sabato 20 febbraio 2016

Terapia di coppia per amanti...

...di Diego De Silva.
 
Ho preso in mano questo libro solo perché mi servivano i 15 punti bonus nella sfida lanciata ai lettori dalle Lettrici Geograficamente sparpagliate (evviva la sincerità).
Però c'è da dire che queste sfide tra lettori servono anche a leggere cose che magari non avresti nemmeno preso in considerazione, per ampliare i propri orizzonti e le proprie vedute (evviva la pezza a colore).
Dunque Terapia di coppia per amanti non è proprio nelle mie corde, ma ci ho provato lo stesso.

I protagonisti, Modesto e Viviana, sono amanti da tre anni. Praticamente una coppia stabile, se non fosse che entrambi sono sposati, hanno un'altra vita e un'altra famiglia. Ma che succede quando due amanti clandestini si accorgono che la loro relazione mordi e fuggi si sta trasformando in altro?
Semplicemente, i due decidono di andare in terapia.
  
Terapia di coppia per amanti è narrato in prima persona da Modesto e Viviana (un capitolo l'uno, un capitolo l'altra, più qualche capitolo in cui l'io narrante è il terapista).
Viviana è lo stereotipo di donna che dice A ma intende B, stereotipo che odio all'ennesima potenza. E' sempre pronta  minacciare Modesto di lasciarlo se non si fa a modo suo. Peggio dei bambini, direi. 
Modesto, invece, forse è ancora adolescente nella testa (si fa salvare in calcio d'angolo dal figlio ventenne che inventa una scusa per giustificare una inopportuna telefonata notturna di Viviana) e si lascia trascinare dalla corrente.
Certo l'idea di leggere un punto di vista insolito sull'amore è intrigante. Ma poi, dopo poche pagine trovo (qui il punto di vista è quello di Modesto):

[...]ma se il matrimonio offre tutti questi vantaggi; se immunizza dal contagio delle relazioni squallide e associa di diritto al club di quelli che le schifazzano; se azzera le difficoltà e le miserie della doppia vita; se dà accesso alla poesia della coppia ufficializzata con la condivisione dei bei momenti in cui può capitare di assistere al passaggio della felicità come a quello di una gazzella o di una volpe (ma anche di una pantegana, perché anche le zoccole fanno di questi tagli improvvisi di strada, e anzi le zoccole capita d’incrociarle molto piú spesso di quanto accada con le gazzelle e con le volpi), allora, abbiate pazienza, ditemi per quale incomprensibile ragione c’è cosí tanta gente al mondo che tradisce regolarmente questo luogo di felicità fatta di mutui e di mobili, di suoceri e di cognati, di calzini e di mutande, di verande condonate e di adesivi sui frigoriferi che rimandano di continuo alle loro letterature in corso di sviluppo, per farsi una banalissima amante e infilarsi in una relazione squallida.
Qualcuno me lo spiega, per favore?
Cioè, io leggo un romanzo che dovrebbe propormi un punto di vista differente sull'amore, interno alle menti di due amanti clandestini, e dopo poche pagine leggo la perla di saggezza che equivale più o meno a  il matrimonio è la tomba dell'amore? Cominciamo bene. Anzi no, male. Come se poi fossero solo le persone sposate a tradire. Le coppie di fatto e i fidanzati no, eh.
 Il punto di vista di Viviana, è diverso ma altrettanto banale.
Commentando il rapporto occasionale avuto da un'amica, lei dice:

Privato della fascinazione del rischio (tutto sommato, un ingrediente affabulatorio molto facile), quel gesto cosí apparentemente intriso d’insegnamenti e di significati ti appare come nient’altro che la sveltina di una disgraziata.
E di tutte le immagini che ti sono passate davanti agli occhi, l’unica che ti è rimasta è quella di lei che esce dall’aeroporto lasciandosi alle spalle una famiglia per salire sul taxi e raggiungere una casa in cui nessuno l’aspetta.
No grazie, mi sono sempre detta in queste occasioni, io non la farò questa fine. Se devo ritrovarmi da sola in un delizioso bilocale a disfare le valigie dicendomi come sono fortunata a non stare con un uomo che mi tradisce nel cesso di un aereo con la prima che incontra, e ripetermelo ad alta voce sotto la doccia mentre penso Però com’erano ben vestiti quei bambini, e ritrovarmi incantata sotto il getto dell’acqua a domandarmi da sola Ma che fai, piangi? allora voglio morire sposata, o quantomeno in coppia.

Perfetto. Il matrimonio o quantomeno il rapporto di coppia non come atto d'amore ma come antidoto alla solitudine. Ma prenditi un cane, scusa!

O ancora (sempre Modesto):

Allora lei, lottando con l’acquolina in bocca, mi ha squadrato dal basso verso l’alto come si domandasse se la mia statura fosse tutta lí, e mi ha risposto con una di quelle frasi che tutte le donne, ma veramente tutte, dicono al proprio uomo almeno una volta nella vita (una specie di tradizione biologica, da cui non si scappa):
– Come puoi pensare a mangiare in un momento simile?
Ancora banalità: una di quelle frasi che tutte le donne dicono al loro uomo... Ma quando mai? Parlare per stereotipi e generalizzazioni non è proprio il massimo per un romanzo che ha come obiettivo un'introspezione sulla vita di una coppia non proprio tradizionale.

