martedì 19 dicembre 2017

La vedova...

...di Fiona Barton.

La scheda del libro sul sito Einaudi

Jeanie è diventata vedova da poco. Ha i giornalisti alla sua porta perché suo marito Glen era stato accusato di aver rapito e ucciso una bambina di due anni. Chi era davvero Glen? E chi è davvero Jeanie? Cos'era il loro matrimonio? C' è davvero un segreto oscuro da svelare nelle loro vite? O si tratta dell' ennesima, insensata caccia al mostro messa in piedi da un certo tipo di giornalismo, affamato di scoop e sensazionalismo?

La vedova è, secondo me, un thriller ben riuscito.

La storia in realtà è molto semplice: una madre lascia incustodita la sua bambina in giardino e la bimba, Bella, scompare. Le indagini faticano a trovare una pista, anche se ad un certo punto gli indizi indicano in Glen Taylor il possibile colpevole. Ciò che rende questa storia apparentemente semplice speciale è il sottile senso di dubbio che non ci abbandona mai. In un certo momento, Glen ci sembra colpevole; in un altro siamo costretti a ricrederci; in un altro ancora il dubbio torna a tormentarci. Mi è piaciuto molto questo modo di costruire un thriller che ti tiene incollato alle pagine senza bisogno di esplicite scene di violenza o inseguimenti mozzafiato.

Il senso di inquietudine viene sostenuto e alimentato dai personaggi, ognuno di quali racconta la sua verità.
I capitoli riportano tutti una data e il personaggio dal cui punto di vista viene narrata la storia. Ognuno dei personaggi è identificato con il ruolo che ha avuto nella vicenda del rapimento. È importante prestare bene attenzione alle date, perché il gioco dei flashforward e flashback attorno a cui è costruito il romanzo è parte integrante della trama. Mi spiego: ognuno dei personaggi coinvolti, la vedova, la giornalista, l'ispettore, la madre, racconta un pezzetto di verità, ed è fondamentale che ogni frammento della storia venga contestualizzato. Da questo punto di vista l' autrice ha fatto un gran lavoro, perché nonostante i diversi punti di vista e i diversi piani temporali, tutto torna, tutti i racconti alla fine concordano tra loro e, a patto di prestare attenzione alle date, il lettore non corre il rischio di perdersi nella narrazione.

Insomma, questo è un libro che si lascia leggere facilmente ed è molto piacevole e scorrevole. Se proprio dovessi trovargli un difetto, è un' eccessiva mancanza di colpi di scena.
Chi ha letto qualcuna delle mie recensioni sa che io odio i colpi di scena estremi, quelli che sembrano piazzati lì a caso nella trama solo per stupire il lettore a tutti i costi.
Ecco, in questo romanzo invece mi sembra siamo sul fronte opposto: quando ho cominciato a intuire dove saremmo andati a parare, mi aspettavo un guizzo, un colpo di coda, la rivelazione di qualcosa che non avevo ancora intuito. E invece no.

Leggere questo romanzo è come essere su di un treno che procede sui binari immersi nella nebbia. La via è tracciata, ma non la si vede chiaramente; resta sempre il dubbio su quale sia la meta, ma non ci saranno folli scambi a invertire la rotta. A me il viaggio è piaciuto.

Voto: 7

sabato 16 dicembre 2017

Il seme del male...

... di Joanne Harris.

La scheda del libro sul sito della Garzanti

Cambridge, prima metà del 1900 circa. Daniel Holmes, uno studioso presso l'Università, salva una ragazza che si era gettata nel fiume. Rosemary, questo è il suo nome, è bellissima e la sua purezza e il suo candore conquistano l'uomo. Eppure Rosemary ha qualcosa di inquietante e nasconde un segreto...
 
Cambridge, giorni nostri. Alice, pittrice in cerca di ispirazione, vede nel cimitero di Grantchester, la lapide di una giovane donna, Rosemary Virginia Ashley. L'iscrizione le lascia un profondo senso di inquietudine: qualcosa in me ricorda, e non vuole dimenticare.
Il giorno dopo, il suo ex, Joe, le chiede di ospitare per qualche tempo la sua nuova fiamma Ginny, e quel senso di inquietudine si impadronisce nuovamente di lei. Perché Ginny si comporta in maniera misteriosa, si finge insicura e indifesa davanti a Joe, ma è inquietante quando è sola, incontra nottetempo amici che nega di conoscere, esce di notte e scompare. Suo malgrado, Alice si ritroverà a combattere forze oscure e potenti che vogliono annientarla.
 
