mercoledì 27 novembre 2019

Le spose sepolte...

... di Marilù Oliva.

Dove sono finite quelle donne misteriosamente sparite da anni, mogli e madri di cui i mariti sostengono di non sapere nulla? Uno dopo l’altro, i loro resti vengono ritrovati grazie a un killer implacabile che costringe chi le ha fatte scomparire a confessare dove si trovano le loro ossa e poi uccide i colpevoli, sempre assolti dai tribunali per mancanza di prove. Il rituale è feroce e spietato: l’assassino vuole così rendere giustizia alle spose sepolte. I pochi indizi lasciati sulla scena del crimine conducono a un piccolo paese, Monterocca, soprannominato la Città delle Donne, un territorio nell’Appennino bolognese circoscritto da mura ed elementi naturali, governato da una giunta completamente al femminile. Il team investigativo, in cui spicca la giovane ispettrice Micol Medici, si trova catapultato in una realtà di provincia quasi isolata dal mondo, con una natura montana che fa da contorno e molti misteri avvolti nella nebbia. Un inquietante enigma conduce gli inquirenti al Centro Studi Rita, un’azienda farmaceutica che sta sintetizzando un anestetico speciale: lo stesso utilizzato dal serial killer come siero della verità per far confessare i colpevoli. Ma quanti altri segreti si nascondono dentro i confini del piccolo paese? Solo Micol ha l’innata capacità di scoprirli, anche se questo potrebbe costarle la vita…(Sinossi dal sito della casa editrice HarperCollins).

Dopo aver letto Musica sull'abisso, della stessa autrice, mi era rimasta la curiosità di scoprire qualcosa sul passato di Micol Medici, e perciò ho recuperato Le spose sepolte.

Marilù Oliva ci racconta la storia di un serial killer; il genere è ultimamente inflazionato, ma la bravura dell'autrice sta nell'aver introdotto nella narrazione un elemento originale ed intrigante. Il serial killer sulle cui tracce si metterà Micol Medici con la sua squadra è uno spietato assassino, sì, ma sceglie le sue vittime tra coloro che sono fortemente sospettati di aver ucciso e fatto sparire le proprie mogli, ma sono riusciti a farla franca per mancanza di prove. Il misterioso killer riesce anche a far confessare alle sue vittime dove si trovano i poveri resti di coloro che hanno ucciso, permettendo di dare una pietosa sepoltura a persone scomparse magari da anni.

Mi è piaciuta questa dicotomia presente nella figura dell'assassino, che è sì spietato, ma mosso da una sorta di volontà di ristabilire, a modo suo, la giustizia. Certo un killer così tratteggiato fa riflettere. Ma quello che ho apprezzato di più è stato che, nonostante il serial killer sia una sorta di vendicatore per le vittime di un crimine odioso e purtroppo diffuso, mai ho avuto l'impressione che l'autrice lo giustificasse, o parteggiasse per lui. Insomma, due torti non fanno una ragione e uccidere a sangue freddo un assassino non fa di te un eroe; in un periodo storico in cui armarsi e farsi giustizia da soli sembra essere la panacea universale, ho apprezzato questo equilibrio narrativo.

Altro elemento che ho apprezzato, è stata l'ambientazione nel paesino di Monterocca. La città di sole donne, come ha avuto a chiarire l'autrice durante una presentazione cui ho avuto la fortuna di assistere, è un'utopia (nel presente) e allo stesso tempo un sfida (per il futuro).
Nell'economia del romanzo rappresenta invece, secondo me, un altro aspetto della dicotomia che ho rilevato prima riguardo al serial killer.
Monterocca è un posto idilliaco, eppure nasconde segreti.
Queste ambiguità fatte di luci e ombre, dubbi e certezze, mi sono piaciute molto, e credo sia grazie ad esse se ho trovato la lettura così stimolante.
Insomma, ho trovato l'ambientazione veramente ben costruita e dettagliata, ed è stata una delle cose che ho apprezzato di più nel romanzo.

Interessanti i personaggi, ben delineati anche quelli secondari.

Anche la trama è buona, con un finale all'altezza delle premesse.

Voto: 7

martedì 26 novembre 2019

Gli scomparsi di Chiardiluna. L'attraversaspecchi #2...

.... di Christelle Dabos.

