venerdì 4 novembre 2022

La settima luna...

 ...di Piergiorgio Pulixi.

Il vicequestore Vito Strega sta festeggiando in uno splendido hotel nel Supramonte, in Sardegna, la risoluzione di un difficile caso. Con lui c'è la sua squadra, composta dagli ispettori Eva Croce, Mara Rais e Bepi Pavan.

La meritata vacanza viene interrotta da una telefonata della questura di Pavia. In una zona paludosa del Parco del Ticino, nei pressi di Garlasco, è stato ritrovato il cadavere di una ragazza nuda, legata ed inginocchiata, con indossa una maschera bovina. La scena del crimine ricorda molto da vicino un vecchio caso risolto da Vito Strega, e nessuno meglio di lui e della sua squadra lo conosce. C'è un emulatore in libertà? O qualcuno sta cercando di attirare l'attenzione del vicequestore e dei suoi? 

Cominciamo questa recensione con un bel disclaimer: questo romanzo è il quarto di una serie, ma io ne ho affrontato la lettura senza leggere i precedenti. So benissimo che non si dovrebbe fare, ma io l'ho fatto perchè sono una figlia del demonio perchè mi è capitata la possibilità di prenderlo in prestito da un'amica, ed ero curiosa di leggere qualcosa di questo autore. Dunque qualcuno dei rilievi che farò potrebbe essere dettato dal fatto che sono piombata su questa serie noir partendo dalla fine.

Vito Strega e la sua affiatatissima squadra non si sono ancora ripresi dalla risoluzione del caso precedente, quello di un serial killer noto come il Dentista (e onestamente non voglio sapere il perchè di questo soprannome), quando sono chiamati in soccorso della questura di Pavia, per indagare su un caso che inizialmente pareva essere una "banale" scomparsa, ma che purtroppo si rivela un efferato omicidio, con dettagli rituali che ricordano qualcosa di cui Strega si è già occupato anni prima.

Teresa Polello, ragazza modello, amata da tutti, bella, intelligente, buona, salutava sempre, scompare nel nulla per diversi giorni, fino al ritrovamento del suo cadavere, che trasforma le ricerche di una persona scomparsa in una delicata indagine per omicidio, indagine condotta col timore che si tratti dell'opera di una serial killer che potrebbe colpire ancora.

La prima cosa che mi ha lasciata perplessa è stato il fatto che l'indagine vera e proprio inizia verso la metà del romanzo. Prima, ci sono circa 200 pagine in cui Strega e i suoi si danno (metaforicamente parlando) grosse pacche sulle spalle complimentandosi per la brillante risoluzione del caso del Dentista (e dopo la ventesima volta che mi si ricorda che il caso è stato brillantemente risolto, ecco, credo di aver capito, grazie per la premura, comunque) mentre nei dintorni di Garlasco polizia e volontari cercano senza sosta una donna scomparsa e sospettano un allontanamento volontario. 

Questo dilatarsi del prologo del romanzo non mi ha colpita favorevolmente, e mi ha anche un po' annoiata. Certo, magari ha aiutatato a conoscere meglio i personaggi, ma arrivati al quarto volume di una serie, c'è davvero bisogno di un così corposo numero di pagine per riprendere le fila delle vicende di Strega & co.?

I personaggi poi, sono un altro punto che mi ha lasciato perplessa. Ho trovato fastidiosissima la tendenza degli stessi a fare commenti e battute sull'aspetto fisico e sul peso di chiunque, soprattutto colleghi, anche conosciuti da poco. Capisco il clima goliardico e cameratesco creatosi tra i membri della squadra, ma a parer mio la tendenza è esagerata, e il troppo stroppia. Allo stesso tempo, oltre a queste continue battutine sul peso di Bepi Pavan, o sul peso di chiunque, o sull'altezza di una collega appena conosciuta, o addirittura sui problemi neurologici di un agente ferito in servizio, mi sembra che i personaggi siano caratterizzati poco o nulla, tratteggiati più attraverso clichè che attraverso un vero approfondimento. La diversa provenienza geografica dei membri della squadra sottolineata inserendo frasi in dialetto ne è un esempio. Non solo non basta a rendere originale, unico, riconoscibile un personaggio, ma è anche una abusata scorciatoia per tratteggiare un personaggio, a parer mio.

Un dettaglio poi verso la fine del romanzo ha rafforzato la mia idea che i personaggi siano scarsamente approfonditi e "curati", per così dire: durante una scena d'azione un agente che collabora con Strega viene ferito in modo serio (e abbastanza raccapriciante); subito dopo la risoluzione del conflitto, di questo agente perdiamo le tracce, Strega abbraccia i suoi sollevato per lo scampato pericolo, lui e le ispettrici ricominciano a darsi (metaforicamente parlando) grosse pacche sulle spalle per aver superato una situazione difficile, e nessuno che spenda una parola per chiedersi come sta X (non faccio il nome per non fare spoiler). Non sappiamo neanche se X sia vivo o morto, o sia stato almeno caricato su di un'ambulanza. Ma per carità, l'importante è che Pulixi si premuri di farci sapere che Vito Strega considera i suoi collaboratori come la sua famiglia.

