mercoledì 6 luglio 2016

L'armadio dei vestiti dimenticati...

...di Rikka Pulkkinen



La scheda del libro

Elsa, una brillante psicologa oramai in pensione, si ammala di cancro. la sua famiglia fa quadrato intorno a lei. Il marito Martti, la figlia Eleonoora e le nipoti Anna e Maria si occupano di lei a turno.
Anna, mettendo ordine nella stanza di Elsa, trova un vecchio vestito degli anni sessanta, e piano piano ricostruisce la storia della famiglia a quel tempo e la storia di Eeva, la bambinaia che lavorava in casa della nonna quando sua madre era una bambina, ma che nessuno ha mai nominato prima.
 
Ho cercato di riassumere la trama in maniera obiettiva e veritiera, ma sento comunque il bisogno di specificare: questo non è un thriller né tantomeno uno di quei libri con un segreto di famiglia da svelare. Se vi aspettate suspence, intrighi familiari e colpi di scena, non è questo il libro che fa per voi.
E nemmeno per me, se è per questo.
 
Il libro narra la storia di una famiglia colpita dall'insorgere di una malattia che non lascia scampo. Ognuno reagisce a modo suo, ogni membro deve fare i conti con il dolore, la paura e la perdita e naturalmente con gli altri membri della famiglia. Quando Anna trova un vestito che non appartiene alla nonna Elsa, si chiede chi sia la nonna davvero, cosa ci sia dietro i lunghi anni di matrimonio con suo nonno Martti, famoso pittore, com'era la famiglia quando sua madre era bambina.
Spunta un nome: Eeva, che sembra essere stato coperto da una coltre di silenzio. Una sorta di damnatio memoriae. Usando i racconti reticenti dei nonni, e un po' indagando per conto suo, Anna cerca di scoprire di più sul periodo in cui Eeva era la bambinaia in casa loro, intuendo che quel periodo è stato fondamentale per la vita della famiglia. Conoscerlo vuol dire capire meglio i nonni e sua madre. Questo aspetto però rimane sempre sullo sfondo, la trama procede lentissima; il suo sviluppo è inesistente per decine e decine di pagine.
 Il punto è che questo romanzo vuole parlare di sentimenti senza metterli davvero in campo. I personaggi sono sterili, chiusi completamente in se stessi e totalmente incapaci di relazionarsi gli uni con gli altri. Sembrano tutti troppo occupati a guardare il dolore e la sofferenza che hanno dentro, ma che in realtà non sono tali, fino a quel momento, da giustificare la terribile freddezza con cui ognuno si rapporta all'altro.
Danno l'impressione di essere un gruppo di estranei messi per caso nella stessa stanza. Incomunicabilità, pessimismo e silenzi: ecco di cosa è fatta la loro vita familiare. Non si parlano, non comunicano, non si fanno domande.
 
"Quando avviene che i familiari diventano specchi in cui si prova dolore a guardarsi?"
 
In questa frase è racchiusa tutta la filosofia di fondo di questo romanzo. Se ciò aggiungiamo che la narrazione è pesante, lenta, a tratti deprimente, abbiamo il quadro di un romanzo che è davvero difficile portare a termine.
E' necessario arrivare a pagina 190 (su 308 in totale) perché si possa alzare un sopracciglio in un moto di interesse per l'evolversi della trama. Scopriamo una cosa che è successa a Eeva, che suscita un minimo di curiosità.
Curiosità subito frustrata comunque, perché Anna, che sta indagando su Eeva, in seguito arriva a un passo dal chiarire il destino della ragazza, ma preferisce non chiedere niente all'unica persona che può saperne qualcosa. Perché? Perché vuole continuare a credere alla storia che ha elaborato nella sua testa, e non le interessa più la verità.
Il finale, piuttosto confuso e farraginoso, è la conferma che l'autrice non aveva interesse a narrare una storia. Quale fosse la sua intenzione, io non credo di averlo capito.
 
Capisco che una storia che tratta temi delicati quali la malattia, la morte, l'amore non corrisposto, il dolore e l'abbandono non possa sprizzare allegria da ogni rigo; ma quello che mi aspetto, da un libro così, è che io possa provare un minimo di empatia per le protagoniste; che il loro dolore diventi il mio, che la loro infelicità la senta mia. Altrimenti i personaggi restano fastidiose figure lamentose che si muovono su uno scenario e niente altro.

Non l'ho trovato un romanzo potente, come recita la scheda sul sito della casa editrice, ma soltanto un romanzo deprimente e inconcludente.

Voto: 4

L'unico aspetto positivo di questo romanzo è che l'ho letto grazie ad una iniziativa del blog Lettrici Geograficamente Sparpagliate: questo libro viaggia a mezzo posta da una lettrice all'altra, e ognuna di noi lascia a margine i propri commenti e le proprie impressioni. Un'esperienza di lettura collettiva a distanza che aggiunge pepe ad ogni libro, e che non vedo l'ora di ripetere.

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