti, più trovavo difficile tenere a mente eventi, personaggi, chi è morto dove, quando e perché, senza contare che continuare a mantenere la sospensione dell'incredulità è stato estremamente difficile. Insomma, mentre la storia dell'inseguimento attraverso il tempo e lo spazio di chi stava accelerando la fine del mondo si dipanava, io mi trovavo a pensare come armonizzare l'idea di un mondo che va avanti, verso la sua fine, con l'idea di una esistenza che ciclicamente si riavvolge su se stessa. Avrei potuto farmene una ragione se Harry fosse stato l'unico, ma l'idea che ce ne fossero tanti mi rendeva difficile conciliare le due cose.
Forse sono io che non ho capito il libro fino in fondo. O forse non devo farmi domande e godermi questa storia e i suoi spunti intriganti e originali.
Ma non ci sono riuscita fino in fondo, e il libro mi è piaciuto a metà.
 
Resta una storia suggestiva, che merita la sufficienza per l'originalità del tema.
Voto: 6 e 1/2.

L'allieva...

...di Alessia Gazzola.

 
La scheda del libro sul sito della Longanesi
Alice Allevi è una specializzanda in medicina legale. Ama il suo lavoro ma è distratta e pasticciona.
Un giorno le capita un sopralluogo su una scena del crimine, e scopre che conosceva superficialmente la vittima, una bellissima ragazza dell'alta società di nome Giulia Valenti. per Alice quello non è un caso come tutti gli altri, non riesce a trattarlo con distacco, e si farà coinvolgere sempre di più, combinando disastri sì, ma arrivando a scoprire la verità.
 
Mi sono avvicinata a questo libro con qualche sospetto e più di qualche pregiudizio. Temevo di trovarmi di fronte il solito libricino accattivante ma superficiale, vuoto, fatto apposta per strizzare l'occhio al lettore occasionale, senza impegnarsi troppo.
Invece il libro ha una sua dignità e un suo stile senza stare a scomodare, come ho letto da più parti, Patricia Cornwell e Sophie Kinsella.
Sicuramente della Cornwell non ha il tecnicismo per quel che riguarda le indagine, e quanto al paragone con la Kinsella, scrivere una storia umoristica non è l'obiettivo primario della Gazzola. Forse le critiche più feroci arrivano proprio da chi voleva un thriller forte, una trasposizione letteraria in salsa italiana di CSI.
Se volete accostarvi a questo libro, sgombrate il campo da questi paragoni.
Alessia Gazzola ha scritto una storia fresca, simpatica e a tratti divertente. Ha creato un personaggio normale - forse addirittura mediocre - che non salva la situazione facendo appello ad una acutissima intelligenza o a qualche altra caratteristica speciale; Alice Allevi è una persona normale, tranquilla, che fa il suo lavoro, sbaglia clamorosamente a volte, ed ha dalla sua solo un grande tenacia. E' un personaggio che mette a proprio agio il lettore; non dobbiamo inchinarci alle sue superiori qualità, come accade quando Poirot o Sherlock Holmes risolvono un caso, ma dobbiamo riconoscerle umanità, empatia e simpatia. Insomma, Alice Allevi una di noi.
 
Alice si muove all'interno dell'Istituto di Medicina Legale a Roma, una sorta di girone da Inferno dantesco in cui lo specializzando è la forma di vita più bassa, Sopravvivere senza ammaccarsi troppo l'autostima non è facile. Alice, che non è particolarmente brillante, ma spesso distratta e svagata al limite dell'incoscienza, ne esce spesso con le ossa rotta.
Suo diretto superiore è Claudio Conforti, valente ricercatore universitario. Alice oscilla tra l'odio, l'ammirazione e qualcosa di più nei suoi confronti.
Trovo che il personaggio di Claudio sia uno dei punti deboli del libro. Mente brillante e in teoria pieno di sé, troppo cosciente dei suoi meriti, dovrebbe essere il classico str***, ma oscilla, per ragioni ignote, tra la cazzima pura e il senso di protezione verso Alice. A dirla tutta, non credo che queste oscillazioni siano del tutto giustificate. Sembra che Claudio sia uno schizzato e che il suo atteggiamento dipenda dal piede con cui si è alzato la mattina.
 
