sabato 24 agosto 2019

Sangue marcio...

... di Antonio Manzini.

 «Ero un bambino felice. Facevo le cose che fanno tutti i bambini felici. Questo fino al 12 ottobre 1976».
Pietro e Massimo Sini vivono un’infanzia dorata. Villa con campo da tennis, piscina, videogame Atari. Poi, una mattina del 1976 cambia tutto. La polizia arriva in casa con un ordine di arresto e si porta via il padre. “Il mostro delle Cinque Terre” lo chiameranno qualche giorno dopo i giornali. Sono passati quasi trent’anni e i due fratelli hanno preso strade differenti: Pietro ha trascorso l’adolescenza in un istituto di preti a Torino e ora fa il cronista di nera in un giornale, Massimo ha vissuto con un zio a Padova ed è diventato commissario di polizia. Ma i delitti di un serial killer che da due anni cuce con ago e filo le vagine delle sue vittime, li riavvicinano. Sembrano tutt’e due cambiati. Massimo, che da piccolo era un tipo violento che usava minacciare i suoi coetanei con la frase «vatti a nascondere in Tibet», ora è un uomo stanco e triste che beve troppi martini. Pietro invece è diventato scaltro e freddo come un serpente. Non ha storie d’amore, non ha amici. Vive per il suo lavoro. Il suo unico obiettivo è mettere suo fratello sulle tracce del serial killer e farlo diventare un eroe. Ci riuscirà? (sinossi dal sito Fazi Editore)

Questa è la storia di due fratelli, a cui il destino prima concede molto, poi toglie tutto in un modo cinico e crudele. Figli di una famiglia all'apparenza solida, normale, e notevolmente agiata, una mattina scoprono che il padre è un efferato serial killer. Perdono così, da un momento all'altro, ogni cosa. Non sono tanto gli agi e le comodità la perdita più dura, quanto il doversi rassegnare a vivere da reietti, spinti ai margini da una colpa che inevitabilmente ricade su di loro, innocenti e inconsapevoli.
Manzini riesce a narrare stupendamente il cambiamento
Quando Antonio Manzini non si dedica al suo personaggio più famoso, Rocco Schiavone, riesce comuqnue a scrivere romanzi che hanno una forza dirompente e una originalità sorprendente. Come già mi era successo con La giostra dei criceti, ho trovato la lettura estremamente coinvolgente e sorprendente.
La trama parte in sordina ma ben presto acquista forza. Sebbene si parli di un serial killer, non si tratta esattamente di un thriller (di un noir sicuramente, ma di certo non di un thriller), eppure Sangue marcio è un page turner che deve la sua fortuna ad una profondità e uno spessore psicologico che molti thriller non hanno. Questo romanzo infatti ha diverse anime, come i suoi protagonisti, e con stile a volte leggermente ironico e distaccato, a volte cupo e malinconico, ci guida attraverso le luci (poche) e le ombre (molte) che albergano negli esseri umani.
Quello che spinge a leggere senza tregua è stato, nel mio caso, il senso di profonda inquietudine che le vicende ambientate nel presente e gli sprazzi di passato riuscivano a darmi. Ad ogni capitolo, la vicenda acquista sempre più senso, fino a che il grande mosaico che l'autore stavo componendo non ci viene rivelato.
Ho letto di alcuni lettori che si lamentavano della facilità con cui erano giunti alla verità; onestamente io non avevo intuito niente fino al momento in cui l'autore non ha deciso di giocare a carte scoperte.
Ed è stato un  pugno nello stomaco.

Voto: 7 e 1/2


Nessun commento:

Posta un commento