mercoledì 6 aprile 2016

Il metodo del coccodrillo...

...di Maurizio De Giovanni.
 
L'ispettore Giuseppe Lojacono è un bravo poliziotto siciliano. Un giorno un pentito dichiara, falsamente, che l'ispettore ha passato informazione ai clan mafiosi della zona. Riscontri non ce ne sono, Lojacono sembra innocente, ma su di lui pesa l'ombra del sospetto. La moglie lo lascia, la figlia non vuole più vederlo e viene trasferito a Napoli, che lui vive come una specie di prigione.
Nel commissariato dove presta servizio, i colleghi non gli rivolgono la parola, ed il suo superiore gli intima di restare fuori da ogni indagine. Finchè una notte in cui è l'unico di turno, rispondendo ad una chiamata, accorre sul luogo dell'omicidio di un ragazzo di sedici anni, e nota sul posto dei fazzoletti bagnati da quelle che si riveleranno lacrime. L'assassino, ribattezzato il Coccodrillo, non si fermerà al primo omicidio. Grazie all'intervento del pm Laura Piras, che sa guardare alle qualità di Lojacono e oltre il pregiudizio, l'ispettore comincia ad indagare su questo caso.
 
Lasciatemi dire una cosa: uao! Conoscevo la scrittura morbida e lenta di De Giovanni, e l'apprezzavo, ma qui l'autore ha, secondo me, superato se stesso. Il metodo del coccodrillo è un noir degno dei migliori autori americani; è duro, veloce, crudo, dolente. Non per niente ha vinto il Premio Scerbanenco 2012.
La trama è abbastanza lineare ed è facile intuire, più o meno a metà, dove si andrà a parare. Ma questo non toglie nulla al piacere della lettura perché l'intreccio è congegnato in modo che, anche una volta compreso il disegno dell'assassino, il lettore si troverà incollato alle pagine e a Lojacono seguendo la sua indagine e sperando riesca a fermare il serial killer.
I personaggi si portano dietro la loro umanità, senza scadere nella macchietta del poliziotto problematico, duro dal cuore tenero; sono molto umani e non sono super eroi. Sono "normali".
L'antagonista, il Coccodrillo, è una serial killer atipico. Non si tratta infatti del classico pazzo psicopatico con una infanzia tragica alla spalle; no, è umano e "normale" pure lui.
Io non apprezzo particolarmente quando gli autori di thriller cedono la parola all'assassino. Mi innervosisce, onestamente, perché di solito non mi interessa niente dei tormenti interni dell'assassino; io spero solo che lo prendano il prima possibile (sì, ho una visione un tantino manicheista quando si parla di thriller). Certo, devo riconoscere che qui le parole dell'assassino hanno il loro senso e il loro perché, ma ho continuato a trovarle una fastidiosa interruzione alla trama.
L'idea poi di narrare la storia adottando occasionalmente il punto di vista di altri personaggi secondari ha permesso all'autore di sviare, con un pizzico di furbizia, il lettore dalla totale comprensione delle vicende. Non svelerò il trucchetto di De Giovanni, dirò solo che è stato bravissimo a far travisare completamente al lettore la storia di uno dei personaggi minori (storia che però ha il suo peso nella trama principale); il bello è che, una volta scoperto l'inganno, il lettore dovrà ammettere che mai gli è stato detto che A era A; lo ha dedotto - sbagliando completamente - da solo. E' un dettaglio importante, perché odio quando gli autori ti prendono in giro ingannandoti raccontando bugie.
Il finale riserva un colpo di scena forte, inteso non come rivelazione sconvolgente, ma come evento traumatico e duro da digerire.
Quando leggendo un finale ti manca letteralmente il fiato, allora sai di essere davanti ad un buon libro.
 
Anche questo libro di De Giovanni è ambientato a Napoli. Lasciatemi spendere due parole sull'ambientazione.
Napoli è una città complessa e sicuramente unica. Solitamente, quando si parla di Napoli, prevale una certa immagine stereotipata (negativamente) oppure olografica, da cartolina. Bene che vada, se qualcuno vuol parlare positivamente della città o dei suoi abitanti, se ne esce con frasi come "voi napoletani siete... [inserire una aggettivo a caso tra simpatici, furbi, allegri, appassionati, focosi...]". Come se noi napoletani avessimo una testa sola, un'anima sola e girassimo col mandolino a tracolla, una fetta di pizza in tasca, fischiettando funicolì funicolà. 
No.
Lo stereotipo, anche quando è positivo, è riduttivo e mortificante.
E per questo mi ha colpito l'ambientazione di De Giovanni. Ha descritto Napoli con gli occhi di uno che la vive come l'ultimo dei luoghi in cui vorrebbe essere, che non si fa incantare dal paesaggio da cartolina, anche perché, per tutto il romanzo piove, fa freddo e tira vento. Il ribaltamento totale dei luoghi comuni. Maurizio De Giovanni rivendica un po' di normalità per una metropoli complicata, che vive situazioni problematiche tipiche delle grandi città ad ogni latitudine.

Sapevo che Maurizio De Giovanni era bravo, ma con questo libro mi ha stupito.
Voto 9

5 commenti:

  1. Ciao, ho appena scoperto il tuo blog grazie al link party di "La soffitta di Amelia" :-)
    Non conosco questo autore, ma sono appassionata di gialli (in questo periodo sto leggendo la serie di Camilla Lackberg) ma, dalla tua recensione, sembra una lettura piacevole e interessante.
    P.s. se ti interessa dare un'occhiata al mio blog ti lascio il link: http://langolodiariel.blogspot.it/

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  2. Bellissima recensione! Mentre la leggevo il mio pensiero fisso era: devo procurarmi questo libro ORA!
    Ciao da Stefi

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  3. Ciao Annalisa....... e come Stefania anch'io ora ho questo chiodo fisso: leggere il libro. Grazie di avercelo fatto conoscere..... il resto tocca a noi!!! Buona domenica, Marina

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  4. Ciao Annalisa....... e come Stefania anch'io ora ho questo chiodo fisso: leggere il libro. Grazie di avercelo fatto conoscere..... il resto tocca a noi!!! Buona domenica, Marina

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  5. Ciao Cara...lo sapevo che non dovevo leggere anche questa recensione! Mi crei sempre delle nuove e inattese necessità!

    Un bacione e bravissima analista come sempre!!!!

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