giovedì 16 ottobre 2008

L'albergo delle donne tristi...

...di Marcela Serrano.

"Noi donne non siamo come l'economia di mercato o i regimi totalitari, non ci possono cambiare, nè sostituire, nè azzerare. Il nostro è un processo irreversibile, ecco perchè siamo la vera rivoluzione."

Floreana è ingenua, romantica, fa quasi tenerezza. Un personaggio da amare, almeno nella premesse iniziali. Come invitante è l'idea di un albergo speciale, popolato da sole donne, dove ci si possa ritirarsi e leccarsi le feriti, riscoprire le proprie necessità, anche emotive, e scrutare dentro se stesse. Una bella presa di coscienza per il genere femminile, come sembra anche testimoniare la frase estratta dal romanzo, pronunciata da Elena, che apre questo commento.
Ma purtroppo poi questa belle premesse sono completamente disattese.
Dopo tutte queste belle parole sul genere femminile, sulla sua unicità, la sua lotta per trovare un posto nel mondo moderno, ci rendiamo conto che le donne dell'Albergo non fanno altro che parlare di uomini, anzi, sembra che si siano ritirate nel mezzo del nulla solo per parlare di uomini senza essere disturbate, la qual cosa mi sembra un tantinello riduttiva.
Ma poi, è possibile che tutti i problemi delle donne derivino esclusivamente dagli uomini?
E' un messaggio, che pervade tutto il romanzo, che non ha alcun senso, ed è superficiale e assai riduttivo della complessità dei rapporti tra uomo e donna.

Prendiamo Floreana.
Quello che non si riesce a capire è come una donna che viene da una tragedia molto molto grande, possa invece struggersi per una breve storia con un uomo sposato e dimenticare per interi capitoli il dolore per una perdita straziante. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso? Forse.
Ma allora non si spiega come mai Floreana viene a patti con la tragedia che l'ha colpita solo quando trova un altro uomo a cui aggrapparsi.
Gli uomini poi...nel romanzo sono dipinti come tutti mascalzoni, o nel migliore dei casi, vigliacchi che hanno paure delle donne emancipate.
Stendo un velo pietoso sul protagonista maschile della storia: un uomo dal cuore infranto, con una storia costruita apposta per suscitare la tenerezza delle lettrici, ma talmente assurda e catostrofica, che ottiene l'effetto contrario.
Sembra che il romanzo proceda senza una trama, per stereotipi; i personaggi non si evolvono, non si confrontano.
Non si raccontano e non ci raccontano niente. Buttano lì pezzetti delle proprie vite in maniera frettolosa, perchè hanno altro da fare (e cioè psicanalizzarsi a vicenda, in maniera molto superficiale).
Non ci sono nemmeno veri dialoghi (intendendo il dialogo come scambio di opinioni, notizie o altro che aggiunga qualcosa alla trama): sembra che i personaggi facciano a gara a sfornare lapidarie pillole di saggezza (molte delle quali assai scontate).

Decisamente questo romanzo non possiede la forza psicologica e narrativa di Arrivederci, piccole donne, e mi sento di sconsigliarlo vivamente.

3 commenti:

  1. mi piace molto questa nuova versione del tuo blog, il bianco rilassa e dona luce...
    roberta

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  2. Ciao Lisse!
    Qualche anno fa ho provato a leggere questo libro, ma sono arrivata solo a metà e faticosamente. Concordo in pieno con il tuo giudizio!
    un abbraccio!
    Lucy

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  3. lissucciaaaa come va? spero tutto bene, mi sembra di non averti letta nel nostro mitico forum MAM. verrai al meeting di novembre vero?
    baci baci

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