sabato 27 febbraio 2016

La ragazza di fronte...

...di Margherita Oggero.

In verità, [I ragazzi della via Pal] non andava tanto bene per un bambino di quell’età, in seconda elementare, ma Michele fu estasiato di avere un vero libro da leggere la domenica pomeriggio sul balcone. Si era procurato al mercato una cassetta di plastica dura per la frutta, l’aveva rivestita con un pezzo di stoffa trafugato dal sacco degli stracci di sua madre e su quel sedile si sentiva alla pari con la bambina dai capelli quasi rossi. Quasi alla pari, perché seppur confusamente avvertiva la disparità di classe sociale: lui e i suoi nella casa sgarrupata, lei nel palazzo ricco di fronte. Però, col libro sulle ginocchia, era bello osservarla di tanto in tanto, e incrociare qualche volta gli sguardi, anche se non sempre era lei ad abbassare per prima la testa.

Questo romanzo racconta le vite parallele di Michele e Marta, che da bambini abitano l'uno di fronte all'altro e non si parlano mai, ma si guardano dal balcone. Per Michele è amore a prima vista. Marta, invece, sembra quasi non accorgersi di lui.
I ragazzi crescono, le loro vite vanno avanti e i due si perdono di vista, fino a quando il caso, o il destino, li farà incontrare di nuovo.

La ragazza di fronte è un libro molto ben scritto, tutto giocato sulle similitudini e sulle diversità delle vite dei due protagonisti.
Entrambi hanno vissuto carenze affettive da bambini (Michele proviene da una famiglia praticamente anaffettiva, mentre Marta non ha mai superato l'abbandono della famiglia da parte della madre).
Michele  ha trovato il suo punto fermo nel nonno Peppino, con cui ha vissuto fin dall'infanzia, Marta invece  sta ancora cercando il suo approdo sicuro, e quando crede di averlo trovato in un uomo affascinante e colto, ma lui l'abbandona e le spezza il cuore, lasciandole dentro una corazza di ghiaccio dura da sciogliere.
La storia di Michele, figlio di immigrati napoletani costretti a trasferirsi a causa della disoccupazione, è quella che ho amato di più. Credo che siano molto pochi i Meridionali che possano leggere pagine su un simile argomento senza immedesimarsi e senza empatizzare col protagonista. Ho apprezzato che la vicenda familiare, lo sradicamento dalle proprie radici e la necessità di ricominciare daccapo sia narrata senza pietismi e senza cinismo, nella sua naturale e quotidiana "tragicità".

Poi, due anni dopo, la ruota aveva girato male, la ditta di mobili era fallita, un altro lavoro non si trovava mentre Peppino su al Nord s’era aggiustato decentemente. Sempre un napoli era, ma con una clientela di barriera in parte ereditata da zio Biagio e in parte nuova, tutta gente che, cominciando a passare i propri guai con la crisi dell’auto, la cassa integrazione e il sindacato che aveva dovuto abbassare la cresta, di pigliarsela con i meridionali non ne aveva più voglia. Anche perché un altro Sud aveva cominciato ad arrivare.

In poche righe viene dipinta la situazione dei meridionali immigrati a Torino. Ognuno di noi ha nel cuore delle corde sensibili; a volte i libri si amano perché vanno a toccare una di queste corde. Ecco, la storia di Michele ha toccato un argomento a me caro.

Ho fatto molto più fatica a leggere di Marta e della sua vita. E' vero, essere abbandonati dalla madre  in tenera età non è proprio una passeggiata di salute, ma Marta ha deciso di attaccarsi al suo dolore pervicacemente. L'ho trovata snob, viziata, incline a giudicare il prossimo e lamentosa. Le premesse da cui la sua vita partiva erano ottime (un padre facoltoso che comunque le voleva bene, una figura surrogato di una madre, due fratelli affettuosi, ottime scuole, viaggi, eccetera), ma lei ha scelto di soffrire. Figure positive e affettuose nella sua famiglia non sono mancate, ma dal suo atteggiamento si evince che non è mai stato abbastanza.
Vero, un uomo le ha spezzato il cuore e le speranze, ma ancora una volta lei ha deciso di non reagire.
Michele invece è scappato da una madre scorbutica e perennemente scontenta, da un padre poco partecipe e da una sorella, Sofia, dispettosa fino alla crudeltà, eppure non ha perso la voglia di amare e la capacità di solidarizzare col prossimo. Riesce perfino a comprendere e perdonare l'odiosa sorella.