Claudio è l'unica cosa che mi ha infastidito nella trama. Non mi hanno infastidito le vicende personali di Alice (anche qui, ho letto critiche feroci sul fatto che L'allieva fosse un romanzetto rosa, ma onestamente no, non credo proprio. le vicende sono ben amalgamate con l'indagine vera e propria).
La trama gialla vera e propria è interessante, ben congegnata pur non essendo degna di Agatha Christie (a dire il vero, io ho intuito molto presto chi era il colpevole), e impreziosita da elementi di indagini di medicina legale che vengono spiegati senza diventare pesanti o troppo complessi per il neofita. L'autrice insiste un po' troppo su alcuni elementi rivelatori, a parer mio, ma d'altro canto riesce a giustificare la risoluzione del caso criminale basandola sulle risultanze degli esami di medicina legale senza forzature.
 
Insomma, un libro carino, leggero nel senso migliore del termine, piacevole e scorrevole, anche se non perfetto.
Voto: 7 
 
 

giovedì 14 luglio 2016

L'avaro di Mayfair. 67 Clarges Street...

...di M. C. Beaton.


La scheda del libro
Londra, 1803. Ogni famiglia benestante con una figlia in età da marito ritiene che prendere in affitto una casa a Mayfair durante la stagione mondano sia un ottimo affare, anche se i prezzi sono esorbitanti. Al numero 67 di Clarges Street sorge un palazzo che rimane quasi sempre vuoto, perché gira voce che porti sfortuna. La servitù, pagata pochissima, spera e prega per un affittuario, per poter integrare lo stipendio con le laute mance di abitanti e ospiti. Per un colpo di fortuna, Mr. Sinclair squattrinato avvocato in pensione di Edinburgo, affitta la casa sperando di poter trovare un buon partito per Fiona, la pupilla del suo ricco fratello, morendo, gli ha lasciato come unica eredità la tutela della ragazza. Fiona sembra sciocca e svanita, ma è bellissima, dotata di una grazia angelica che ammalia chiunque la guarda. Forse, dopotutto, non sarà così difficile trovarle un marito ricco.
 
Così come Picasso ha attraversato un periodo rosa, uno azzurro, uno astratto, io devo essere nel mio periodo inglese: dopo Miss marple e i tredici problemi, di Agatha Christie e Snob, di Julian Fellowes, oggi è la volta di un'autrice britannica (scozzese, per la precisione), M.C. Beaton (psuedonimo di Mary Chesney.
Famosa per la serie di gialli di Aghata Raisin, io l'ho conosciuta leggendo il primo volume dei sei che compongono la serie di Clarges Street.
Una lettura leggera e veloce che però lascia soddisfatti.
L'avaro di Mayfair è un libro arguto, simpatico e divertente. Inizialmente la storia è dominata dalla figura di Mr. Sinclair, forte bevitore che spera di ricevere una grossa eredità dal fratello defunto. Quando le sue aspettative vengono deluse, e si ritrova per di più con la responsabilità di badare a Fiona, giovane orfana  della bellezza quasi ultraterrena. Così organizza un piano: fingersi ricco durante la season londinese e trovare alla ragazza un marito ricco e altolocato che possa risolvere i loro problemi.
Pian piano Fiona gli ruba la scena ed appare evidente che è in grado di badare a se stessa molto meglio di quanto Mr. Sinclair possa fare.
Fiona non si scompone mai, sorride, annuisce di fronte a domande imbarazzanti, sbatte le ciglia e si finge un po' tarda di comprendonio. Ma la semplicità e la facilità con cui sopravvivrà alle trappole e agli intrighi velenosi dell'alta società londinese ci faranno ben presto sorgere un dubbio: chi è Fiona? E, per dirla terra terra, ci fa o ci è?
 
A completare il quadro, la servitù del palazzo: poveri, affamati, incastrati in un lavoro con una paga miserevole, aspettano anche loro, come Fiona, la svolta della loro vita.
Sono loro, insieme al palazzo con la sua fama funesta (che ad onor del vero non verrà smentita neanche stavolta) a far da cornice alla storia e alle successive.
 
Tra pettegolezzi, feste danzanti, furbe trovate, intrighi, sofferenze d'amore, fughe e inseguimenti, il romanzo scorre liscio e piacevole, divertendo il lettore con leggerezza.
 
L'avaro di Mayfair è una storia d'altri tempi, raccontata con l'ironia moderna.
Voto. 7

Snob...