Questo è il primo romanzo che Joanne Harris, celebrata autrice di Chocolat, ha scritto. L'autrice stessa ha confessato di vergognarsi un po' di questo lavoro giovanile, ma secondo me non ne ha motivo. Tutto sommato il romanzo, pur avendo dei difetti ed essendo a tratti un po' ingenuo, è leggibile e piacevole.
 
Per prima cosa, questo è un libro sui vampiri (e no, tranquilli, non sto spoilerando niente perché è la stessa Harris a ribadirlo nella propria nota che precede il romanzo), e già questa è una cosa degna di nota.
La storia si svolge su due piani temporali, distinti chiamando semplicemente uno il piano ambientato nel XX secolo, e due quello ambientato ai giorni nostri.
 
Inizialmente non sappiamo cosa leghi tra di loro le due narrazioni, ma in entrambe l'inquietudine e una sottile sensazione di non essere completamente al sicuro pervadono il lettore.
La cosa migliore di questo libro infatti, è proprio questa: le creature soprannaturali, chiamiamole vampiri anche se vanno tranquillamente a spasso di giorno, sono enigmatiche, pericolose, perverse, misteriose. Fanno tutto quello che un vampiro deve fare (e grazie al cielo non risplendono alla luce del sole).
Le atmosfere del romanzo sono squisitamente gotiche, affascinanti, misteriose. Lo stile della Harris è già quello poetico ed evocativo che si svilupperà nei romanzi successivi. Alcuni passaggi riescono a far correre brividi lungo la schiena.
 
All'improvviso la sentii lì, la sua presenza che riempiva il cimitero. Il suo odio e, insieme all'odio, il divertimento. Il profumo di rosmarino si diffondeva dalla piccola fila di cespugli davanti a me, scaldato dall'obliquo sole invernale, dolce e stranamente nostalgico, il profumo delle cucine di campagna, di cassetti riempiti di biancheria candida, di ragazze di campagna che si pettinavano i lunghi capelli con olio di rosmarino. [...] Ero così convinto che lei si trovasse lì che quando alzai gli occhi in effetti la vidi all'ombra dell'albero di biancospino, poi fu solo un miscuglio di luce e ombra sul sentiero nudo, dove una chiazza di erbacce marroni e gelate ondeggiava in modo quasi impercettibile sopra una pietra tombale che non avevo mai notato prima.[...]
Non so perché allora mi avvicinai: avrei dovuto sapere che non mi avrebbe arrecato alcun bene. Forse volevo sapere che cosa era passato nella mente del mio amico prima del suicidio, come se la mia penitenza davanti alla sepoltura di Rosemary potesse aiutare la sua anima torturata a riposare. Forse provavo qualche senso di colpa. Perché l'avevo uccisa io, sapete, o almeno, avevo fatto il meglio che potevo. O forse andai per la stessa ragione per cui la giovane ragazza guarda nella stanza di Barbablù, per la stessa ragione per cui i due bambini vanno alla casa di pan di zenzero, o il ragazzino lascia che il genio esca dalla lampada...
   Lessi l'iscrizione, certo. In fondo era per questo che mi trovavo lì.
    
   QUALCOSA IN ME RICORDA E NON VUOL DIMENTICARE.
   ROSEMARY VIRGINIA ASHLEY
   AGOSTO 1948
    
   Qualcosa in me ricorda... Dopo di allora ci andai spesso, non riuscendo a farne a meno, affascinato, nauseato e terrorizzato allo stesso tempo. Qualcosa in me ricorda... Solo io capivo veramente quelle parole. [...] Era un messaggio per me da parte di Rosemary. Un grido di sfida da oltre la tomba. Non è morta e vuole che io lo sappia. Ha tutto il tempo che vuole. E lei ricorda ancora.
   Ma non ho paura. Sono al sicuro. Ho ancora la mia mano finale da giocare, l'ultima carta che mi terrà al sicuro. E sai qual è l'ultima carta che ho? Sei tu, amico. Non mi credi? Lo farai. Mentre leggi questo diario mi odierai, disprezzerai, ma non potrai fare a meno di credermi. Va bene, non devi farlo tutto in una volta: riponi il libro in un cassetto, dimenticalo per un po', per anni, se vuoi, ma ritornerai. So che lo farai. Dovrai tornare, prima o poi, perché lei è qui. Ti sta aspettando. Proprio come aspettava me. Quindi fai attenzione.
   Quando arriverà il momento, molto può dipendere dal modo in cui ti giocherò.
 
Questo estratto cristallizza molto bene lo stile e le atmosfere del romanzo.
La trama è costruita intorno alla misteriosa ambiguità delle creature malefiche che risorgono dalla tomba, e hanno un loro piano per distruggere gli incauti che si lasciano affascinare dalla loro fredda bellezza.
Da questo punto di vista il romanzo è perfetto, godibile, un piccolo gioiello tenebroso.
 