Due camicie, non una gli aveva confezionato Sofia. Lui, incerto tra due tessuti – era la sua prima volta con un capo di abbigliamento su misura – aveva delegato la scelta alla sorella, che invece aveva largheggiato.
     Di fronte allo specchio, aveva indossato prima l’una poi l’altra – mentre lei lo osservava compiaciuta –, rendendosi conto della differenza tra quelle cinque o sei che possedeva e queste altre, la differenza tra un prodotto ordinario e uno eccellente. L’aveva ringraziata e abbracciata, le aveva allacciato al collo una collana di pietre dure – quarzo rosa e calcedonio – che aveva comprato per lei in Via Roma e nel contatto fisico era intervenuto un brivido di commozione, la consapevolezza di un reciproco riconoscersi e ritrovarsi.
     Ma quante persone diverse siamo stati?, si chiede Michele più tardi. Una ragazzina infelice e vendicativa lei, un bambino prima succube e poi ribelle io. E adesso, che cosa ci lega al noi di allora? c’è un fildiferro sia pure contorto e ripiegato su se stesso che tenga insieme il nostro crescere e mutare, oppure si cresce prevalentemente a sbalzi rotture e negazioni del passato?
     La Sofia di adesso non conserva tracce di quella di allora eppure è la stessa persona.

E' vero, Michele ha problemi a costruirsi una relazione stabile con le donne, mail mio sospetto di lettrice è che stesse semplicemente aspettando il suo unico vero amore, la ragazzina dai capelli quasi rossi che vedeva sul balcone da bambino.
Marta invece guarda con diffidenza e distacco tutto e tutti, ed è portata ad esprimere giudizi sprezzanti sulla base di pochi, insignificanti dettagli dettagli.

Leggendo pagina dopo pagina il racconto di queste due vite, sapientemente costruito, il lettore si attende il colpo di scena che riavvicinerà i due protagonisti.
Ed è proprio qui, però, che il romanzo mi ha deluso. Il finale pare proprio tirato via, come se l'autrice avesse guardato l'orologio e avesse detto "ehi, com'è tardi! Chiudiamolo qui 'sto romanzo che domani mattina mi devo alzare presto".

Il destino porta Michele ad affittare un appartamento di fronte a quello di Marta; lui la riconosce e si palesa, lei lo tratta con spocchiosa diffidenza, lui insiste e le decide che potrebbe amarlo.
Dopo una serata in pizzeria in cui lei ha fatto del suo meglio per rendersi odiosa, infatti, Marta vede il coinquilino di Michele sul balcone.
Dov'è Michele?, vorrebbe chiedergli, ma a Torino non si grida di notte da un balcone all'altro.
Ecco questa è Marta, che non grida dal balcone, ma la mattina dopo Michele citofona e lei lo invita a salire mentre è ancora in accappatoio (per lei Michele è un tizio sconosciuto, incontrato un paio di volte). E praticamente gli cade ai piedi.

Il finale l'ho trovato frettoloso e forzato.
Resta un bel libro, comunque.
Voto 6 e 1/2.
 

7 commenti:

  1. Mi è piaciuta la recensione. Non capisco proprio i finali affrettati...come compromettere un lavoro ben fatto. Il libro lo leggerò, ma sono già prevenuta, dopo il tuo giudizio ;-).
    un saluto da Lea

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    1. Eh, non lo so, forse ci sono storie che meriterebbero un finale più aperto perché sono storie di vita, più che storie che narrano una serie di accadimenti.

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  2. Molto bella la tua recensione! Io aspetto di leggerlo per farmi un quadro più chiaro del tutto :)

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    1. Grazie, mi interessa la tua opinione. Sono curiosa di vedere cosa pensano altre lettrici di questo finale controverso.

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  3. A me è piaciuta la fine, mi è sembrata la perfetta quadratura del cerchio!

    Ti interessa partecipare ad un link party?
    http://allineedisacharming.blogspot.it/2016/02/link-party-1-disneys-lottery_20.html?showComment=1456736021751#c6519773794439417065
    Dai un'occhiata, mi sembra carino!

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    1. Grazie del link, gli do un'occhiata appena posso.

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    2. L'ho guardato ora, grazie per avermi nominata, sembra interessante!!!

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