venerdì 27 settembre 2019

Jalna...

... di Manzo de La Roche.

 Jalna è il primo romanzo di una saga familiare amatissima che, a partire dagli anni Venti, conquistò generazioni di lettori, con undici milioni di copie vendute e centinaia di edizioni in tutto il mondo. All’epoca della sua prima uscita, la saga di Jalna, ambientata in Canada, era seconda solo a Via col vento fra i bestseller. Grazie a quest’opera, l’autrice, paragonabile a Thomas Hardy, ottenne fama internazionale e fu la prima donna a vincere il prestigioso Atlantic Monthly Prize.
I Whiteoak, numerosa famiglia di origini inglesi, risiedono a Jalna, grande tenuta nell’Ontario che deve il suo nome alla città indiana dove i due capostipiti, il capitano Philip Whiteoak e la moglie Adeline, si sono conosciuti. Molto tempo è trascorso da quel fatidico primo incontro. Oggi – siamo negli anni Venti – l’indomita Adeline, ormai nonna e vedova, tiene le fila di tutta la famiglia mentre aspetta con ansia di festeggiare il suo centesimo compleanno insieme a figli e nipoti: a partire dal piccolo Wakefield, scaltro come pochi, infallibile nell’escogitare trucchi per non studiare e sgraffignare fette di torta, fino al maggiore, Renny, il capofamiglia, grande seduttore che nasconde un animo sensibile. La vita a Jalna scorre tranquilla, fino a quando due nuore appena acquisite arrivano a scombussolarne gli equilibri: la giovanissima Pheasant, figlia illegittima del vicino, il cui ingresso in famiglia è accolto come un oltraggio, e la deliziosa Alayne, americana in carriera che, al contrario, con la sua grazia ammalierà tutti, specialmente gli uomini di casa…
Con una prosa leggera ed elegante e un delizioso sguardo ironico, Mazo de la Roche ci racconta la storia di tre generazioni accompagnandoci in un allegro gioco di intrecci incorniciato dalla bellezza e i colori del paesaggio canadese e dalla quiete della natura incontaminata. (sinossi tratta dal sito della casa editrice Fazi)

Jalna è il primo libro di una serie di 16 ed è stato scritto nel 1927. È interessante notare come questo romanzo, sebbene scritto per primo, nella cronologia interna della storia occupa il posto numero sette.
Ovviamente questo non è un problema; ognuno dei romanzi che compongono la saga può essere letto come storia a se stante.
Questo comunque sembra essere il libro centrale della serie, un grande affresco di una famiglia che vive in tempi duri, in un luogo dove gli inverni sono lunghi e difficili e la lotta per la sopravvivenza di persone e animali lascia poco tempo per tutto il resto. Eppure, proprio in un contesto così rude, l'autrice riesce a raccontarci di sentimenti delicati e profondi, mal di vivere, solitudine e abbandono in maniera tenera e credibile. Le vite dei personaggi si intrecciano in maniera che nessuno di loro si aspettava quando le spose di due dei fratelli Whiteoak entrano a far parte della famiglia, turbando equilibri che sembravano immutabili.

Nella grande tenuta che da il titolo al romanzo, vivono infatti riunite ben tre generazioni della famiglia Whiteoak. I personaggi che animano il romanzo sono perciò molti, ma questo non crea alcuna confusione. Infatti la particolarità di questo romanzo sta nel fatto che ogni capitolo è narrato in terza persona ma dal punto di vista di un diverso membro della famiglia, e ad ogni capitolo il protagonista del precedente sembra quasi passare il testimone al personaggio centrale del capitolo successivo.
In questo modo la narrazione diventa ampia, ariosa ed esauriente, perchè il nuovo punto di vista inizia a raccontarci le vicende esattamente da dove le avevamo lasciate nel capitolo precedente, soltanto adottando una nuova prospettiva. Questo modo di narrare mi è piaciuto molto, perchè contribuisce a creare un vero romanzo corale.

Tra i protagonisti, spicca comunque Jalna, la grande casa che sembra essere il nido, il rifugio e il vero collante che tiene unita la famiglia. Avergli conferito un posto tra i personaggi ha aggiunto un fascino speciale all'intera storia.

Sebbene il romanzo non sia esattamente di quelli movimentati, che a dire il vero io preferisco, le vicende della famiglia Whiteoak sanno catturare il lettore, in un crescendo che arriva fino al lirico e bellissimo finale. È strano come il mio giudizio sia diventato più positivo via via che leggevo. Questo romanzo ha bisogno di tempo per conquistare il cuore del lettore.

