lunedì 11 giugno 2018

Il gioco della seduzione...

... di Susan Elizabeth Phillips.
Phoebe Somerville eredita dal padre, forse per un ultimo dispetto, la squadra di football dei Chicago Stars. Phoebe donna bella, appariscente, sopra le righe, entra subito in conflitto con Dan Calebow, il coach della squadra. Sarà vero che gli opposti si attraggono?

Il romance non è proprio il mio genere, ma ogni tanto bisogna pur uscire dalla propria comfort zone e leggere qualcosa di diverso. Dopo aver finito Il gioco della seduzione sono ancora più convinta che il romance non sia il mio genere, ma eviterò di recensire negativamente il romanzo solo perchè questo non è il genere di storie che piacciono in me.

In realtà qualcosa che ho apprezzato in questo romanzo esiste. Infatti la protagonista, Phoebe Somerville, l'ho trovata davvero simpatica, estrosa e divertente. Phoebe è, all'apparenza, una di quelle donne interessate solo agli uomini, che ama vestire sexy e ha come unico scopo quello di civettare; eppure sotto la superficie c'è altro. Phoebe è molto fragile a causa di un trauma irrisolto e di figure genitoriali assenti. La ragazza rielabora a modo suo queste situazioni, costruendosi una corazza da feroce mangiauomini che possa proteggerla dal mondo esterno. Insomma, la filosofia di Phoebe è che la miglior difesa è l'attacco.
Quello che invece non ho apprezzato è che questa caratterizzazione del personaggio si sciolga come neve al sole non appena incrocia Dan Calebow, che è, come si capisce benissimo sin dalle prime righe del romanzo, tutto quello che Phoebe odia, disprezza e teme. Eppure, basta poco, pochissimo (io direi niente) perchè Phoebe si senta attratta da lui. Ma attratta da cosa, esattamente? Io sto ancora qui a chiedermelo.
A pagina 114 della mia versione digitale, la caratterizzazione di Phoebe va allegramente a farsi un giretto, per non ritornare mai più. E sapete perchè? Semplicemente perchè mentre Dan la fissava negli occhi, Phoebe si sentì come se anni di ragnatele ammuffite stessero scivolando via dal suo corpo per diventare umide e rugiadose.  

Psicologi e analisti, scansatevi! Ci sono gli occhi di Dan Calebow a sanare traumi pregressi e ferite ancora aperte!

Dan è macho, rozzo, maschilista e insensibile. Lo vediamo impegnato a cercarsi una compagna non sulla base dei propri sentimenti, ma sulla premessa che lui desidera una mogliettina che stia a casa a preparargli la cena e sfornare bambini. Sul serio. 

In quel momento della sua vita, stava cercando esattamente una donna sporca di farina, che faceva i biscotti e sfornava bambini. [...]
Era sul punto di voltare pagina. Niente più donne in carriera, niente più fichette alla moda, nessuna bomba sexy. Stava cercando una donna semplice, una alla quale sarebbe piaciuto farsi scompigliare i capelli da un bambino, una donna la cui idea di alta moda fossero un paio di jeans e una delle sue vecchie magliette, un tipo ordinario che passasse inosservata e non facesse perdere la testa agli uomini.

In pratica sta cercando una tata che sia brava in cucina, ma lui preferisce chiamarla moglie. 
Nel frattempo, però, c'è il sesso fatto con quell'altro tipo di donne, le poco di buono, perchè chiaramente, secondo lui, se una donna è disinibita e ama il sesso è una brutta persona. Benvenuti  negli anni cinquant... ah no, un attimo, il romanzo è ambientato negli anni '90. Ok, sono passati quasi trent'anni, ma la visione che Dan ha a della donna, del matrimonio e della società mi fa accapponare la pelle. 

Phoebe non si rendeva conto che quella era la Contea di DuPage? Le donne lì non si vestivano in quel modo, buon dio. Andavano in chiesa e votavano per i repubblicani, proprio come gli dicevano di fare i loro mariti.

Figuratevi che  avevo cominciato a sottolineare tutte le frasi sessiste che lui pronuncia, ma poi ho dovuto smettere perchè comunque avrei fatto prima a sottolineare quelle non sessiste. Se ne avessi trovato qualcuna.
Esempi? Ne posso fare diversi.
Ho trovato irritantissimo il continuo uso del termine "femminuccia" usato come insulto. 
La continua, svilente puntualizzazione che quando parla con Phoebe, Dan le guarda il senso, o le gambe, o il sedere.
Oppure le ripetute precisazioni su cosa una donna per bene debba o non debba indossare, su cosa debba o non debba fare, dire, pensare.

Fatte queste considerazioni, ben si capisce perchè non abbia provato alcun trasporto romantico per il protagonista maschile, e di conseguenza, nessuna empatia per la possibile coppia Phoebe/Dan.

Il romanzo è un lungo tira e molla tra i due, le cui dinamiche, ripeto, restano per me incomprensibili.
Il finale è piuttosto melenso e scontato.

Voto: 4 e 1/2

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