giovedì 20 dicembre 2018

L'assassino ha lasciato la firma. 87° distretto #1...

... di Ed McBain.

In una citta che sembra New York, ma che non lo è, i poliziotti dell'87esimo distretto sono sotto tiro. Qualcuno sta uccidendo con una calibro 45 gli agenti  di quel distretto. Il detective Steve Carella indaga, e la questione finisce col diventare personale, molto personale.

L'assassino ha lasciato la firma è stato di recente pubblicato da Einaudi con il titolo di Odio gli sbirri (più fedele all'originale) e con una prefazione di - udite udite - Maurizio de Giovanni, il quale non ha mai fatto mistero del grande amore che nutre nei confronti di questo autore.
E proprio questa è la vera ragione per cui ho deciso di leggere questo libro, sebbene in un'edizione molto vecchia, rimediata su una bancarella dell'usato (Dio benedica le bancarelle dell'usato!).

Il romanzo è ambientato negli anni '50, in un'America metropolitana dai confini ben delineati: qui i buoni e lì i cattivi. L'ambiguità morale nei personaggi dei noir verrà dopo; qui l'unica difficoltà consiste nel riconoscere i veri cattivi, che spesso e volentieri sono travestiti da persone ipocritamente per bene.

Il romanzo ha un gusto delicisamente classico. Infatti fu pubblicato per la prima volta nel 1956, e dunque ha più di sessant'anni. Sicuramente questi anni pesano sul mio giudizio finale riguardo al romanzo, perchè alcune situazioni, quelle più squisitamente procedurali, mostrano l'usura del tempo. Il romanzo sicuramente non ha più la freschezza e l'originalità dirompente che aveva negli anni '50. Le parti strettamente procedurali all'epoca erano una novità, ma ovviamente oggi ci appaiono datate.  Un esempio su tutti: la descrizione degli interrogatori e degli arresti è particolarmente strana agli occhi del lettore moderno: la sfilata dei fermati di fronte a tutti i poliziotti della città, il capo chino e l'espressione contrita di quasi tutti mi sono sembrati fuori dal mondo, ed ho dovuto più volte ricordare a me stessa che stavo leggendo un libro degli anni '50.
Mancano quasi del tutto scene di violenza o di efferata crudeltà che molte volte sono la cifra stilistica del genere poliziesco, cosa che ho apprezzato moltissimo.
Il protagonista, Steve Carella, ha invece, secondo me, sopportato meglio il peso degli anni che sono passati. Carella è un poliziotto la cui figura, ai nostri occhi di lettori moderni, è deliziosamente retrò. È uno che si identifica quasi totalmente con il suo ruolo di tutore dell'ordine, ha intuito e un pizzico di insofferenza per le regole e le procedure. Potremmo dire che è l'antesignano del poliziotto ribelle che tanto spazio ha trovato successivamente nella letteratura di genere e come personaggio funziona, a parer mio.

Altro punto a favore del romanzo è l'ambientazione. Alcune descrizioni della città e dell'ondata di calore che ne sta prostrando gli abitanti sono da manuale e mi hanno avvicinato ad una storia che si legge molto velocemente e che rischiava di non lasciare un segno. Interessante il legame che si crea fra le condizioni ambientali e le azioni e i pensieri dei personaggi. Da questo punto di vista McBain è riuscito a creare un'atmosfera che coinvolge il lettore e che è, secondo me, il vero punto di forza del romanzo.

La trama è buona, e il mistero del serial killer di poliziotti viene risolto grazie ad una intuizione ragionata di Carella; l'azione è concentrata quasi completamente nel finale, perciò il ritmo del romanzo non è esattamente serrato.

Io adoro i classici e adoro i vecchi libri, perciò ho apprezzato questo poliziesco, ma mi rendo conto che non è un libro adatto a tutti i tipi di lettori. Sicuramente è consigliato ai fan del genere, agli amanti dei classici, a chi cerca gialli con una buona ambientazione e che non siano costruiti esclusivamente da scene adrenaliniche.

Voto: 6 e 1/2

Nessun commento:

Posta un commento