Sulla gelida arca del Polo, dove Ofelia è stata sbattuta dalle Decane perché sposi suo malgrado il nobile Thorn, il caldo è soffocante. Ma è soltanto una delle illusioni provocate dalla casta dominante dell’arca, i Miraggi, in grado di produrre giungle sospese in aria, mari sconfinati all’interno di palazzi e vestiti di farfalle svolazzanti. A Città-cielo, capitale del Polo, Ofelia viene presentata al sire Faruk, il gigantesco spirito di famiglia bianco come la neve e completamente privo di memoria, che spera nelle doti di lettrice di Ofelia per svelare i misteri contenuti nel Libro, un documento enigmatico che nei secoli ha causato la pazzia o la morte degli incauti che si sono cimentati a decifrarlo. Per Ofelia è l’inizio di una serie di avventure e disavventure in cui, con il solo aiuto di una guardia del corpo invisibile, dovrà difendersi dagli attacchi a tradimento dei decaduti e dalle trappole mortali dei Miraggi. È la prima a stupirsi quando si rende conto che sta rischiando la pelle e investendo tutte le sue energie nell’indagine solo per amore di Thorn, l’uomo che credeva di odiare più di chiunque al mondo. Sennonché Thorn è scomparso...(Sinossi dal sito della casa editrice Edizioni E/O)

Dopo il primo volume, Fidanzati dell'Inverno, ritorna la saga fantasy con protagonista la giovane Ofelia, attraversaspecchi e lettrice di oggetti di professione, incastrata in un ambiente che non è il suo e minuscolo ingranaggio di intrighi politici di portata planetaria.
Ofelia vive in una Terra che, dopo un misterioso disastro, si è diviso in frammenti galleggianti detti arche; per soddisfare il bisogno di una alleanza fra arche, è stata promessa in sposa all'enigmatico e introverso Thorn, e catapultata in una società fatta di cortigiani, che vivono di intrghi, tradimenti, bugie e colpi bassi, necessari a mantenere il favore del distratto ma potentissimo Faruk, una sorta di capotribù degli abitanti dell'arca del Polo.

Gli scomparsi di Chairdiluna si rivela, fin dalle prime pagine, all'altezza del romanzo che lo precede.
L'ambientazione, che ritengo essere il punto di forza di questa saga, viene approfondita e arricchita di particolari che riguardano non solo il presente di questo mondo strano e fragile, ma anche il passato. Devo sottolineare che le informazioni riguardo il periodo precedente al disastro che ha frantumato il mondo sono intriganti, e dosate con sapiente moderazione. I flashback creano un'atmosfera di aspettativa e curiosità, e invogliano il lettore a proseguire.
Non che ce ne fosse bisogno, per quel che mi riguarda. La trama è più articolata ed interessante del precedente volume; si nota però una certa tendenza dell'autrice a diluire rivelazioni e informazioni nella prima parte del romanzo, cosa che avevo notato anche durante la lettura del primo volume della serie. Questo tende a far sì che circa metà del libro abbia un ritmo lento; a volte la mancanza di comunicazione tra i personaggi raggiunge livelli eccessivi. Questo può risultare frustrante per il lettore, perchè è evidente che tale espediente ha il solo scopo di non arrivare troppo rapidamente a svelare gli elementi fondamentali che compongono la storia.   
La seconda metà invece risulta essere più dinamica e perciò anche più scorrevole.

La trama resta originale e introduce nuovi personaggi e nuove ambientazioni. Una menzione particolare merita Farouk, guida dei clan che popolano Polo, che con la sua memoria ondivaga e i suoi poteri mentali fuori controllo rende inquietante l'atmosfera e getta numerose ombre sul futuro di Ofelia e Thorne.

Gli scomparsi di Chiardiluna non fa che conferma la buona impressione che già avevo avuto leggendo Fidanzati dell'Inverno. Questa serie è originale, interessante, sa intrattenere il lettore e portarlo dentro mondi nuovi che sono tutti da scoprire.
Il senso di meraviglia e di attesa che Christelle Dabos riesce a trasmettere mentre narra la sua storia è la parte migliore del romanzo.

Voto: 7e 1/2

Penelope Poirot fa la cosa giusta...

... di Becky Sharp.

