giovedì 18 febbraio 2016

Non è stagione...

...di Antonio Manzini.
 
Rocco Schiavone, vicequestore nato e cresciuto a Roma, lavora adesso ad Aosta dove è stato trasferito a causa di un provvedimento disciplinare. Antipatico, spocchioso, incline al turpiloquio e al pregiudizio (specialmente territoriale!), fa uso di droghe leggere e non disdegna qualche azione illegale per arrotondare lo stipendio.
Non sente il suo lavoro come una missione, ma come una gran rottura di scatole.
Eppure il suo lavoro lo sa fare.
Quando gli giunge notizia che una sedicenne è sparita, molto probabilmente rapita a scopo di estorsione, inizia a cercarla senza requie, anche se non c'è una denuncia, anche se la famiglia lo ostacola, anche se non ha uno straccio di traccia da seguire.
 
Questo è il terzo romanzo di Manzini con protagonista Schiavone. Gli altri due li ho letti mentre il blog era inattivo, ma se vi interessa leggerne una recensione, c'è una blogger che ne ha fatte due veramente belle.

Non si può scindere la critica al romanzo dalla critica al personaggio costruito da Manzini. Schiavone, diciamocelo chiaro e tondo, è odioso. Un personaggio agli antipodi dei miei adorati Ricciardi e Montalbano. Eppure è una personaggio molto vero e molto umano. Perché lui non è così perché sì e basta; perché l'autore voleva fare l'alternativo e ha creato un tizio di carta insopportabile.
Dietro Schiavone c'è il suo vissuto.
SPOILER
Schiavone ha perso la moglie, e non riesce a darsene pace ed a lasciarla andare. La vede ancora nella sua cosa, le parla, le chiede consiglio, si chiede cosa pensa di questo o di quello. No, prima che lei morisse Schiavone non era uno stinco di santo; ma sicuramente era diverso, meno amareggiato, meno cinico e disincantato.
Quando lo scopriamo, il vicequestore ci diventa più simpatico? Assolutamente no, ma diventa sicuramente comprensibile e reale. Molto reale.
 
Eppure, nonostante questo suo modo di fare e di intendere il suo lavoro, quando si mette sulle tracce della ragazza scomparsa, a Schiavone importa. Gli preme correre, far presto, trovarla prima che sia troppo tardi. Non dorme per quattro giorni, sferza i suoi collaboratori, incalza il magistrato e la famiglia della ragazza e non si da pace. Seguirlo in questa lotta contro il tempo è intrigante e mai noioso.
Il romanzo, in questo caso, è a metà strada fra un giallo deduttivo e uno d'azione (gli altri due romanzi si avvicinano più al genere del giallo deduttivo). Una bella trama, con un buon ritmo e un bellissimo (e tristissimo) colpo di scena finale che tocca da vicino il vicequestore.
Un'altra cosa che apprezzo di Manzini è che sa perfettamente dosare le vicende personali di Schiavone con il caso da risolvere. Non indulge mai nel pietismo o nella commiserazione del suo personaggio. Non è mai prolisso, ma essenziale.
La sua scrittura è misurata e chiara, lo stile trasparente.
Per questo la lettura scorre via agile e snella che è un piacere.
 
Consigliatissimo a tutti gli amanti del giallo. Consigliato a tutti gli altri.
Voto 8 

2 commenti:

  1. Io ho letto tempo fa La pista nera e Schiavone mi aveva conquistata. Devo recuperare al più presto anche questo ed il precedente!
    Ciao, da Stefania

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  2. Piace anche a me! Insieme a Malvaldi e Carofiglio... praticamente mi nutro di Sellerio!

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