martedì 8 marzo 2016

Vipera...

...di Maurizio De Giovanni.
 
Fra la Questura e il Paradiso c'era qualche centinaio di metri, il pezzo finale di via Toledo e un tratto di via Chiaia. Ma l'ora era difficile: molta gente sui marciapiedi, i negozi aperti e l'aria dolce del primo pomeriggio di primavera a invogliare una passeggiata. Ricciardi e Maione avanzano a fatica nella folla, cercando di non perdere di vista la vecchia che li precedeva muovendosi sulle gambe storte con sorprendente agilità, seguiti dalle guardie Cesarano e Camarda che continuavano a scambiarsi occhiate complici. Avevano cominciato da quando Maione gli aveva comunicato l'indirizzo e non avevano più smesso.Ricciardi non si fidava della primavera. Non c'era di peggio dell'aria dolce, del profumo del bosco o di mare che il veto soffiava da Capodimonte o dal porto, delle finestre che si aprivano. Dopo l'inverno dei silenzi, delle vie gelide battute dalla tramontana, dei geloni e della pioggia fredda, le passioni hanno accumulato tanta di quell'energia distruttiva che non aspettano altro per eruttare il loro disordine.
 
Napoli, primavera del 1932. Il commissario Ricciardi e il fido brigadiere Maione vengono chiamati ad indagare sulla morte di una prostituta famosa, uccisa nella casa di tolleranza dove lavorava, il Paradiso. Maria Rosaria Cennamo, in arte Vipera, era la più quotata delle donne che lavoravano in quella casa. I sospettati sono molti: una collega gelosa, un vecchio cliente innamorato, un ex fidanzato tornato da Vipera con una richiesta di matrimonio, o forse qualcuno la cui presenza non è stata ancora rilevata.
Come sempre, il commissario vede l'ombra di Vipera ripetere incessantemente una frase dal significato oscuro, che sembra più intralciare le indagini che gettare luce sul mistero.
Intanto, durante il funerale di Vipera, il dott. Modo, amico del commissario, ha un alterco con un fascista in camicia nera, e il giorno dopo sparisce. Toccherà a Ricciardi scoprire cosa gli è accaduto, e salvarlo da un triste destino, con il provvidenziale quanto indispensabile aiuto di Livia, vedova Vezzi, ancora innamorata del commissario.
 
Dopo Giorno dei morti, eccomi a recensire un altro volume della serie del Commissario Ricciardi. Se Giorno dei morti rimane il mio preferito, Vipera per ora si colloca in fondo alla mia personale classifica di gradimento.
Le motivazioni sono diverse.
In primo luogo, non ho apprezzato la netta separazione tra le vicende personali del Commissario e l'indagine.
Nei precedenti volumi, c'era una amalgama perfetta tra i due aspetti, e anzi le vicende personali suggerivano a Ricciardi come completare l'indagine, e viceversa, qualche particolare dell'indagine aiutava il commissario a districarsi nella propria tormentata vita privata.
Qui invece mi sembra che tale equilibrio sia venuto meno, e che De Giovanni abbai preferito colpire nel vivo il commissario, lasciando l'indagine in ombra.
Certo, Ricciardi ha ancora a che fare con i suoi tormenti, ma sembra distratto, stanco, e con meno profondità di pensiero del solito.
Anche la Napoli che si prepara alla Pasqua, teatro della vicenda, sembra meno vera e più cartolina rispetto ai romanzi precedenti.
 
In secondo luogo, ritorna prepotentemente alla ribalta in questo romanzo Livia, vedova Vezzi, innamorata del nostro commissario, e non proprio in cima alla mie preferenze come personaggio letterario.
In questo romanzo il personaggio di Livia evolve ma non in senso positivo. Da donna forte, mondana ma non superficiale, capace di sopravvivere alla morte di un figlio, ad un marito distratto e crudele e al suo successivo omicidio, si trasforma in una donna sfatta, distrutta dall'amore non ricambiato di un uomo - il commissario - che in fondo conosce appena.
Quindi il fatto che io faccia smaccatamente il tifo per Enrica, l'amore platonico del commissario, non è l'unica ragione per cui non ho gradito l'ampia parte avuta da Livia nel romanzo.
 
Eppure il romanzo riveste nella serie dedicata a Ricciardi un'importanza cruciale. Esso segna un punto di svolta, è uno snodo fondamentale, e come tale deve essere assolutamente letto. Molti nodi vengono al pettine, e la storia personale del commissario dagli occhi verdi fa un balzo... in avanti? Indietro? Non sono ancora in grado di dirlo.
 
Resta la maestria e la bravura di De Giovanni, che con una scrittura lineare, semplice ma non per questo banale, ci lascia la fame addosso, la voglia di sapere cosa ne sarà nel prossimo romanzo dei protagonisti, e l'amore per dei personaggi che si ergono vivi  e vitali oltre le pagine stampate.
Del resto, la fame e l'amore, ci ha insegnato Ricciardi, muovono le azioni degli uomini... e anche quelle di noi appassionati lettori.
 
Voto: 6

3 commenti:

  1. Allora vorrà dire che con le letture mi fermerò al volume precedente ;-)
    Ma quando mai troverò il tempo? Più leggo recensioni e più la mia lista infinita si allunga.
    Scrivi qualche stroncatura!!!!!
    ciao da lea

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  2. Ho stroncato "Sono il numero quattro" qualche settimana fa. Per non perdere l'abitudine!!

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