Con il sangue che le scorre nelle vene, Penelope Poirot sprizza talenti: la vocazione per risolvere misteri, la propensione a vivere artisticamente, il palato fine e la penna feroce di una critica gastronomica perfetta.
La passione, si sa, quando arde divora, e Penelope Poirot è provata nello spirito quanto ammorbidita nel corpo; stile Botticelli, dice lei, stile krapfen, pensa e non dice Velma Hamilton, la sua nuova, perplessa segretaria.
È il momento di cambiare, di partire: c’è una clinica salutistica, nelle colline del Chianti, che promette di depurare corpo e mente.
Ha un bel sapore gotico, avvolta così dai rampicanti, stemperato dalla luce dorata che occhieggia dalle persiane.
A cena il cibo è mesto, ma il bellissimo giardiniere sa come fartelo dimenticare. La donna alta e misteriosa scatena rivalità, odio e simpatia; la famosa scrittrice il desiderio insopprimibile di rubarle il marito.
Penelope non rinuncia al tacco dodici e alla volpe bianca neppure quando trascina Velma ad abbandonare ogni principio in osteria, e basta una pasticca alla violetta per coprire un altro vizio clandestino.
Poi, nelle sedute libido-dinamiche, scavano tutti insieme buche immaginarie per disseppellire i segreti. Operazione non priva di rischi: certi segreti, allo scoperto, esplodono.
C’è odore di gelo nell’aria di novembre, e il delitto, quando accade, è sulla neve bianca.
Neve che cade imperterrita sull’assassino, sulle prossime prede, sulla nuova trappola.
Con il sangue che le scorre nelle vene, Penelope Poirot non ci casca.
In certi casi, solo lei sa qual è la cosa giusta. (Sinossi dal sito della casa editrice Marcos y Marcos)

Ci sono pochi personaggi , nella mia lunga carriera di lettrice, che fatico a lasciar andare. Una, forse lo sanno anche i sassi, è Rossella O'Hara, ragion per cui ho letto tutti i sequel possibili e immaginabili di Via col vento ( e mene sono epntita in tutti i modi possibili e immaginabili).
Un altro personaggio è Hercule Poirot, delle cui abilità deduttive non riesco a far a meno. Dopo aver letto Tre stanze per un delitto, che non sarà all'altezza della Christie, ma non è male, ho deciso di lanciarmi in questa nuova avventura, e fare la conoscenza della pronipote di Hercule Poirot.

Penelope Poirot è un personaggio decisamente sopra le righe; ha una altissima - ma scarsamente meritata, secondo me - opinione di se stessa; invadente, intrigante e convinta di sapere sempre tutto, si dedica con passione al mestiere di critica culinaria. Quando decide di partire per l'Italia per una cura disintossicante, prende con sè una segreteria, Velma Hamilton, discreta e poco appariscente giovane donna inglese.

Il romanzo non mi è piaciuto granchè. Non saprei dire se si tratti di aspettative deluse, o se più semplicemente Penelope Poirot sia riuscita a toccare tutte le corde che mi causano fastidio in un libro.
Tanto per iniziare, la protagonista non mi ha ispirato nè simpatia nè ilarità.
L'ho trovata insulsa, odiosa nelle sue manie di grandezza, e anche parecchio illusa riguardo se stessa e il mondo che la circonda. Ho preferito di gran lunga Velma, la segreteria poco appariscente, che avrebbe avuto del potenziale, secondo me, se non fosse rimasta eccessivamente incastrata, anche grazie a dei flashback piuttosto incolori, nello stereotipo della zitella inglese timida e bruttina.
Oltretutto ho odiato il modo in cui è stata tiranneggiata da Penelope per tutta la durata del romanzo.

La trama non mi ha affascinato molto; la causa principale è da ricercarsi nel fatto che per intravedere una vittima, un delitto ed uno straccio di indagine ho dovuto attendere quasi metà del libro (150 pagine su 336). Decisamente troppo, per i miei gusti.
Mentre attendevo la svolta gialla, per così dire, mi sono annoiata parecchio. L'ambientazione (una clinica salutistica, le colline toscane a novembre) era potenzialmente intrigante ma a conti fatti si è rivelata piatta, a tratti deprimente. 
I personaggi secondari sono piatti e banali; fatta eccezione per due o tre di loro, ho faticato a distinguere gli uni dagli altri;  la maggior parte appariva palesemente messa in scena a far numero, ed era evidente che non sarebbero mai potuti rientrare nel novero dei sospettati dell'omicidio.
L'indagine non costituisce una sfida per il lettore, ed il finale, sebbene ci regali un guizzo di umanità che illumina la protagonista, è inconsistente e totalmente inappagante. 

Salvo lo stile, piacevole e scorrevole, dell'autrice.

Voto: 5

La Fattoria delle Magre Consolazioni...

... di Stella Gibbons.