...di Julian Fellowes.


La scheda del libro

Si da il caso che gli inglesi di tutte le classi sociali siano drogati di esclusività. Lasciate tre inglesi soli in una stanza ed escogiteranno un sistema per impedire che un quarto si unisca loro.

Edith Lavery proviene da una benestante famiglia londinese, ma è stata cresciuta dalla madre nel mito dell'aristocrazia. Il suo obiettivo è di entrare a far parte della upper class inglese, entrare negli esclusivi circoli aristocratici, e possibilmente, sposarne uno per sistemarsi per tutta la vita.
Grazie ad un amico attore, ben introdotto negli ambienti che le interessano, riuscirà nel suo intento.
Ma ben presto comincerà a chiedersi se davvero ne valeva la pena...
 
A guardarlo da fuori, quello dell'aristocrazia sembra un mondo perfetto, patinato, divertente, sfavillante, ma vivere avendo contatti con una ristretta cerchia di persone, frequentando una ristretta cerchia di eventi e di locali, senza mai poter rompere gli schemi non è un gran che.
E mentre Edith comincia a capire che non è tutto ora quello che luccica, suo marito, rampollo di nobilissima famiglia, non troppo sveglio, ma buono e innamorato, è perfettamente a suo agio in quell'ambiente monotono e oppressivo. Ed ecco che Edith si troverà ad un bivio...
 
Julian Fellowes non ha bisogno di presentazioni. Scrittore, sceneggiatore della famosa serie tv Downton Abbey, e premio Oscar per la sceneggiatura di Gosford Park di Robert Altman, Fellowes con questo romanzo ci introduce nella parte più intima e sconosciuta della ristretta cerchia della nobiltà inglese. E con ironia tutta britannica, ne demolisce il mito un rigo alla volta.
Nessuno si salva dai suoi strali: chi è dentro l'élite, chi è fuori e vorrebbe entrarci, chi è dentro e vorrebbe fuggirne.
Oltre a narrarci la storia di Edith, arrampicatrice sociale superficiale ma bella, sveglia e audace, che ha molti difetti, ma non quello dell'ipocrisia, l'autore ci svela i peccatucci, i tic e le ossessioni della società inglese.
Siamo abituati a concepire il Regno Unito come un paese moderno, dinamico, terra di democrazia e di opportunità. Eppure resistono sacche di tradizionalismo e classismo, ancorate ai tempi andati, che non è facile cogliere senza una guida adeguata. Snob e Julian Fellowes lo sono.
L'ossessione per l'esclusività e per i natali altrui; il pudore esasperato che impedisce di parlare persino delle cose più normali, la ripetitività delle conversazioni che ruotano sempre intorno a quei 4/5 argomenti innocui , l'esasperazione per il buon gusto, per il rispetto delle tradizioni, della privacy e del decoro sono solo alcuni degli aspetti che il romanzo mette alla berlina con humour.
Questa ossessione per l'esclusività sembra contagiare un po' tutti, soprattutto quelli che sono fuori "dal giro" e vorrebbero essere invece dentro, e che sono, a volte, più ossessionati degli stessi aristocratici. 
 
Conoscevo e comprendevo il problema Broughton, e Isabel sapeva che io sapevo, anche se, essendo inglesi, ovviamente non ne avevamo mai parlato.
 
Ovviamente nell'alta società inglese non si parla di problemi quotidiani o triviali; tutt'al più si ammicca, si alza un sopracciglio, si fa una smorfia o si butta fuori con noncuranza frecciatina travestita da domanda educata.
Diciamoci la verità: deve essere un ambiente piuttosto noioso... ma Julian Fellowes ce lo descrive con leggerezza, lo mette alla berlina sì ma con affetto, un po' come un nipote che descriva le fissazioni dell'anziano nonno.
 
Se, come me, adorate gli autori inglesi e la società inglese, e volete conoscerla meglio divertendovi, e senza patine di romanticismo, questo libro fa per voi.
 
Voto: 7 e 1/2
 
 
 
 

Le ho mai raccontato del vento del Nord...

di Daniel Glattauer.



