lunedì 2 gennaio 2017

La maledizione di casa Foskett. I detective di Gower Street...

... di M. R. C. Kasasian.



La scheda del libro sul sito della casa editrice Newton & Compton

Il nostro caro Sidney disedegna il mondo e il mondo ricambia il favore.

Londra, 1882. Gli affari del detective privato (o meglio, personale, come ama dire lui stesso) Sidney Grice vanno male. L'ultima persona che lo aveva assoldato è finita sul patibolo. Poco importa se la persona in questione fosse colpevole; l'opinione pubblica non l'ha presa bene e la reputazione di Grice è a pezzi.
Un giorno si presenta nel suo studio un uomo che vorrebbe che Sidney Grice facesse da garante per la Last Death Society, una specie di società in cui l'ultimo dei soci che sopravvive eredita il patrimonio di tutti gli altri. Purtroppo l'uomo muore avvelenato mentre beve il tè nel salotto della casadi Gower Street. Sidney Grice e la sua protetta March Middleton indagano. 

Questo secondo volume delle avventure dei detective di Gower Street contiene tutti gli elementi che mi hanno fatto apprezzare il precedente. C'è una solida ambientazione vittoriana, dialoghi brillanti, deduzioni logiche e sorprendenti allo stesso tempo, ed un caso intricatissimo da risolvere.

Ecco, partiamo proprio dal caso da risolvere. Alcuni eccentrici milionari londinesi hanno messo su una società dallo scopo alquanto macabro: sopravvivere al resto dei membri. Poichè uno di loro è già morto, essi chiedono a Sidney Grice di farsi garante del corretto andamento della... ehm... vita societaria, e di indagare in caso di morti sospette. La prima morte sospetta però accade proprio nel salotto di Grice, quando Horatio Green, membro della società, viene a chiedere l'aiuto del detective e muore avvelenato bevendo una tazza di tè.
L'indagine si complica quando Grice scopre che fa parte della società anche la baronessa Foskett, membro di una cosa che si dice sia maledetta, a causa della lunga serie di morti tragiche e inquietanti che ne hanno funestato la storia.
La trama è molto complicata e involuta, molti sospetti, molte morti, molti particolari non adatti a stomaci deboli.
Forse la trama è un po' "troppo" in tutto, e seguirla non è stato facile. In realtà questo non mi ha disturbato eccesivamente, perchè mi è sembrato di cogliere una certa atmosfera da Penny Dreadful (i racconti, non la serie tv) in questa ben costruita girandola di situazioni, pericoli, assassini, maledizioni, case decadenti e polverose.
Quest'ambientazione particolarmente cupa viene allegerita dalla personalità eccentrica dei due personaggi.Sidney Grice e March Middleton sono due protagonisti brillanti che si completano l'un l'altro. I loro scambi di battute sono vivaci e acuti. Sono la parte migliore del libro.

"Non serve a niente introfularsi a un ballo prima che l'orchestra abbia cominciato a suonare"
"Il giorno in cui sono arrivata a Gower Street mi avete detto che non amate le metafore", gli ricordai.
"Ed è così". Bevve le ultime gocce dalla tazza.
"Ma le trovo comunque un utile sistema per comunicare con coloro che sono intellettualmente meno dotati di me".
"Cioè il resto del mondo".
"Sarebbe immodesto da parte mia replicare". 

Grice non è esattamente un mostro di simpatia ma non si può fare a meno di seguirlo affascinati. Ho letto in varie recensioni che molti lettori lamentano una somiglianza tra Sidney Grice e Sherlock Holmes; in parte questo è vero, essendo una sterminata conoscenza e una ferrea logica deduttiva alla base del metodo di entrambi; ma c'è una differenza fondamentale che l'autore ha saputo rendere splendidamente nel creare il proprio personaggio: Holmes basa la propria sicurezza sulla consapevolezza della sua intelligenzza; Grice basa la propria, invece, anche sul disprezzo per gli altri esseri umani. Lui non è solo convinto di essere intelligente, lui è altresì convinto che gli altri intorno a lui siano poco più che trogloditi che sguazzano nel fango. Simpatico, vero? Ma comunque efficace.

In sintesi: un bel giallo vittoriano, appesantito da qualche involuzione di troppo nella trama, anche se scritto in maniera brillante e vivace. Ottimi i protagonisti, curata l'ambientazione. Voto: 7







lunedì 26 dicembre 2016

La donna delle rose...

...di Charlotte Link.



