domenica 14 febbraio 2016

Inferno...

... di Dan Brown.

Facciamo una premessa. Sono (ero?) una fan di Dan Brown. Ho divorato Il Codice da Vinci in una convulsa nottata di lettura, semplicemente perché non riuscivo a smettere.
Ho trovato Angeli e Demoni anche meglio (a parte il finale...).
Crypto aveva dei difetti (qui la mia recensione), ma si tratta di un romanzo che si guadagna la sufficienza. Il Simbolo perduto è stato per me un grosso "oh no!" (qui spiego perché).
E nonostante ciò, ho deciso di leggere Inferno.
Mi sono avvicinata al romanzo senza aspettarmi troppo, ma anche senza pregiudizi. Ho letto troppe stroncature del romanzo che puzzavano di pregiudizio e snobbismo intellettuale da lontano un miglio.
Io cercherò di scrivere una stroncat... ehm, una recensione onesta.
Fine della premessa.
 
Inferno è il quarto libro che vede protagonista Robert Langdon, professore di simbolismo ad Harvard, critico di storia dell'arte e uomo colto e affascinante.
Questa volta il professore si risveglia in un ospedale di Firenze con una ferita da arma da fuoco alla testa. Quando il killer si presenta in ospedale per finire il lavoro, Robert viene aiutato da Sienna Brooks, una dottoressa inglese, a fuggire.
Langdon non ricorda perché sia in Italia, chi gli abbia sparato e perché; ben presto si rende conto che un po' tutti gli danno la caccia: il killer, il consolato degli Stati Uniti, i Navy Seals, gli alieni e Mulder e Scully (no dai, gli ultimi tre me li sono inventati).
Non ricordando nulla degli ultimi due giorni, il professore non sa di chi fidarsi e l'unica cosa che può fare è seguire le tracce fornitegli da un piccolo proiettore laser che si ritrova in tasca. Il proiettore rimanda l'immagine dell'Inferno dantesco dipinto dal Botticelli, ma il dipinto così come riprodotto nasconde degli enigmi, risolvendo i quali Langdon spera di sbrogliare l'intricata matassa.
 
Parte così la solita caccia al tesoro con enigmi, indovinelli e colpi di pistola. Schema già visto in ogni romanzo che abbia per protagonista il nostro professore.
Partono anche le lezioni di storia, letteratura o storia dell'arte a seconda del bisogno, come avevamo già visto ne Il simbolo perduto.
Ho letto molte recensioni schifate, del tipo: " Ma come si permette!!1! Non abbiamo certo bisogno che Dan Brown ci spieghi l'arte o la storia!1!!!".
Potrei ricordare a chi si sdegna che quasi un italiano su due è analfabeta funzionale, o che uno su tre non legge neanche un libro l'anno, quindi che alcune cose siano patrimonio comune non è poi così scontato, ma basta invece dire questo: il romanzo è destinato al pubblico mondiale. Se noi italiani siamo così fortunati da avere Firenze a due passi, e studiamo la Divina Commedia a scuola, non è così dappertutto. Quello che a noi è familiare non lo è ai tre quarti della popolazione mondiale, e giudicare il libro di Dan Brown dall'alto in basso perché si "permette" di ricordarci, ad esempio, che la Divina Commedia è composta di tre cantiche, ciascuna formata da 33 canti (tranne l'Inferno che ne contiene 34), è spocchia. E' miopia intellettuale. E non vedere al di là del proprio naso. Il che mi riporta al discorso sull'analfabetismo funzionale (una delle caratteristiche dell'analfabetismo funzionale è giustappunto l'incapacità di comprendere un testo senza basarsi esclusivamente sulla propria esperienza personale). Ma vabbè, questo è un altro discorso. Nemmeno a me sono piaciute le lezioncine, come spiegherò tra poco, ma massacrarle perché Dan Brown ha osato riassumere e condensare pillole di preziosa storia dell'arte italiana nel suo volume, come se fosse reato di lesa maestà, mi ha infastidito molto.
Quello che però mi ha irritato di più è stato la scelta dei tempi in cui inserire le digressioni storico-letterarie.
Cioè, tu, Robert Langdon, sei inseguito da un numero imprecisato di killer/squadroni della morte/ultras inferociti e ti permetti una smorfia di disappunto perché a Venezia ti tocca prendere un veloce motoscafo-taxi.
"Come amante dell'architettura, gli sembrava quasi impensabile dover sfrecciare lungo il Canal Grande. Poche esperienze veneziane erano più piacevoli che salire a bordo del vaporetto linea 1, preferibilmente di sera, e sedersi davanti, all'aria aperta, mentre le cattedrali e i palazzi illuminati ti sfilavano di fianco". Ma prego, professore, si accomodi. Il mondo lo salviamo dopo, con calma. Gradisce pure un caffè?
Oppure, a Firenze, stai scappando con Sienna Brooks dal solito killer/esercito dei cloni/branco di gnu impazziti attraverso il giardino di Boboli, e... "attraversarono l'anfiteatro - il luogo della prima rappresentazione operistica della storia [...] e oltrepassarono l'obelisco egizio e la disgraziata opera d'arte posta alla sua base. Le guide la definivano una gigantesca vasca di granito proveniente dalle terme di Caracalla, ma Langdon l'aveva sempre vista per ciò che era realmente, la più grande vasca da bagno del mondo. pensò.
Mi meraviglio come non si sia fermato pure a spostarla in qualche luogo di suo gusto, visto che c'era tempo, eh.
Di esempi come questi potrei farne molti. Perché mi irritano tanto? Perché nel momento in cui il protagonista, con cui io lettore dovrei empatizzare, sta scappando, io corro con lui; se lui si ferma a pensare quant'è bella questa colonna, mi fermo anche io, di botto, e a me sembra di averci sbattuto il muso, contro quella colonna. Se tu scrittore continui ad interrompere la fuga con certe digressioni, io non mi sento calata nel romanzo; lo leggo con un certo distacco, e non sto mai sulle spine come dovrei (e vorrei).
Per me, questo è un grosso difetto in un romanzo.
Passiamo alla trama. Sostanzialmente non sarebbe male, se avesse mantenuto un ritmo un po' più sostenuto.
Ci sono colpi di scena, capovolgimenti di fronte, piccoli, innocenti inganni architettati con mestiere da Dan Brown, che ti portano a credere una cosa che in realtà non è, e quando pensi "eh, ma non vale, Dan Brown ha barato" e vai a rileggerti il punto in questione, scopri che l'autore non ha affatto barato, ti ha dato tutte le informazioni ma con un pizzico di furbizia letteraria ti ha portato dove voleva lui, non verso la verità. E questo, per uno scrittore, è certamente un merito e segno di bravura. Mi riferisco a SPOILER
la scoperta della vera identità di Sienna; la doppiogiochista è lei, non il dottor Ferris come sembrerebbe dalla telefonata che lui riceve dal Rettore del Consortium.