Quando Modesto, che di professione è musicista, va a suonare in un locale, Viviana va a sentirlo, e un tizio un po' tamarro ci prova con lei. Niente di grave, niente di particolarmente molesto o potenzialmente pericoloso, solo un "come ti chiami?". A nessuno, nessuno, nel romanzo passa per la testa che Viviana possa cavarsela da sola. Modesto va nel panico e manda dal palco un messaggio al proprietario del locale perché intervenga (e il proprietario gli risponde... non avevo capito che era tua. NON AVEVO CAPITO CHE ERA TUA. E stanno parlando di Viviana, non della birra sul tavolo).
Viviana invece pensa che non può fare a meno di sentirsi ferita da Modesto, perché non si delegano certe azioni. Non puoi star lì ad aspettare che intervenga qualcun altro al posto tuo.
Cinquant'anni di lotte femministe buttate nel ces...tino. Certa roba nel 2016 non si può sentire.
 
E andiamo avanti così, con lei che telefona a casa di lui alle quattro di notte perché ha sognato di salire su un treno senza biglietto, lui che si arrabbia ma non solo non la manda a quel paese, ma le lascia tranquillamente condurre questo gioco al massacro di "ti voglio, no, non ti voglio, sei uno stronzo, no aspetta, è tutta colpa mia".
Andiamo avanti così finchè a lei non viene la brillante idea di andare in analisi. Ma perché, poi? Qual è il problema che dovete risolvere? Io non l'ho capito, non ho capito perché stanno ancora insieme, perché dopo tre anni non lasciano le rispettive famiglie per stare insieme, visto che problemi di sorta non ne hanno (anzi, Viviana dichiara pure che sarebbe capace di lasciare il marito nello spazio di una sola giornata, se così le dicesse la testolina). In pratica tutta la storia si regge sul fatto che Viviana è una gran rompiscatole, che ci gode a complicarsi la vita ma soprattutto a complicarla agli altri, e perciò, invece di seguire il consiglio del padre di Modesto, (che paradossalmente è dovrebbe essere un po' borderline invece è la persona più normale del romanzo), non sa cosa vuole e pensa che per capirlo si debba andare in analisi. Ma cosa dice il padre di Modesto? Molto semplice: se sei innamorato e stai con qualcuno che ti ama o almeno dichiara di amarti, allora devi essere felice, e se non lo sei puoi tranquillamente prendere le tue cose e salutare  [...] perché nessuno ti obbliga al martirio.(Mi sembra l'unica affermazione sensata in questo mare di elucubrazioni (termine elegante per intendere: seghe mentali)
E poi arriva il terapista, il dott. Malavolta, che a sua volta (ahah) ha un'amante giovane che potrebbe tranquillamente essere la figlia di Viviana per quanto è assurda (è gelosa perché il dottor Malavolta ha in cura una coppia di amanti. Vabbè.)
Durante la terapia, Viviana finalmente dichiara: io credo che siamo qui perché non sappiamo cosa essere, ma poi ammette di pensare ad un futuro senza incontri clandestini e bed and breakfast. Peccato che questo piccolo dettaglio non lo abbia mai detto a Modesto. No, c'è voluta la terapia per dirgli che vorrebbe qualcosa in più.
L'unica scintilla di interesse l'ho provata quando viene svelato il segreto del figlio sedicenne di Viviana, che ha subito una anno prima un forte trauma e perciò non esce più di casa se non scortato dai genitori. Ma anche qui, Viviana, scusa, tuo figlio vive da semi recluso da un anno e tu pensi ad andare in terapia per aggiustare le cose col tuo amante? Ma mandare lui in terapia per aiutarlo a superare il trauma, povero ragazzo? No, troppo poco cervellotico per Viviana.
le pagine sulla terapia, che dovrebbe essere il cuore del romanzo, si risolvono in un paio di sparuti capitoli che sembrano testimoniare più il sadico compiacimento di Viviana nel rompere le scatole al prossimo, che una vera svolta per la storia.
 
Qui il punto non è concordare o meno con il punto di vista dei personaggi, amarli o meno, approvarli o meno. Il punto è che qualsiasi cosa essi facciano o pensino (perché per il 50% del tempo, pensano e pontificano, per il 30% fanno sesso e nel restante 20% succede qualcosa) o è scontato e banale, oppure completamente assurdo.
 
Come il finale, indotto da una scenata assurda di Viviana SPOILER 
che sbrocca quando scopre che, dopo la sospensione della terapia, voluta dal dottore, Modesto ha continuato a vederlo, ma solo per aiutarlo a ricominciare a suonare la chitarra (il dottore è un musicista mancato e frustrato). E Viviana lo scopre e si incazza. Lascia Modesto, il quale, nel frattempo ha scoperto di non amare la moglie dopo un colloquio col figlio ventenne. Cioè, il figlio ventenne gli fa notare che si vede lontano un miglio che lui non ami più sua moglie, e Modesto ha un'improvvisa illuminazione, manco gli fosse apparso l'Arcangelo Gabriele a rivelargli il terzo segreto di Fatima. Tu stai da tre anni con un'altra e ti accorgi mo di non amre tua moglie, anzi, manco te ne accorgi, te lo devono dire? Io non ho parole, davvero.

 Nonostante non abbia apprezzato quasi nulla in questo romanzo, leggerlo non è stata una fatica, perché De Silva scrive con uno stile agile, ironico e godibile.
Per questo non me la sento di dare un voto troppo basso, diciamo che si conquista un 5.

1 commento:

  1. Mi è piaciuta un sacco la tua recensione. L' ho trovata ben argomentata, però il libro ancora non l' ho letto quindi non mi posso pronunciare. Un caro saluto da lea

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