La scheda del libro sula sito della casa editrice TEA

Beatrice ed Helene sono due anziane signore che vivono in una grande casa circondata da un roseto sull'Isola di Guernsey, un'isola britannica davanti alle coste della Francia. Un giorno una giovane donna tedesca, Franca, che soffre di violente crisi di panico, prende in affitto una camera in casa loro.
Franca rimane affascinata dall'apprendere che Helene e Beatrice vivono insieme dai tempi della seconda guerra mondiale, quando Helene era arrivata come moglie di un ufficiale delle truppe naziste di occupazione, ed era rimasta lì anche dopo la fine del conflitto.
Beatrice aveva ripreso le redini della sua vita dopo la guerra e aveva cominciato ad occuparsi del roseto dei suoi genitori, pur controvoglia, pur non amando le rose e ne aveva fatto una fiorente attività. Allo stesso modo si era dovuta occupare di Helene.
Anche dopo la sua partenza, Franca rimane in contatto con Beatrice, riuscendo a poco a poco a svelare la storia del rapporto che ha legato le due donne per settant'anni.
 
Come già il precedente La casa delle sorelle, anche questo romanzo si svolge su due piani temporali, il presente e il periodo della Seconda Guerra Mondiale. In questo caso però le vicende attuali hanno uno spazio più ampi rispetto a quelle che si svolgono nel passato.
Il legame tra Beatrice ed Helene è quanto mai ambiguo. Appare subito chiaro che Beatrice tollera a stento Helene, cosa di cui è difficile meravigliarsi visto che Helene con il marito ha requisito la casa di Beatrice, separata dai genitori durante una drammatica e caotica evacuazione dell'isola, si è installata lì e col marito ha preso a comportarsi come la padrona di casa, e come se Beatrice le appartenesse. Il dipanarsi della storia approfondirà le ragioni di questo legame e soprattutto la psicologia dei personaggi che resteranno legati l'una all'altra nonostante tutto.
Il rapporto tra le due sembra una sorta di simbiosi malata. Dopo la caduta de Terzo Reich Helene si trova tagliata fuori dalla ritirata delle truppe tedesche, timorosa di tornare in Germania, e si aggrappa alla giovane Beatrice costringendola, di fatto, con la sua debolezza a prendersi cura di lei. Beatrice tenterà di recidere  quel legame ma mai in maniera netta.
 
Parallelamente al rapporto Beatrice-Helene, il romanzo descrive altri legami ambigui o comunque non proprio sani; quello di Franca col marito (l'approfondimento del quale ho trovato di una straordinaria sottigliezza, sia per quel che riguarda il come è narrato, sia per quel che riguarda il cosa) e quello di Alan, figlio di Beatrice, con la giovane Maja, ragazza che usa il sesso come un'arma contro tutto e tutti.
 
La storia, per quanto curata e interessante, ha un difetto. Ha un ritmo molto, molto lento, e i lunghi intervalli tra i capitoli dedicati al passato non aiutano a creare quell'atmosfera pervasa da "ansia di sapere" che invece si trovava nell'altro romanzo della Link già citato.
Soltanto verso la fine gli intrecci cominciano a mostrare di essere molto più legati ed omogenei di quanto avremmo creduto, e la storia acquista organicità e un nuovo picco di interesse, anche grazie ad un paio di avvenimenti e colpi di scena ben piazzati.
 
Notevole, come sempre, lo sforzo dell'autrice di portare alla luce episodi meno noti della storiografia; in questo caso si tratta dell'occupazione delle Isole Normanne durante la Seconda Guerra Mondiale. Le truppe tedesche di occupazione arrivarono fiere e forti degli innumerevoli successi militari nel 1940; quando il Terzo Reich cominciò a crollare furono abbandonate a se stesse, così come furono in un certo senso abbandonati i cittadini inglesi delle Isole, a cui Churchill negava i rifornimenti per non "nutrire" il nemico ormai sul punto di cedere. Accumunati dalla sensazione di essere dimenticati dalla storia e dai propri governi, oltre che dalla fame e dagli stenti, tra occupanti e residenti si creerà una sorta di strano legame - ancora un altro legame ambiguo, basato più sulle circostanze che sulla volontà di stringerlo.
 
Credo perciò che il significato profondo di questo romanzo, e il suo punto di forza, sia l'approfondimento di rapporti non convenzionali, all'apparenza improbabili, ma che pure nascono perché in fondo siam tutti come sassolini trasportati dalla corrente del fiume della vita.
Con la differenza che però a volte è possibile tirarsene fuori.
 
Voto:7

domenica 25 dicembre 2016

Un'indagine al nero di seppia. Commissario Rebaudengo #1...

... di Cristina Rava.


La scheda del libro sul sito della casa editrice Frilli Editori.


Nella ridente località ligure di Alassio, vive e lavora il commissario Bartolomeo Rebaudengo, piemontese di Cuneo, mai abituatosi completamente alla località di mare e alle sue particolarità, usi e costumi (cibo compreso).
La routine tranquilla della cittadina viene interrotta il giorno in cui una donna denuncia la scomparsa del marito, professore di filosofia al locale liceo. Una decina di giorni dopo, viene ritrovato un cadavere...
 