Lo stile dell'autrice non ha risentito affatto del trascorrere del tempo. A quasi 100 anni di distanza, esso è fresco e attuale, velato di disincanto e di un pizzico di ironia.

Voto: 7

Dodici rose a Settembre...

... di Maurizio de Giovanni.

«Mi chiamo Flor, ho undici anni, e sono qui perché penso che mio padre ammazzerà mia madre».
Gelsomina Settembre detta Mina, assistente sociale di un consultorio sottofinanziato nei Quartieri Spagnoli di Napoli, è costretta a occuparsi di casi senza giustizia.
La affiancano alcuni tipi caratteristici con cui forma un improvvisato, e un po’ buffo, gruppo di intervento in ambienti dominati da regole diverse dall’ordine ufficiale. Domenico Gammardella «chiamami Mimmo», bello come Robert Redford, con un fascino del tutto involontario e una buona volontà spesso frustrata; «Rudy» Trapanese, il portiere dello stabile che si sente irresistibile e quando parla sembra rivolgersi con lo sguardo solo alle belle forme di Mina; e, più di lato, il magistrato De Carolis, antipatico presuntuoso ma quello che alla fine prova a conciliare le leggi con la giustizia.
Vengono trascinati in due corse contro il tempo più o meno parallele. Ma di una sola di esse sono consapevoli. Mentre Mina, a cui non mancano i problemi personali, si dedica a una rischiosa avventura per salvare due vite, un vendicatore, che segue uno schema incomprensibile, stringe intorno a lei una spirale di sangue. La causa è qualcosa di sepolto nel passato remoto.
Il magistrato De Carolis deve capire tutto prima che arrivi l’ultima delle dodici rose rosse che, un giorno dopo l’altro, uno sconosciuto invia.
Mina Settembre e gli altri sono figure che Maurizio de Giovanni ha già messo alla prova in un paio di racconti. In Dodici rose a Settembre compaiono per la prima volta in un romanzo. Sono maschere farsesche sullo sfondo chiassoso di una città amara e stanca di tragedie. Un mondo di fatica del vivere che de Giovanni riesce a far immaginare, oltre all’intreccio delle storie, già solo con il linguaggio parlato dai vari personaggi di ogni strato sociale: ironico, idiomatico, paradossale, immaginoso. (sinossi tratta dal sito della casa editrice Sellerio)

Maurizio de Giovanni torna in libreria con un nuovo personaggio, che aveva fatto la sua comparsa in un paio di racconti editi dalla Sellerio. La protagonista di questo nuovo giallo è Mina Settembre, assistente sociale per vocazione, e pin up suo malgrado. La sua fisicità dirompente le causa più di qualche problema sul lavoro e nella vita privata, resa quest'ultima ancora più complicata da una madre che definire arpia sarebbe un complimento.

Il romanzo è molto diverso da quello a cui de Giovanni ci ha abituati; siamo sempre nell'ambito del giallo ma l'atmosfera è decisamente più allegra e più serena. Ad allegerire il clima pensa, suo malgrado, Mina, che a 40 anni vive ancora nella sua vecchia cameretta con i poster alle pareti, con la madre invalida e insopportabile. 
L'autore ha scelto, specialmente nei primi capitoli, di calcare molto la mano sul lato comico dei Due Grandi Problemi nella vita della protagonista: un seno un po' troppo ingombrante, che le rende difficili i rapporti con l'altro sesso, e una madre acida e rompiscatole fino all'eccesso.
Devo dire che inizialmente il rimarcare la fisicità di Mina mi ha infastidito; trovavo che la cosa fosse un po' troppo insistita per risultare divertente. Ma si è trattato, almeno per me, di un problema passeggero, perchè dopo le prime pagine, da un lato, le descrizioni del decollete di Mina diminuiscono in numero e frequenza, e dall'altro ero entrata perfettamente in sintonia con l'ambientazione della storia.

Mina fa un lavoro difficile, in un tessuto sociale complicato, se non apertamente ostile; la scelta di Maurizio de Giovanni di affrontare questi argomenti con ironia e leggerezza è azzeccata. Ho apprezzato il fatto che "trattare con leggerezza" non significhi, in questo romanzo, banalizzare o dileggiare; infatti, quando entra in scena la piccola Flor, il registro narrativo sa essere diverso, e nella spasmodica ricerca di una soluzione al suo terribile problema anche la figura del portinaio Rudy acquista serietà e profondità che ne fa un comprimario di tutto rispetto, e non una semplice spalla comica, o peggio, una macchietta.