La scheda del libro

A causa di un indirizzo e-mail sbagliato, Emmi, madre e moglie felice, manda una email a Leo, ricercatore universitario reduce da una delusione sentimentale. Una volta svelato l'errore, i due continuano a scriversi perché scoprono di avere delle affinità, ma più le mail diventano numerose, più il rapporto tra loro, inizialmente fatto solo di ironia e brevi scambi d'opinione, si complica e diventa più profondo e complesso.
 
Le ho mai raccontato del vento del Nord è un moderno romanzo epistolare; una storia raccontata esclusivamente attraverso i testi delle email che i due protagonisti si scambiano. Conosciamo i protagonisti solo attraverso quello che svelano di sé nelle e-mail.
Il rapporto epistolare fra i due protagonisti è nato per sbaglio, e prosegue con leggerezza e senza implicazioni. I due si punzecchiano, si sostengono, si scambiano opinione, tirano ad indovinare la vita quotidiana dell'altro. Ma ad un certo punto, si rendono conto che la maschera quotidiana che tutti noi indossiamo è caduta, che hanno svelato all'altro più di quello che credevano.
Di fronte ad un estraneo, e per di più protetti da uno schermo, è facile essere sinceri, è più semplice svelare la parte più nascosta di sé.
Mentre Leo capisce e accetta questo processo, Emmi fa molta più fatica a lasciarsi andare, resta aggrappata alla sua maschera, raccontando e raccontandosi che quella è la vera Emmi.
 
Leggendo questo libro mi è successa una cosa strana: dopo un inizio frizzante e originale, che mi faceva ben sperare, mi sono annoiata per circa tre quarti del libro, complice anche il personaggio di Emmi che, per carità, è ben costruito ma è irritante e petulante come pochi.
Mi sono annoiata, dicevo, fino ad arrivare al finale, che ha gettato una luce nuova e diversa su tutto quello che avevo letto, e mi ha fatto amare il libro.
Certo, a parer mio, la narrazione non è perfetta; troppi scambi di messaggi che non rivestono un reale interesse per il lettore (buongiorno, è sveglio? Oppure sta dormendo? O ancora Perché non scrive da tre giorni?), che sicuramente rendono la corrispondenza con un certo realismo, ma alla lunga stancano.
Nonostante ciò, il romanzo è capace di raccontare una storia d'amore molto delicata, che parla dell'equilibrio fragile su cui si basa la nostra felicità quotidiana; parla delle domande scomode che facciamo a noi stessi ma che spesso mettiamo a tacere (Sono felice? E' questo quello che voglio dalla mia vita?), di quanto l'amore percorra via improbabili e misteriose.
Può un estraneo conoscere la nostra intima essenza meglio di chi ci sta vicino ogni giorno? Certo che può. E può questo avere il sopravvento sulla vita che ci siamo costruiti?
Qui la risposta è più complicata, io la mia la conosco, ma credo che non sia una risposta valida per tutti.
Una cosa è certa: questo tipo di esperienza è intensa, e significativa, e ti cambia.
Questo è quanto accade a Emmi e Leo, le cui vite, indubbiamente, non saranno più le stesse.
 
Se vi piacciono le storie d'amore intelligenti e poco mielose, dategli una chance.
Voto: 7

giovedì 7 luglio 2016

La casa delle sorelle...

...di Charlotte Link.


La scheda del libro

Barbara e Ralph, due avvocati tedeschi in crisi di coppia, prendono in affitto una casa in una zona rurale dello Yorkshire per trascorrere le vacanze di Natale. Una tempesta di neve isola la casa e, cercando della legna, Barbara si imbatte in un manoscritto che racconta la storia di Frances Gray, l'ultima proprietaria della casa prima di quella di attuale, e della sua famiglia. Dagli inizi del '900 ai giorni nostri, dalle battaglie per il voto alle donne fino alle guerre mondiali, il manoscritto racconta la saga della famiglia Gray, e svela alcuni segreti che secondo qualcuno dovevano rimanere sepolti.
 