Un'indagine al nero di seppia si inserisce nel prolifico filone di gialli "all'italiana", dove a farla da padrone sono investigatori che caratterizzano l'indagine con le loro peculiarità, il loro carattere, i loro pregi e difetti; in una parola, con la loro umanità. Spesso in questo genere di romanzi, non si sarebbe arrivati alla soluzione se l'investigatore di turno non avesse messo in campo, appunto, le sue peculiarità.
Perciò per parlare di un libro di questo filone narrativo inevitabilmente bisogna parlare del protagonista. Il commissario Rebaudengo è un uomo calmo, tranquillo, saggio e razionale. L'indagine per lui è fatta di lavoro paziente, di attesa, di dettagli.
La calma impregna l'atmosfera del romanzo. Non c'è suspense, quanto piuttosto un senso di attesa che impedisce alla storia di scadere nella noia.
Un professore di liceo, eccellente insegnante ma incline a correre dietro alle donne scompare. la moglie ne denuncia la scomparsa. Quando diversi giorni dopo viene ritrovato un cadavere, il lettore è in attesa di scoprire finalmente che ne è stato del professore. Ed è qui che invece l'autrice ci stupisce con una scoperta che non avevamo immaginato, e che imprime una svolta alla storia che pareva avviata verso uno svolgimento non noioso, ma forse un po' prevedibile.
Il resto della trama è abbastanza lineare, ed onestamente devo dire che il colpevole si intuisce abbastanza facilmente. Nonostante questo non posso dire che la storia sia stata noiosa, tutt'altro; in parte ciò è dovuto alla cura meticolosa con cui l'autrice ci descrive Rebaudengo e il suo modo di procedere. Il personaggio è ben fatto, ed appare vivo.
 
A mio parere, però, il romanzo ha due ordine di problemi. Il primo riguarda lo stile e il linguaggio. Al di là di qualche punto esclamativo di troppo, piazzato dove di enfasi non se ne sente proprio il bisogno, quello che non ho apprezzato sono i dialoghi.
Spesso i dialoghi o i monologhi interiori suonano tremendamente artificiosi, lontano dalla lingua parlata e non perfettamente intonati al personaggio che pronuncia le parole o formula i pensieri. 
esempio: un uomo scarsamente acculturato è arrestato perché sospettato di omicidio e di abusi legati alla pedofilia. Mentre lo interrogano l'uomo è smarrito e terrorizzato, e questi sono i suoi pensieri:
 
Gli occhi di Beniamino Bronda passavano dalle labbra del pelatino, che il suo avvocato chiamava con un tono sussiegoso “dottor Bottini”, a quelle dell’altro tipo, più belloccio ma imbronciato, che non parlava e osservava la scena con occhi di coyote, doveva essere il commissario e adesso gli sfuggiva anche il nome, lungo come la quaresima. Non capiva un accidente di tutto questo rimbalzare di parole, però aveva visto che la faccia del suo legale era diventata nuvolosa come un cielo estivo prima della grandine quando il pelato, che doveva essere un magistrato, un giudice, una roba simile, aveva pronunciato parecchie volte la parola “pedofilia”.
 
Ma sul serio un uomo di scarsissima cultura, che viene descritto come uno che non esce mai, legge solo riviste porno e passa tutta le sue serate a masturbarsi davanti a film per adulti, potrebbe pensare, mentre è in procinto di andare in galera con un'accusa infamante e pericolosa, che il nome del commissario è lungo come la quaresima? O davvero potrebbe richiamare, in un simile momento, i colori del cielo estivo prima della tempesta?
A me questi pensieri non sono sembrati intonati al momento ed al soggetto. 
Di esempi se ne potrebbero fare altri. Mi limito a citare una ragazzina di 15 anni che dice che la sorella starebbe benissimo anche con un "saio francescano"... non so, io non ce la vedo una ragazzina specificare saio e pure francescano parlando di vestiti e ragazzi.
 
Ho parlato di due grossi limiti. Detto del primo, resta il secondo.
Questo riguarda la trama e la soluzione con la scoperta del colpevole. Senza spoilerare nulla, mi limiterò a dire che se si accerta che da un cadavere è sparito l'oggetto A, se si accerta altresì che l'oggetto A è di proprietà di X, io trovo evidente sospettare di X, non del fratello del cognato del cugino del portiere di X.
 
Insomma, questa è una storia scritta con cura, forse anche troppa vista la perdita di spontaneità della narrazione, e l'autrice mi è sembrata più interessata a ricostruire un certo tipo di atmosfera che a narrare un mistery.Dal questo punto di vista il tentativo è riuscito, ma per me non è abbastanza.
 
Voto: 6