venerdì 5 febbraio 2016

La condanna del sangue...


...di Maurizio De Giovanni.


La primavera, pensava Ricciardi camminando verso piazza Dante, cambiava le anime come le foglie degli alberi; piante rigorose e scure, forti e salde nella loro secolare attesa, in quella stagione impazzivano, esibendo fiori sgargianti, così anche le persone più equilibrate si mettevano in testa le idee più bizzarre. Nonostante avesse poco più di trent'anni, Ricciardi aveva visto, e quotidianamente vedeva, di cosa era capace ogni singolo individuo, anche quello all'apparenza meno incline al male. Aveva visto, e continuava a vedere, molto più di quanto avrebbe voluto e molto più di quanto avrebbe chiesto: vedeva il dolore. Il dolore che travolge, il dolore che si replica. La rabbia, l'amarezza, perfino l'ironia tronfia del pensiero che accompagnava la morte. Aveva imparato che la morte naturale chiudeva bene il conto con la vita. Non lasciava tracce sospese nei giorni a venire, tagliava tutti i fili e suturava le ferite, prima di mettersi in strada col suo carico, fregandosi le mani ossute sulla tunica nera. La morte violenta no, non ne aveva il tempo. Doveva partire in fretta. In quei casi si metteva in scena lo spettacolo, si proponeva agli occhi della sua anima la rappresentazione del dolore estremo: gli veniva riversato addosso, unico spettatore del putrido teatro del male umano. Il Fatto, lo chiamava. E il pensiero che la morte, nella sua partenza improvvisa, non aveva avuto il tempo di chiudere i conti, gli arrivava addosso, a chiedere vendetta. Chi se ne andava così, se ne andava con lo sguardo rivolto all'indietro. E lasciava un messaggio che Ricciardi raccoglieva, ascoltando quell'ultimo pensiero ossessivamente ripetuto.


 
 
 
 
 
 
 
La condanna del sangue è il secondo romanzo che vede protagonista il Commissario Ricciardi, della Real Questura di Napoli.

Oltre ad essere un uomo sensibile, acuto e colto, Ricciardi ha il potere di vedere gli ultimi istanti di vita di coloro che muoiono di morte violenta, e di udirne le ultime parole o pensieri.

E' da qui che il commissario parte per svolgere le sue indagine.
Nella primavera del 1931 Ricciardi si trova alle prese con l'omicidio di una vecchia cartomante, Carmela Calise, picchiata a morte nel suo modesto appartamento nel rione Sanità. Il fantasma della donna ripete, solo per il commissario le parole: "'O  Padreterno nun è mercante ca pava o'o sabbato" (ovvero: Il Signore non è un mercante che paga regolarmente ogni sabato).
Parole piuttosto insolite da pronunciare prima di morire.

Indagando Ricciardi scoprirà che la vecchia cartomante non solo conosceva molti segreti grazie al suo lavoro, ma era anche un'usuraia.

Perciò i motivi di odio nei suoi confronti era molti, e quella frase enigmatica non è certo di aiuto per Ricciardi, almeno all'inizio.
Il nostro commissario scoprirà che non è l'unico a portarsi dietro una condanna derivante dal proprio sangue (dal DNA, diremmo noi oggi), ma tutti siamo impossibilitati a sfuggire - secondo la visione pessimistica di Ricciardi - al fardello che ci portiamo dietro dalla nascita.
 
Il romanzo mi è piaciuto fin dal titolo. Struggente e malinconico, svela il suo significato solo dopo la risoluzione del caso.
Se nel primo romanzo conosciamo il senso, la misura del dolore che Ricciardi si porta dietro, sentendosi unico, solo e desolato, qui il protagonista scopre di essere più simile agli altri esseri umani di quanto crede. Assistiamo ad una timida apertura di Ricciardi verso il modo, verso gli altri.
Non a caso questo romanzo è quasi un romanzo corale, affollato di co-protagonisti e di storie.
In primo luogo, il Brigadiere Maione, spalla di Ricciardi, amico e collaboratore prezioso. Poi il dott. Modo, Livia, la vedova del tenore Vezzi conosciuta nello scorso romanzo, ed Enrica, l'amore platonico del commissario, che non è più esclusivamente una presenza muta. E ancora Filomena, una giovane donna sfortunata, Rituzza una ragazza in grande difficoltà, la famiglia del brigadiere Maione.
Anche i comprimari sono molti, e la complessità dell'intreccio ne guadagna.
D'altro canto, però, la voglia di seguire diversi protagonisti e di raccontarne compiutamente le storie a tratti appesantisce la narrazione e fa perdere mordente alla trama principale.
Ancora una volta la soluzione del caso arriva grazie ad una intuizione di Ricciardi, che però non spunta dal nulla, ma comunque poggia sulle investigazioni precedentemente svolte.
Nonostante ciò i puristi del giallo deduttivo potrebbero storcere il naso.

Per quel che mi riguarda, trovo che La condanna del sangue sia un buon romanzo, che contribuisca a costruire l'affezione del lettore nei confronti di Ricciardi, che resta il vero punto di forza della storia.

Prendere in mano questo libro è stato come non aver mai lasciato la Napoli degli anni 30, e arrivare all'ultima pagina lascia il desiderio di tornare ancora.

Voto: 6 e 1/2

9 commenti:

  1. Molto bella la tua recensione. Mi rendo contro che questo libro non ce l'ho in biblioteca e deve rimediare. Arriverà anche per me il tempo di Ricciardi, ma prima devo portare a termine un libro di 600 pagine con il quale sto facendo a botte.
    un saluto da lea

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    1. Gli ospiti paganti di Sarah Waters! Una faticaccia e forse non ha senso insistere.
      E adesso cosa leggerai?
      Ciao

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    2. Non mi sono firmata! Ciao da Lea

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    3. Nel frattempo ho letto Non è stagione di Manzini, La stagione della caccia di Camilleri e ieri ho iniziato Inferno di Dan Brown.

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  2. Ma dai, anche io De Giovanni oggi!!! In questa challenge ho visto che è molto letto!
    Adoro Ricciardi, ma confesso di verlo trascurato per Lo Jacono: tornerò al mio antico amore!

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    1. Non mi ero resa conto che De Giovanni fosse così famoso come scrittore, mi fa piacere per lui. Io per ora finisco la serie di Ricciardi e poi comincio i Bastardi di Pizzofaclone, che mi dicono essere una serie molto bella.

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  3. Come sempre adoro le tue recensioni e mi fai venire voglia di comprare tutti i libri...ma già non so più dove metterli!
    Bacini cara

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    1. La soluzione è l'e-reader!!!!Così poi non hai scuse per non comprare!

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