La casa delle sorelle si svolge su due linee temporali; seguiamo barbara, che legge il manoscritto ritrovato ma intanto è alle prese con la tormenta di neve e la mancanza di provviste e di energia elettrica, e leggiamo di Frances, donna forte e volitiva vissuta agli inizi del 1900.
Frances è dapprima una bambina intelligente ma insofferente alle regole, e si trasforma lentamente in una donna libera e allergica alle convenzioni sociali, che per questa ragione suscita scandalo anche all'interno della sua famiglia.
Insieme a questa sete di libertà, però, in Frances si nasconde una grande ansia di vivere, di vedere il mondo e di scoprire quale sia il suo posto. Affascinata da Alice, fidanzata dell'adorato fratello maggiore, Frances si appassiona alla lotta per la parità dei diritti delle suffragette, ma sente che quella battaglia, per quanto meritevole, non è la sua.
Nonostante questo rifiuta la proposta di matrimonio dell'uomo che ama, perché sa che accettarla vorrebbe dire rientrare nel solco tracciato per lei dalla società.
Frances attraverserà prove terribili, ma niente riuscirà a spezzarla; vedrà in prima persona le brutture della guerra, ma non cederà alla disperazione, mentre intorno a lei personaggi meno forti ne usciranno devastati.
Frances mi ricorda per certi versi Rossella O'Hara di Via col Vento: forte, ma inesperta, e che deve ancora scoprire ciò che vuole davvero dalla vita. Attaccata alla famiglia, nonostante i dissidi, e soprattutto alla terra e alla sua proprietà, Frances è però una Rossella senza la sua Melania, e la mancanza di questa figura di riferimento significherà per la protagonista dover molto sbagliare prima di capire cosa è davvero giusto per lei.
Significherà anche arrivare ad un epilogo della sua storia tragico e sconvolgente, che per ovvi motivi non rivelerò. Mi è rimasta la convinzione che, se avesse avuto vicino una persona in grado di comprenderla senza giudicarla, Frances non sarebbe arrivata al fatidico "evento X".
Intorno a lei ci sono figure e personaggi che non riescono a starle dietro, o che apertamente cercano di contrastarla.
L'unica critica che mi sento di muovere al romanzo è che. tolta Frances, non c'è nessun altro personaggio abbastanza risoluto e combattivo; in realtà Frances è circondata da persone che tendono ad arrendersi, e a lasciarsi trascinare dalla corrente.
Quello che mi ha irritato di più, ad esempio, è stato il comportamento del padre di Frances: diseredato dalla famiglia per aver sposato una donna di condizione sociale inferiore, ma che amava profondamente, non esista a riservare lo stesso trattamento al figlio maggiore e a Frances quando le loro scelte non si conformeranno alle sue aspettative. Questa incapacità di comprendere i propri figli lo rende un uomo piccolo piccolo (e un pochettino odioso, eh.)
 
Ai giorni nostri, intanto (beh, in realtà negli anni '90) Barbara scopre che i segreti della famiglia Gray non sono morti e sepolti sotto il cumulo di anni trascorsi; ciò ci condurrà verso un breve e veloce finale dal sapore di thriller, che rappresenta una degna conclusione delle vicende storiche narrate nel manoscritto.
 
Nel complesso si tratta di una lettura molto affascinante, ma che decolla molto lentamente, ma che merita di essere letto con pazienza, senza fretta.
 
Voto: 7 e 1/2

Miss Marple e i tredici problemi...

... di Agatha Christie.



«E adesso tocca a te. zia Jane» disse Raymond West.
«Sì, zia Jane, ci aspettiamo una storia veramente piccante» intervenne Joyce Lemprière.
«Mi prendete in giro, amici miei» disse placida Miss Marple. «Credete che, siccome ho passato tutta la vita in questo posto fuori del mondo, non abbia avuto mai esperienze interessanti.»

(da L'impronta del pollice di San Pietro)

Per me estate significa avere voglia di giallo (e di gelati, vabbè, ma questo esula dal tema del blog).
Anzi, voglia di giallo classico.
E cosa c'è di più classico di un'opera di Agatha Christie?

Miss Marple è a cena con il nipote Raymond West e alcuni suoi ospiti. La conversazione vira sui misteri irrisolti e a turno gli ospiti propongono di narrare una storia di cui sono stati protagonisti che contenga un enigma da sciogliere. Sferruzzando tranquillamente, Miss Marple, tra lo scetticismo generale, sarà in grado di svelare con acume e semplicità ogni mistero.

I tredici racconti che compongono l'antologia:

Il club del martedì sera
Lingotti d'oro
Sangue sul lastricato
Movente contro occasione
Il tempio di Astarte
L'impronta del pollice di San Pietro
Il geranio azzurro
 La dama di compagnia
I quattro indiziati
Una tragedia natalizia
L'erba della morte
Un incidente al bungalow
Morte per annegamento

 

mercoledì 6 luglio 2016

L'armadio dei vestiti dimenticati...