 
Quindi, secondo me, Dan Brown è potenzialmente un bravo scrittore. E allora, perché? Perché scrive romanzi tutti col medesimo schema della corsa contro il tempo? Perché per tirarla per le lunghe (ma lo pagano a cottimo? Un tanto a pagina? Vi giuro che il dubbio mi ha sfiorato) a volte Langdon fa la figura dell'ingenuotto che non ci arriva? Perché per dare colore all'ambientazione dice cose come  - più o meno - "indossavano costosi accessori di pelle nera, quindi dovevano essere italiani"? O mi piazza un autista in abito Armani mentre lavora? O ancora, scrive banalità del tipo "Venezia è un museo a cielo aperto" (e non ci sono più le mezze stagioni, signora mia).

E vabbè, ci si potrebbe anche passare su. Potrebbero anche essere solo sbavature. Se non fosse che, alla fine della storia, quando ogni cosa viene svelata, con tanto di colpi di scena e capovolgimenti di fronte, la mia reazione è stata: Dan Brown, ma che davvero?!?
Per chi ha letto Harry Potter, avete presente HP e il calice di fuoco? Bellissimo libro, atmosfere cupe, lirismo, tragedia, etc. etc. ma (ATTENZIONE SPOILER!!!), svelato il piano del cattivo, viene da chiedersi: scusa Voldermort, ma una volta che sei riuscito a piazzare una passaporta E un tuo uomo fidato ad Howgarts, che bisogno avevi di organizzare la piazzata del Torneo Tremaghi?!? Eddai, fai toccare ad Harry la passaporta e via! Voldy, ma che davvero?
 
Ecco, qui è uguale. (SPOILER)

 L'antagonista di Langdon, Bertrand Zobrist è un geniale genetista. Sta cercando di creare un virus che possa far decrescere la popolazione mondiale perché, a parere suo, la Terra è sull'orlo del collasso a causa della sovrappopolazione. Riesce ad elaborarlo, lo nasconde in un luogo segretissimo, e poi lascia alla sua acerrima nemica, la direttrice dell'OMS, una mappa cifrata e degli indovinelli per farle capire dov'è il nascosto il virus.Sì, è vero che secondo i suoi piani, la mappa sarebbe dovuta arrivare all'OMS quando ormai era troppo tardi, ma anche così, che senso ha? Che senso ha mettere in allerta le autorità che cercano di fermarti? Quasi quasi mi aspettavo, alla fine degli indovinelli, una cosa del tipo: e qui ho nascosto il virus potentissimo, gne gne
.
Vi è mai capitato di leggere il divertente testo Le cento cose che farei se fossi il Signore del Male ?
Il punto 11 dice: Sarò sicuro della mia superiorità. Pertanto non sentirò il bisogno di provarla lasciando indizi nella forma di indovinelli o lasciando i miei deboli nemici vivi per dimostrare che sono troppo deboli per minacciarmi.
Ecco, appunto.
E la spiegazione "Tizio ha fatto così perché è un pazzo megalomane" me la bevo in poche, selezionatissime occasioni. E questa non è una di quelle occasioni.

Eppure, se sorvoliamo sul come siamo arrivati fin lì, devo ammettere che, inaspettatamente, Dan Brown ci regala un finale non banale né scontato. Un finale che, sinceramente, lascia qualche spunto di riflessione. Siamo partiti con una certa idea dell'Inferno, del male in terra, e finiamo col dover riconsiderare le nostre posizioni. Il finale è inquietante, nel senso buono del termine.
Certo, potrei lamentarmi dicendo che mi sarei aspettata un'onda emotiva maggiore nei personaggi dopo la rivelazione finale, ma facciamo che per stavolta mi accontento così. Almeno stavolta nessun alto prelato salta da un elicottero in volo.

In sintesi: un romanzo prolisso e con un ritmo altalenante, che tuttavia conserva un certo fascino a causa dei luoghi in cui è ambientato e degli argomenti trattati (l'inferno, l'Apocalisse prossima ventura). La trama non è solidissima, ma il finale è buono.
Voto: 5 e 1/2.


 

2 commenti:

  1. Intanto mi hai fatta morire dal ridere. Poi ho sbattuto il naso contro la colonna (ahi)! E infine ho deciso che nel caso volessi leggere qualcosa di Dan Brown, leggerò Angeli e Demoni (Il codice l'ho letto come te in una giornata).
    Grazie della simpatica recensione.
    un saluto da lea

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