Lo svolgimento della trama, nella seconda metà del romanzo, è moderatamente interessante; diverse false piste vengono indagate, poi abbandonate, poi riprese, il che rende l'impianto narrativo credibile e anche sufficientemente movimentato. Il finale non è scontato ma allo stesso tempo, chiuso il volume, non sono riuscita a togliermi di dosso quella sensazione di "già letto, già visto". 

Voto: 6-

 

mercoledì 5 ottobre 2022

Io ti ho trovato...

... di Lisa Jewell.

Alice Lake vive in un piccola cottage sulla costa dello Yorkshire con i suoi tre figli, due cani e tanti problemi. Un giorno vede un uomo seduto sulla sabbia, sotto la pioggia, e senza pensarci troppo, lo avvicina e, quando scopre che l'uomo non ricorda neanche il suo nome, decide di offrirgli aiuto e un riparo.

In quello stesso villaggio, vent'anni prima, una tragedia senza colpevoli e senza risposte aveva coinvolto tre adolescenti.

Quella stessa sera, a Londra, una donna denuncia la scomparsa del marito, Carl Monrose.

Tre storie all'apparenza distanti, ma che hanno qualcosa che le lega, un segreto ben custodito, in grando di mettere in pericolo la vita di Alice e della sua famiglia.

Lisa Jewell è l'autrice di Ellie all'improvviso , un thriller psicologico molto ben costruito. Con Io ti ho trovato, Jewell si conferma una abilissima narratrice, non delude le aspettative e ci regala un altro thriller ben scritto, lucido, solido, razionale, dove le motivazioni dei personaggi sono credibili e la loro psicologia ben approfondita e descritta.

La trama si sviluppa su tre livelli, due nel presente e uno nel passato; tutti e tre hanno pari peso narrativo, alternandosi con regolarità e costruendo con inesoarabile lentezza un'atmosfera di dramma incombente che spinge il lettore a leggere ancora una pagina, o due...o dieci.

I protagonisti sono Alice, donna dalla vita complicata, pochi soldi, tre figli da tre uomini diversi, che però non ha ancora persona la fiducia nel genere umano, ed è disposta ad aprire la sua casa ad  uno sconosciuto semplicemente perchèlo vede disperato. Non le importano le chiacchiere velenose degli abitanti del villaggio. Alice fa quello che ritiene giusto, e nonostante le sue fragilità e il disordine enlla sua vita è un bell'esempio di donna forte

Lyly Monrose probabilmente è l'opposto di Alice; all'apparenza ha una vita perfetta, agiata ed appagante. Ma quando è costretta a cercare suo marito Carl, uomo perfetto, compagno devoto e innamorato, il quale una sera non è rientrato dal lavoro e sembra semplicemente svanito nel nulla, si ritrova a mettere in discussione ogni cosa. La polizia guarda Lily con sufficienza, convinta che l'uomo l'abbia semplicemente lasciata e abbia fatto perdere le sue tracce, ma continuando a scavare nella vita di suo marito, la donna trova parecchie cose che non quadrano.

Infine, negli anni 90, una famiglia tranquilla e felice è in vacanza nello Yorkshire. Gray e Kristie, i due figli adolescenti, fanno quello che tutti gli adolescenti del mondo fanno: stringono amicizie, si innamorano, vanno alle feste e non ascoltano i loro genitori, ma purtroppo sulla loro strada incontreranno una persona di cui non avrebbero dovuto fidarsi.

La trama non appare, fin da subito, troppo complicata; allo stesso tempo però non è facile individuare quali pieghe prenderà la storia. Il lettore più navigato, ovviamente, immaginerà subito che i tre livelli narrativi sono in qualche modo destinati ad intrecciarsi, ma il modo in cui lo faranno rimane in bilico fino alle ultime pagine.

L'autrice non ha bisogno di sensazionali colpi di scena per tenere avvinto il lettore; ci riesce benissimo con la solidità e la semplicità della storia che racconta. Ci riesce con la tranquillità con cui descrive i personaggi mentre intorno a loro le nubi si addensano, creando una empatia col lettore che conferisce una forte fascino al suo romanzo.

Non ci sono alti e bassi in questo romanzo, ma una trama misteriosa che aggiunge un dettaglio ad ogni capitolo, che procede senza scossoni ma riesce perfettamente nell'intento di inquietare il lettore, trascinandolo all'interno di storie all'apparenza ordinarie, che proprio per la loro banalità risultano ancora più spaventose ed inquietanti.

L'ho già detto che le atmosfere di Jewell mi inquietano non poco? E che le sue trame sono inquietanti? Alla definizione di inquetante, sul dizionario, ci starebbe bene la copertina di uno dei suoi romanzi.