Intanto, mentre Mina si occupa di Flor, la parte più propriamente gialla e noir del romanzo si sviluppa all'insaputa della stessa protagonista. Qualcuno trama nascosto nelle ombre del passato, senza che Mina sappia di essere in pericolo. Questo approccio diverso alla trama investigativa mi è piaciuto molto. L'ho trovato originale ed interessante.

Ecco perchè amo de Giovanni qualunque cosa decida di scrivere: perchè sa scrivere, fa scelte stilistiche e narrative consapevoli, ed padrone delle storie che racconta. 

Voto: 7 e 1/2

giovedì 26 settembre 2019

Musica sull' abisso...

... di Marilù Oliva.

Dopo il successo delle Spose sepolte, primo caso dell'ispettore Micol Medici, Marilù Oliva ci presenta thriller inquietante e attuale, una storia di sopraffazione e ferocia, che racconta quanto ciò che siamo oggi è il frutto di quello che abbiamo - o non abbiamo - ricevuto. L'ultima volta che Gwendolina Nanni, giovane imprenditrice bolognese, è stata vista viva era mattina molto presto e come al solito stava correndo lungo gli argini del Bacchiglione prima di andare in ufficio. Il suo corpo è stato ritrovato molti giorni dopo in un'ansa del fiume, ormai irriconoscibile. Il suo caso viene chiuso come suicidio dalla polizia di Padova. I suoi familiari non ci stanno e si rivolgono alla Sezione Omicidi di Bologna, dove è stata da poco trasferita l'ispettore Micol Medici. Le ricerche vertono attorno agli ex-studenti di un liceo storico di Bologna, il Cicerone, dove si diploma la migliore gioventù della città. Ma c'è una classe del passato che ha avuto un destino infausto: uno dopo l'altro, anno dopo anno, stanno morendo gli adulti che quindici anni prima sono stati compagni di classe. Tutti in circostanze sospette e tutti lo stesso giorno, il 21 febbraio. Cosa lega questi delitti? E com'è possibile che una canzone, scritta in latino e cantata da alcuni di loro, abbia preveduto con anni di anticipo in che modo sarebbero morti alcuni di loro? Micol, con la sua abilità speciale, cerca di scoprire la verità, muovendosi sullo sfondo di una città dove ogni torre e ogni portico sembrano nascondere qualcosa. (sinossi tratta dal sito della Harper e Collins)

Musica sull' abisso è un thriller costruito con molta cura e molta intelligenza dalla sua autrice.
Il merito principale di questo romanzo è di aver mescolato sapientemente la classica ricerca di quello che sembra essere un omicida seriale con elementi originali e anche molto inquietanti. 
Non c' è dubbio infatti che la storia di una classe i cui alunni muoiono uno dopo l'altro in circostanze misteriose o mai ben chiarite sia intrigante ma non orginalissima. Qui però entra in gioco la bravura della narratrice, che diluisce nell'arco di oltre vent'anni le morti sospette, lascinado costantemente il dubbio agli inquirenti ( e ovviamente anche al lettore): si tratta di una maledizione, una fatalità o di una o più mani omicide? E l'assassino va ricercato dentro o fuori le mura del liceo che ospitava la classe "maledetta"? 
Inoltre, il fatto che tutto sembra ruotare intorno a una canzone scritta in latino, i cui versi sono profetici, aggiunge un tocco conturbante alla trama. L'utilizzo del latino, della mitologia e del simbolismo classico, infatti, rende la storia ancora più inquietante. La scelta di questi elementi non appesantisce la trama, ma anzi contribuisce a rendere l'atmosfera del romanzo costantemente minacciosa, come se ci fosse qualcosa di arcano, di sconosciuto e pericoloso in agguato dietro ogni pagina.

La protagonista, Micol Medici, ispettore di Polizia, è chiamata ad investigare su queste morti sospette, il cui legame è stato intuito troppo tardi dagli investigatori che si sono occupati dei vari casi nel corso degli anni. Nelle sue indagini perciò entra anche un senso di urgenza e un non troppo velato senso di colpa per alcune morti che forse potevano essere evitate, e questo contribuisce a rendere l'investigazione un fatto personale. Micol Medici non guarda più al caso con occhio distaccato, e riesce a coinvolgere il lettore. E se ciò non fosse sufficiente, va aggiunto che Micol Medici è un ottimo personaggio: donna forte con le sue debolezze, i conflitti irrisolti (specie nei confronti della madre) e anche qualche fragilità superata e archiviata (cosa rara da trovare nei protagonisti di thriller e noir).