Il suo vero difetto non è nel lirismo delle descrizioni; nelle atmosfere dal sapore romantico o nei personaggi consumati dall'amore come da una febbre. Il vero difetto del romanzo sta nella sua eccessiva prolissità. Se fosse stato rimaneggiato e tagliato e rivisto in un'ottica più sintetica si sarebbe potuto parlare davvero di capolavoro.
Ma la trama, già priva di clamorosi colpi di scena per sua stessa natura, si trascina troppo lungamente. Il filo rosso che lega i due piani temporali tarda a rivelarsi; e il finale, sebbene un po' prevedibile, sarebbe stato accettabile se fosse stato meno confusionario e meno involuto.
 
Insomma, io ho amato le atmosfere gotiche, che non sono semplici da ritrovare in un romanzo moderno. Ho amato Rosemary e ho amato la concezione del risorgere dalla tomba descritta dalla Harris. Ma avrei gradito qualche capitolo in meno, per garantire maggiore tensione e coesione nelle vicende.
Resta comunque una buona storia, consigliata ai nostalgici dei vampiri classici.
 
Voto: 6 e 1/2.

Il detective che ama i libri...

... di John Dunning

La scheda del libro sul sito della Rusconi

Cliff Janeway è un detective della polizia di Denver con un conto in sospeso con Jackie Newton, piccolo delinquente locale. Lo scontro tra i due diventa violento, e Janeway si dimette e si dedica al suo sogno: aprire una libreria di libri rari e di valore. Ma il mondo dei libri non è tranquillo come Janeway sperava, e presto l'omicidio di Bobby Westfall, cacciatore di libri squattrinato, scuote l'ambiente e costringe Janeway a mettersi sulle tracce di un assassino che non smette di uccidere per raggiungere i suoi scopi.
 
Libro singolare questo, che mi è capitato tra le mani per caso.
 
Il protagonista, Cliff Janeway, è un duro non  dal cuore tenero, ma dall'animo colto. Affascinato dai libri, nel tempo libero coltiva la sua passione per quelli più pregiati. Non libri antichi, ma libri moderni nelle loro prime edizioni. Libri che raggiungono, sul mercato, cifre di tutto rispetto, intorno alle migliaia di dollari. Qualcuno potrebbe uccidere per questo?
La risposta a questa domanda diventa drammaticamente evidente quando Bobby Westfall viene trovato morto in un vicolo. Si mormora che stesse per fare il colpo della sua carriera, e le cose si complicano quando in scena entrano una donna bella e misteriosa, anche lei cacciatrice di libri, ed un malavitoso locale violento e senza scrupoli.
Le atmosfere del noir americano sono centrate in pieno, gli elementi tipici sono tutti presenti, mentre l'argomento libri rappresenta il tratto di rottura con i cliché e l'elemento di novità rispetto ad altri romanzi dello stesso genere.
Belle le citazioni tratte dai libri, quasi tutti classici moderni; interessante ambientare un torbido giro di minacce e omicidi nel mondo dei cercatori di libri; eppure non mi sento di apprezzare questo romanzo fino in fondo.
 
In primo luogo, c'è una lunga, lunghissima parte del romanzo (che io ho percepito quasi come una sorta di premessa alla vicenda) in cui l'omicidio di Bobby Westfall passa in secondo piano e ci viene narrato lo scontro, ormai alle battute finali, tra Janeway e Jackie Newton. Questa storia secondaria non viene portata avanti parallelamente alle indagini per l'omicidio, anzi, ruba spesso la scena a quello che dovrebbe essere il cardine della trama (ovvero, la ricerca dell'assassino).
Questa cosa ha appesantito il romanzo, che già conta oltre 400 pagine, senza apportare benefici significativi.
 
Secondo rilievo da fare, i due mondi - quello noir dei sordidi omicidi e quello colto ed elitario dei cacciatori di libri - non sono fusi bene. Per tutto il romanzo ho avuto la sensazione che Janeway fosse totalmente fuori posto, e non escludo che questa fosse magari l'intenzione dell'autore, che voleva fare del suo detective un outsider in entrambi i mondi. Eppure non sono riuscita a togliermi di dosso la sensazione che la fusione non fosse stata completata con successo.
I lunghi e frequenti excursus sul mercato dei libri, su prezzi, reperibilità, librerie non sono stati di aiuto. Anzi, probabilmente hanno contribuito a creare la sensazione di fastidio, di spezzettamento della trama che ha poi generato le impressioni che descrivo sopra.
 
Insomma, un libro con buoni spunti ma non perfettamente riuscito.
Voto: 6 e 1/2