mercoledì 20 febbraio 2019

La coda del diavolo...

 di Maurizio Maggi.


La notte che il mostro arrivò da noi ci colse impreparati. Aveva rapito una ragazzina seviziandola per mesi e, quando lei era riuscita a scappare, l’aveva rincorsa per la strada e uccisa con un colpo alla nuca a due passi da una pattuglia. Non diedi io l’allarme, ma qualcuno lo fece. Le cattive notizie sono sempre le più veloci e in pochi minuti tutti furono svegli. Non c’era uno solo di noi, guardie o detenuti, che non avrebbe ammazzato il mostro, e anche gratis.

Una ragazzina è tenuta prigioniera da un uomo. Riesce a fuggire, ma l'uomo la raggiunge e le spara a sangue freddo. Catturato, il mostro finisce in carcere, in attesa di giudizio. Tra le guardie carcerarie che lo sorvegliano c'è Sante Moras, uomo tormentato con un passato difficile alle spalle e un segreto mai confessato.
Un ambiguo avvocato lo avvicina gli propone, in cambio di molti soldi, di fare giustizia e uccidere il mostro. Sante esita, dubita, si tormenta ma non agisce. Eppure il giorno dopo l'uomo è morto, e Sante, rienuto colpevole, comincia una fuga che lo porterà a scoprire una trama molto più grande e inquietante di quanto avesse sospettato.

Ho conosciuto questo libro attraverso una garbatissima e stimolante mail di presentazione dell'autore, che mi ha messo davvero la voglia di leggere il suo romanzo. E prima di iniziare la recensione devo ringraziare Maurizo Maggi due volte: per aver scritto un gran bel romanzo e per avermelo fatto conoscere.

La coda del diavolo infatti, mi è piaciuto molto. Questo romanzo mescola con naturalezza il thriller con il romanzo d'azione, riuscendo a darci il meglio di entrambi i generi. Del thriller abbiamo l'approfondimento psicologico dei personaggi, la suspense, il mistero e anche quel senso di claustrofobia dei migliori romanzi del genere; delle storie d'azione abbiamo il ritmo serrato e la trama vivace, ricca di avvenimenti e di qualche colpo di scena. 
La trama è articolata e ben congegnata; non disdegna dei cambi di rotta inaspettati che disorientano il lettore e lo spingono a leggere per cercare spiegazioni e risposte. Anche gli scenari mutano velocemente - dal carcere, alla natura selvaggia, alla città, al mare, senza che una sensazione di urgenza e di oppressione ci abbandoni.
Dicevo prima del senso di claustrofobia. È la prima cosa che mi ha colpito del romanzo. I primi capitoli sono ambientati in un carcere in Sardegna, e la descrizione della routine carceraria è talmente vivida e ben narrata che si sentono le pareti della prigione chiudersi su di noi. Bellissimo, a parer mio, il contrasto tra la struttura opprimente del carcere e la natura libera e selvaggia della costa sarda.

La cosa migliore del romanzo è la capacità di trascinare il lettore dentro la storia. Merito senza dubbio di uno stile curatissimo, ricco di dettagli ma che non risulta mai pesante, ma che al contrario si mantiene scorrevole e avvolgente.
Ma merito anche del protagonista e voce narrante, Sante Moras, i cui dubbi etici sulla giustizia, sulla colpa e sull'espiazione sono esposti con una tale linearità e lucidità da far diventare i suoi dilemmi nostri.

C’era stato un tempo in cui avevo creduto che affermare la giustizia fosse un modo per riportare l’armonia nel mondo, un atto necessario per renderlo più bello. Ma c’era ancora spazio per la bellezza? Il ricordo ancora vivo del cadavere di un’adolescente dalla pelle bianca come il latte mi diceva che non ce n’era, che le nostre vite mediocri erano tutto ciò che avevamo e ciò per cui eravamo venuti al mondo, che non c’era altro.
Ma mi bastava pensare a quella voce, mi bastava alzare lo sguardo a quel cielo buio come catrame che solo certe notti di Sardegna conoscono, perché milioni di stelle brillanti come piccole pietre incandescenti mi suggerissero il contrario.

Sante è un personaggio solido e ben costruito e nonostante alcuni elementi possano far pensare ai soliti clichè (passato militare da duro, e segreto che pesa sulla coscienza) è elaborato in maniera credibile e non risulta mai piatto nè dà mai quell'impressione fastidiosissima in un romanzo del già visto, già letto.
Risulta evidente una accurata ricerca per quanto riguarda i dettagli di tattica, equipaggiamento e in generale dell'ambiente militare e di quello carcerio, ricerca che rende l'ambientazione e l'intero romanzo molto realistici e credibili.

Un romanzo forse poco conosciuto ma che porta una ventata di originalità in un genere che a volte tende ad appiattirsi troppo su se stesso e su formule già collaudate; un romanzo scritto benissimo, curato, in una lingua semplice eppure precisa. Ogni parola ha il suo posto, ogni dettaglio il suo perchè. Una trama articolata, coinvolgente, veloce e scorrevole che riesce a tenere desto l'interesse del lettore dall'inizio alla fine.
Ecco, queste sono tutte le ragioni che fanno de La coda del diavolo un libro consigliatissimo.

Voto: 7 e 1/2

Se siete curiosi e volete dare un'occhiata allo stile e alla capacità narrativa di Maurizio Maggi, potete leggere gratuitamente un racconto, Cartoline da N'Djamena, ambientato circa dieci anni prima di questa romanzo, con protagonista Sante Moras. Cliccate qui.

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