La trama, come detto, è intrigante e affascinante, cupa quanto basta. Il suo sviluppo è curato e gli indizi vengono dosati nel modo giusto, tenendo alta l'attenzione del lettore.
Il romanzo è nel complesso molto ben costruito, con un buon ritmo, nessun calo di tensione ed ha una struttura solida ed uno sviluppo intelligente e mai banale.
Il finale riesce a sorprendere e a rispondere a tutte le domande che ci eravamo posti durante la lettura senza forzature. La soluzione si rivela all'altezza delle premesse, con elementi toccanti e di spessore.

Voto: 8

Fate a New York...

... di Martin Millar.

Heather e Morag sono due fatine scozzesi, costrette a fuggire dalla madrepatria per una serie di sfortunate circostanze, inizate quando le due fatine hanno deciso di voler mettere su la prima punk rock band del mondo fatato. A New York le due, in continua lite e competizione tra loro, riusciranno a combinare diversi guai, intromettendosi nella vita di due umani, la dolce Kerry e l'odioso Dinnie, e arrivando quasi sull'orlo di una "guerra civile" tra le varie etnie fatate. 

Questo romanzo ha un simpaticissima prefazione di Neil Gaiman, e un incipit che cattura il lettore.

"Dinnie, nemico sovrappeso dell’umanità, nonché uno dei più abominevoli suonatori di violino di tutta New York, stava valorosamente esercitandosi al suo strumento, quando due deliziose fatine apparvero sul davanzale del suo appartamento al quarto piano, ruzzolarono dentro e vomitarono sulla moquette."

Bene, avendo elencato le uniche due cose degne di nota del romanzo, potrei anche chiudere qui la recensione, ma mi rendo conto che magari sarebbe più corretto spendere due parole sul perchè questa storia non mi ha entusiasmato più di tanto.
Dopo un incipit fulminante, in cui con leggerenza e senza preamboli inutili, il lettore si ritrova al centro dell'ambientazione, la trama gira a vuoto per il resto delle pagine. 
In poche parole, in questo romanzo succede poco o nulla, e io mi sono annoiata parecchio.

Heather e Morag sono due fatine decisamente originali, con idee moderne e forse un po' troppo avanti per la loro società, ma ciò non le spaventa. La loro caparbietà, unita ad una spiccata propensione a combinare guai e generare equivoci di ogni sorta, le porta a fuggire a New York, dove decideranno che Kerry, una ragazza malata che cerca di completare il suo alfabeto floreale, e Dinnie, antipatico suonatore di violino, hanno assolutamente bisogno del loro aiuto. Da qui nascono una serie di gag, equivoci e intrecci da commedia degli errori, cosa che risulta divertente e interessante per le prima cinquanta pagine, poi non più.

Ho trovato il romanzo ripetitivo e poco incisivo. Heather e Morag girano in tondo per New York senza far altro che combinare guai, rubacchiare e litigare. L'autore introduce senza tante cerimonie nuovi personaggi anche nel bel mezzo di un capitolo, e salta con disinvoltura dalle vicende degli uni a quelle degli altri senza un minimo di stacco o di preavviso. L'effetto che si crea, secondo me, è di grande confusione e poca coesione della storia. Inizialmente questo stile narrativo ha creato in me curiosità e voglia di andare avanti; in seguito però la cosa si è rivelata più frustrante che stimolante. La sensazione di non progredire, ma di rileggere all'infinito la medesima scena è diventata preponderante.
 
Insomma, per qualche capitolo è stato divertente leggere di queste due fate pasticcione e anticonformiste, ma dopo un po', senza una vera svolta nella trama, senza alcun tipo di evoluzione dei personaggi, senza alcun approfondimento sulla società fatata che appare sull'orlo di una guerra civile, l'originalità e l'ironia non sono stati sufficienti per tenere desta la mia attenzione e per intrattenermi come si deve.

L'impressione che resta è quella di una idea buona, ma sviluppata in maniera superficiale, e non adeguatamente sostenuta da un'intreccio all'altezza delle premesse.

Voto: 5