...di Rikka Pulkkinen



La scheda del libro

Elsa, una brillante psicologa oramai in pensione, si ammala di cancro. la sua famiglia fa quadrato intorno a lei. Il marito Martti, la figlia Eleonoora e le nipoti Anna e Maria si occupano di lei a turno.
Anna, mettendo ordine nella stanza di Elsa, trova un vecchio vestito degli anni sessanta, e piano piano ricostruisce la storia della famiglia a quel tempo e la storia di Eeva, la bambinaia che lavorava in casa della nonna quando sua madre era una bambina, ma che nessuno ha mai nominato prima.
 
Ho cercato di riassumere la trama in maniera obiettiva e veritiera, ma sento comunque il bisogno di specificare: questo non è un thriller né tantomeno uno di quei libri con un segreto di famiglia da svelare. Se vi aspettate suspence, intrighi familiari e colpi di scena, non è questo il libro che fa per voi.
E nemmeno per me, se è per questo.
 
Il libro narra la storia di una famiglia colpita dall'insorgere di una malattia che non lascia scampo. Ognuno reagisce a modo suo, ogni membro deve fare i conti con il dolore, la paura e la perdita e naturalmente con gli altri membri della famiglia. Quando Anna trova un vestito che non appartiene alla nonna Elsa, si chiede chi sia la nonna davvero, cosa ci sia dietro i lunghi anni di matrimonio con suo nonno Martti, famoso pittore, com'era la famiglia quando sua madre era bambina.
Spunta un nome: Eeva, che sembra essere stato coperto da una coltre di silenzio. Una sorta di damnatio memoriae. Usando i racconti reticenti dei nonni, e un po' indagando per conto suo, Anna cerca di scoprire di più sul periodo in cui Eeva era la bambinaia in casa loro, intuendo che quel periodo è stato fondamentale per la vita della famiglia. Conoscerlo vuol dire capire meglio i nonni e sua madre. Questo aspetto però rimane sempre sullo sfondo, la trama procede lentissima; il suo sviluppo è inesistente per decine e decine di pagine.
 Il punto è che questo romanzo vuole parlare di sentimenti senza metterli davvero in campo. I personaggi sono sterili, chiusi completamente in se stessi e totalmente incapaci di relazionarsi gli uni con gli altri. Sembrano tutti troppo occupati a guardare il dolore e la sofferenza che hanno dentro, ma che in realtà non sono tali, fino a quel momento, da giustificare la terribile freddezza con cui ognuno si rapporta all'altro.
Danno l'impressione di essere un gruppo di estranei messi per caso nella stessa stanza. Incomunicabilità, pessimismo e silenzi: ecco di cosa è fatta la loro vita familiare. Non si parlano, non comunicano, non si fanno domande.
 
"Quando avviene che i familiari diventano specchi in cui si prova dolore a guardarsi?"
 
In questa frase è racchiusa tutta la filosofia di fondo di questo romanzo. Se ciò aggiungiamo che la narrazione è pesante, lenta, a tratti deprimente, abbiamo il quadro di un romanzo che è davvero difficile portare a termine.
E' necessario arrivare a pagina 190 (su 308 in totale) perché si possa alzare un sopracciglio in un moto di interesse per l'evolversi della trama. Scopriamo una cosa che è successa a Eeva, che suscita un minimo di curiosità.
Curiosità subito frustrata comunque, perché Anna, che sta indagando su Eeva, in seguito arriva a un passo dal chiarire il destino della ragazza, ma preferisce non chiedere niente all'unica persona che può saperne qualcosa. Perché? Perché vuole continuare a credere alla storia che ha elaborato nella sua testa, e non le interessa più la verità.
Il finale, piuttosto confuso e farraginoso, è la conferma che l'autrice non aveva interesse a narrare una storia. Quale fosse la sua intenzione, io non credo di averlo capito.
 
Capisco che una storia che tratta temi delicati quali la malattia, la morte, l'amore non corrisposto, il dolore e l'abbandono non possa sprizzare allegria da ogni rigo; ma quello che mi aspetto, da un libro così, è che io possa provare un minimo di empatia per le protagoniste; che il loro dolore diventi il mio, che la loro infelicità la senta mia. Altrimenti i personaggi restano fastidiose figure lamentose che si muovono su uno scenario e niente altro.