Flora Poste è stata educata in modo eccellente a fare tutto tranne che a guadagnarsi da vivere.
Rimasta orfana a vent’anni e dotata di una rendita esigua, va a vivere presso dei lontani parenti alla Fattoria delle Magre Consolazioni nel Sussex. Il suo arrivo alla fattoria coincide con l’inizio di uno dei romanzi più divertenti mai scritti. I parenti sono a dir poco eccentrici e la fattoria è sgangherata e in rovina: i piatti vengono lavati con rametti di biancospino e le mucche hanno nomi come Rozza, Senzascopo, Inetta e Superflua. La vecchia matriarca settantanovenne, zia Ada, che non è più stata giusta nella testa da quando ha “visto qualcosa di orribile nella legnaia” circa settant’anni prima, tiene in scacco l’intera famiglia.
Come Alice di Lewis Carroll, Flora non si fa intimidire da chi dice cose senza senso e si rifiuta di essere trascinata in un mondo di matti. Non si può, pensa Flora, rovinare la vita propria e altrui invocando disgrazie infantili, non si può sottostare alla follia per quanto interessante, bisogna ribellarsi… e nel giro di pochi mesi le cose alle Magre Consolazioni cambiano in modo radicale. (Sinossi dal sito della Astoria Edizioni)

Prima o poi doveva succedere: per la prima volta un romanzo della mia casa editrice preferita, la Astoria, mi ha lasciato perplessa, molto perplessa.

La Fattoria delle Magre Consolazioni racconta la storia di Flora, ragazza sveglia e intelligente, che rimane orfana e senza un adeguato patrimonio a sostenerla. Unica soluzione, quella di cercare ospitalità presso lontani e sconosciuti parenti. Questi parenti si riveleranno a dir poco bizzari, e Flora tenterà di mettere ordine nelle loro vite.

Nelle prime pagine, con pungente ironia, l'autrice ci presenta la protagonista intenta a discutere con un'amica su quale sia il modo migliore per evitare di dover lavorare per vivere. E questo sarcasmo irrriverente, tipico degli autori inglesi, mi aveva fatto ben sperare per il prosieguo della storia. Peccato però che tutte le mie aspettative siano andate completamente deluse pagina dopo pagina.

La storia narrata nel romanzo è composta di piccoli eventi familiari che Flora tenta di indirizzare come desidera al fine di ottenere il suo scopo, ovvero quello di rendere confortevole il suo soggiorno alla fattoria. Ogni evento, però, è surreale e assurdo, i personaggi sono anch'essi surreali e per lo più risultano incomprensibili. Fanno cose prive di senso e di logica, impugnano oggetti che non esistono, hanno piante dai nomi bizzarri e sconosciuti (e il lettore non capirà mai cosa sono esattamente), reagiscono in maniera irrazionale a tutto ciò che capita.Tutto questo dovrebbe essere divertente, anzi, a sentire la casa editrice questo dovrebbe essere uno dei romanzi più divertenti mai scritti, ma onestamente io non sono riuscita a trovare un filo conduttore nelle vicende, ad afferrare le gag che dovrebbero essere divertentissime, a ridere di personaggi sconclusionati e assurdi.
C'è un lavorante che lava i piatti con un rametto di biancospino (sto ancora cercando di raffigurarmi la scena, e non ci riesco); una pianta dagli strani effetti chiamata succhiodendro (che cosa sia, non lo sapremo mai); ad un certo punto addirittura la protagonista usa, in un contesto temporale non meglio specificato ma che richiama in tutto e per tutto l'Inghilterra degli anni '30, un video telefono, che spunta così, dal nulla a metà romanzo e non comparirà mai più. Fino a quel momento ogni comunicazione era avvenuta via lettera, come nella miglior tradizione inglese. Ecco, questi sono solo alcuni esempi di cose che io ho trovato incomprensibili, cervellotiche e per nulla divertenti.

Forse parte del problema sta, come spesso mi capita, anche nel modo in cui il libro viene proposto al lettore: non credo abbia molto senso presentare un romanzo così particolare come uno dei più divertenti mai scritti, se non si precisa che tipo di divertimento il lettore andrà a trovare.

Per me questo romanzo è stato troppo: troppo surreale, troppo sconclusionato, troppo illogico, troppo incomprensibile, troppo nonsense per me. E troppo poco divertente.
Ben presto, infatti, è subentrata la noia. La cosa più piacevole del romanzo è stata la sensazione di sollievo quando l'ho finito.

Non escludo, comunque, visto che sono 80 che questo romanzo viene pubblicato e, a quanto pare, affascina lettori di ogni epoca, che il problema sia mio, che sia io quella che non è riuscita ad afferrare il senso del romanzo, restandone perciò delusa.

Voto: n. c.