Vani Sarca, ineguagliabile ghost writer dalla mente prodigiosa, che rifugge la compagnia degli altri esseri umani come la peste, sembra aver trovato il suo posto nel mondo e anche un po' di stabilità affettiva. A complicare le cose arriva prima sua sorella, in crisi esistenziale, poi la proposta del suo capo, che le chiede di scrivere un improbabile romanzo a metà strada fra il thriller e l'avventura, badando solo alla possibile commerciabilità del testo; infine Riccardo Randi, scrittore ed ex di Vani che un tempo le ha spezzato il cuore, il quale sembra essere vittima di uno stalker, e non ha altri a cui chiedere aiuto se non Vani e il commissario Berganza.
Prima di iniziare la recensione, una importante avvertenza: i libri di Alice Basso non possono essere letti in pubblico - treni, autobus, sale d'aspetto di medici o anticamere di scuole di danza affollate (specialmente anticamere di scuola di danza affollate di madri, padri e nonne. Date retta a me, fidatevi.) Rischiate di ritrovarvi con gli occhi sgranati di ignari astanti addosso, mentre sogghignate senza ritegno.
(Io la mia pessima figura l'ho fatta nella suddetta anticamera, quando ho letto: Questa poi. Tip e Tap che leccano i piedi a Berganza. Non sono riuscita a trattenermi.)
Detto questo, passiamo alla mia opinione sul romanzo.
Ci sono autori che oramai sono una garanzia, su cui puoi contare ad occhi chiusi. Ed Alice Basso è una di questi. Possiede una naturale scorrevolezza nello stile e nell'uso della lingua italiana che rende la lettura un piacere; la prosa è arguta, curata e intrecciata di ironia e qualche battuta fulminante. Le citazioni letterarie sono un valore aggiunto e sono anch'esse naturali e ben amalgamate con il testo, non arrivano mai a sproposito o "tanto per".
Detto tra noi ho adorato la citazione di Via col vento (e quale sennò!), che dimostra perfettamente come l'autrice non sia mai scontata e mai banale.
[...] come Rossella O'Hara che giura a se stessa che non proverà mai più la fame, è grazie ai cocktail al metanolo bevuti al Quicksand se oggi butto in scotch torbato quei due soldi che Enrico mi sgancia ogni mese.
Vani Sarca è un personaggio ben costruito, frizzante, lontano dalla quotidianità di molti di noi (chi può vantare la sua conoscenza encicplopedica o le sue capacità logiche?) eppure mai distante dal lettore. Vani è, nonostante le sue perculiarità, un personaggio con cui il lettore entra immediatamente in sintonia, e con cui empatizza fin da subito. È evidente che questo è un grande merito della sua creatrice.
La trama mi è piaciuta molto. In teoria, richiamare sulla scena nel ruolo di co-protagonista il prof. Randi, ex fidanzato di Vani e di cui molto si è scritto nei romanzi precedenti, poteva sembrare un azzardo. Insomma, il lettore avrebbe potuto dire: ancora lui?!?
Invece l'intreccio riesce a fondere elementi già noti al lettore (su tutti, la bastardaggine di Riccardo Randi) con fatti nuovi, interessanti e funzionali alla trama. Questo permette di vedere da un punto di vista diverso la personalità di personaggi conosciuti, e di gettare anche nuova luce sul loro modo di essere.
Inoltre la trama è briosa e costruita con intelligenza. Seguirne lo sviluppo è un piacere. Interessantissimo il finale, che ci offre un piccolo ma sorprendente colpo di scena. Per citare un detto di saggezza popolare, il finale chiude una porta ma apre un portone; cosa ci sia oltre questo portone potrà dirlo soltanto il nuovo romanzo della serie, che io aspetto con infinita impazienza.
Voto: 8.
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