Non l'ho trovato un romanzo potente, come recita la scheda sul sito della casa editrice, ma soltanto un romanzo deprimente e inconcludente.

Voto: 4

L'unico aspetto positivo di questo romanzo è che l'ho letto grazie ad una iniziativa del blog Lettrici Geograficamente Sparpagliate: questo libro viaggia a mezzo posta da una lettrice all'altra, e ognuna di noi lascia a margine i propri commenti e le proprie impressioni. Un'esperienza di lettura collettiva a distanza che aggiunge pepe ad ogni libro, e che non vedo l'ora di ripetere.

Le tartarughe tornano sempre...

... di Enzo Gianmaria Napolillo.



La scheda del libro

Salvatore è un ragazzino nato e cresciuto su un'isola al largo delle coste italiane, nel centro del Mediterraneo. Suo padre è pescatore, sua madre casalinga, e lui cresce libero e spensierato immerso nella natura splendida e selvaggia della sua isola. Per lui estate vuol dire incontrare Giulia, i cui genitori sono emigrati a Milano ma tornano ogni anno per le vacanze. I due ragazzi crescono insieme, e si innamorano. Un giorno d'estate però, accade qualcosa che inevitabilmente cambierà tutto: i due scoprono il cadavere di un ragazzo come loro gettato a riva dalle onde. E poi, poco dopo, vedono decine di corpi galleggiare sulla superficie. La realtà irrompe nel loro mondo di adolescenti e muterà il loro punto di vista. Dopo quel giorno, niente sarà come prima. 
 
Quando si pensa ad un libro che non si riesce a mettere giù, solitamente si pensa ad un giallo o ad un thriller.
Poi a volte ci si imbatte il libri come questo, Le tartarughe tornano sempre, e ti accorgi che ci sono libri che non riesci a lasciare al di là della curiosità. Libri che devi terminare perché hanno toccato corde profonde del nostro animo.
E qui i temi trattati sono molti: l'amore per la propria terra, il bisogno di libertà, l'amore, la morte e naturalmente, su tutti, la tragedia dei migranti e il modo in cui noi, privilegiati occidentali, la percepiamo.
Ma questa è comunque la storia di due adolescenti, e di come, inevitabilmente, la realtà cozzi contro i loro sogni e le loro aspettative.
Scoprire un cadavere in mare cambia Salvatore e Giulia; purtroppo quello è solo l'inizio di una tragedia senza fine che cambierà anche l'isola. I turisti smetteranno di arrivare, spaventati - da cosa, esattamente? - e per l'economia sarà un lento ma inesorabile declino.
Eppure gli isolani non sono contro i migranti, non potrebbero esserlo, perché loro hanno visto.
E questo aver visto e aver vissuto certe cose in prima persona cambia Salvatore.
Il ragazzo cresce e cerca la sua strada e sembra non trovarla e girare a vuoto. Perde e ritrova Giulia, la perde e la ritrova di nuovo; conosce il disprezzo del mondo, la difficile vita nella metropoli, lo smarrimento di chi non sa cosa vuole.
Diventerà adulto e troverà, faticosamente, il suo posto. E scoprirà che aveva sempre saputo quale fosse, senza rendersene conto.
 
L'isola dove vive Salvatore non viene mai chiamata per nome. E' semplicemente l'Isola. Non che ci voglia molto ad identificarla, ma è significativo che pur descrivendola puntualmente l'autore non la identifichi mai col suo nome. Perché è quell'isola che tutti noi conosciamo dalle cronache dei naufragi dei barconi, ma potrebbe essere qualunque altro posto, un'isoletta greca, o un paese sulle coste della Turchia, o un villaggio sul confine macedone, o ungherese, o austriaco, dove le autorità alzano filo spinato e le persone comuni invece mettono a disposizione le proprie auto per portare i migranti da un punto all'altro del paese.
 
Un'isola al centro del mondo... o nel bel mezzo del nulla, dice l'autore. Dipende, come al solito, dal nostro punto di vista.
Voto: 8
(PS: questo libro parla così delicatamente e con intelligenza di due temi sensibili - adolescenza e tragedia dei migranti - che io lo farei leggere nelle scuole.)