Unico difetto rilevato, come avevo scritto già per il precedente romanzo, è che il finale, seppur non scontato, non offre mirabolanti colpi di scena di quelli che ti fanno dire: "non ci sarei mai arrivato". Per alcuni lettori, secondo me, questo potrebbe essere un problema; io trovo invece che sia un po' la cifra stilistica di questa autrice, che per mostrarci il volto del Male non ha bisogno di sangue a profusione, colpi di scena inimmaginabili o alti clichè del genere.

Voto: 7 e 1/2

martedì 6 settembre 2022

I segreti di Sunnylakes...

 ...di Inga Vesper.

In un caldo pomeriggio dell'estate del 1959, Ruby, domestica a ore presso le ricche famiglia bianche di Sunnylakes, arriva a casa degli Haney e si accorge che qualcosa non va. Una delle bambine degli Haney è da sola in giardino, spaurita, l'altra piange nella sua culla e della loro mamma non c'è traccia. In cucina, una macchia di sangue sul pavimento indica che qualcosa di brutto è successo. La polizia dapprima arresta Ruby, poi la rilascia a malincuore: una domestica nera sarebbe un colpevole facile e comodo da sbattere in cella. Nonostante la forte diffidenza, Ruby decide di collaborare col detective Blanke per capire cosa sia successo a Joyce Haney, una donna dolce ed infelice, che considerava Ruby un'amica, e non una semplice domestica.
 
Benvenuti nella ridente provincia americana e soprattutto benvenuti nel 1959! È lì che questo libro ci fa volare, ricreando con accuretezza l'atmosfera e i luoghi di quell'epoca.
 
 Tutto ruota intorno alla domanda: che fine ha fatto Joyce? È stata rapita? Uccisa? Può una donna dalla vita perfetta essersi allontanata volontariamente? Ma la vita di Joyce, tutto sommato, è davvero così perfetta? E cosa si nasconde dietro l'enorme ipocrisia delle famiglia alto borghesi di Sunnylakes? 
 
Ruby, la domestica afro-americana scopre le tracce di un delitto in casa della ricca famiglia bianca per cui lavora, e naturalmente si trova invischiata e viene trattata come la sospettata numero uno, benchè non avesse avuto nè movente nè opportunità. 

Fin da subito i capitoli narrati dal punto di vista di Ruby si fanno soffocanti, quasi claustrofobici intorno a lei. La ragazza è combattuta tra il desiderio di sapere cosa è successo a Joyce, e di aiutarla se ancora viva, e il semplice istinto di autoconservazione.
Nella perfetta e idilliaca provincia americana, niente è semplice per una persona afro-americana, neanche scegliere di fare la cosa giusta.
Il tema della scelta è molto presente nel romanzo, anzi, oserei dire che tutto ruota intorno ad esso. È davvero possibile scegliere il corso della nostra vita, a dispetto dei ruoli imposti dalla società e degli ostacoli che il destino ci mette davanti?
La risposta appare scontata per Ruby, che nonostante i suoi sforzi, sembra non avere altra scelta che quella di percoerrere la triste via di fatica e mortificazioni che la vita le indica; ma non è facile neanche per Joyce, che, nonostante la sua vita apparentemente perfetta, è profondamente infelice.
Ovviamente le due situazioni non sono paragonabili, in quanto Ruby è apppressa da un sistema che la qualifica, se non formalmente, sostanzialmente, come cittadino di categoria inferiore.

Il romanzo è narrato da diversi punti di vista. Oltre a quello di Ruby, già citato, ci sono quello del detective Blanke e della stessa Joyce. Questa scelta stilistica, sebbene non nuova, si è rivelata interessante. Le voci sono ben costruite, coerenti e ben differenziate tra di loro. Riescono a illuminare ciascuna un aspetto diverso della vicenda: cruda, realistica e movimentata quella del detective; sognante e riflessiva quella di Joyce. Quella di Ruby, come già accennato, è la più interessante a parer mio, perchè riesce felicemente ad unire lo sviluppo della trama gialla con alcune spunti di critica sociale.

I segreti di Sunnylakes, infatti, è un romanzo che riesce nel non facile compito di unire una vena dii critica e riflessione ad una buona trama gialla. La trama, dopo qualche incertezza inziale, scorre fluida e appassiona il lettore. Gli spunti di riflessione sono particolarmente ben integrati nella narrazione e non la appesantiscono. 
Il risultato è un romanzo coinvolgente, che presenta al lettore un'epoca diversa (ma neanche troppo lontana, purtroppo), gliela fa conoscere e al contempo gli narra una storia, triste, delicata, malinconica. L'ultimo capito narrato dal punto di vista di Joyce è decisamente stuggente.

Unico difetto del romanzo, un finale un po' sfilacciato e che la tira per le lunghe, con scene non descritte proprio chiaramente (onestamente io sto qui a chiedermi come X possa essere seduto in macchina con Y, avere una pistola e tenerla in mano facendo credere a chi guarda da fuori che sia Y a tenere la pistola... e vorrei sapere anche l'utilità di avere un pistola e puntarsela addosso da soli...).

Voto:7