domenica 27 ottobre 2019

Morte nelle Highlands...

... di Lucy Foley.

La scheda del libro sul sito della casa editrice Giunti

Come ogni anno Emma, Mark e i loro amici trascorrono l’ultimo dell’anno insieme. Per Emma, l’ultima arrivata, l’unica a non aver frequentato Oxford con gli altri, è l’occasione per fare bella figura e integrarsi nel gruppo. Ma qualcosa va storto nell’esclusivo cottage che si affaccia sulle gelide acque di Loch Corrin. Sui boschi già imbiancati si abbatte la peggiore tempesta di neve degli ultimi tempi e poi, improvvisamente, uno degli ospiti scompare. Le condizioni meteo sono così proibitive che i soccorsi non possono arrivare e nessuno può andare via. Quando l’ospite viene ritrovato – morto – tutti sono dei potenziali sospettati. Ci sono Heather, la manager del resort, Doug, l’ex marine ora guardiacaccia, una inquietante coppia di islandesi e poi gli amici: Miranda e Julien, tanto belli quanto snob, Samira e Giles con la loro bambina di 6 mesi, Nick e il suo fidanzato americano, e infine Katie, l’unica single del gruppo. Chi è l’assassino? Ma, soprattutto, chi è la vittima? Nella migliore tradizione del giallo alla Agatha Christie, Lucy Foley sfida il lettore a scovare la verità in una fitta rete di intrighi e bugie. Una lettura compulsiva e ricca di colpi di scena.

Nove amici decidono di festeggiare il l' arrivo del nuovo anno in un lussuoso resort sulle Highlands. E, dal mio punto di vista, questa ambientazione già vale da sola il costo del romanzo. 
L'ambientazione è davvero ben fatta ed estremamente adatta al tipo di storia che Foley si appresta a raccontarci. La neve cade e rende un posto particolarmente isolato irrangiungibile e inquietante. Non aiuta a sollevare il nostro senso di angoscia il fatto che i protagonisti siano nove amici di lunga data, affiatati (almeno all'apparenza) tra di loro. Anzi, la vicenda prende, proprio per questo, tinte ancora più fosche.
Gli amici si conoscono da una vita, hanno ricordi e un passato in comune, eppure, anno dopo anno, si rendono conto che questo tipo di raduno comincia a star loro stretto. Sono cresciuti, sono cambiati, non sono così disposti a perdonarsi l'uno altro errori e piccole cattiverie; alcune cose sepolte nel passato, poi, cominciano a tornare a galla, e bisognerà farci i conti. 
Il passato che ritorna è uno degli elementi che preferisco nei thriller. Trovo che crei un senso di profondo mistero intorno alle vicende e ai personaggi.
 
Aumenta il senso di mistero e di paura anche il fatto che l'autrice abbia scelto di narrarci la storia alternando capitoli che raccontano il prima della scomparsa a capitoli che raccontano il dopo. Il tutto senza farci sapere chi sia la persona scomparsa, e cosa esattamente le sia accaduto.
Anche i punti di vista dei vari personaggi vengono alternati e questo ci aiuta ad avere una visione d'insieme ampia e varia, e ci permette di scoprire qualcosa di più sui vari componenti del gruppo. Ognuno di loro ha segreti e peccati da confessare, che il lettore scopre con crescente sgomento e che aiutano a dare spessore ad ognuno dei nove amici, che pertanto risultano ben delineati e credibili.
I personaggi esterni alla cerchia di amici, Heather e Doug in particolare, invece, mi hanno lasciato perplessa. Credo che l'amalgama dei due e del loro passato con le storie dei nove protagonisti non sia perfettamente riuscita. Questo ha, in alcuni punti, spezzato il ritmo della narrazione (specie laddove si faceva riferimento al passato dei due). 
Inoltre ho notato che il romanzo, per quanto ben strutturato, in alcuni tratti diventa prolisso. Un po' di sintesi non avrebbe guastato.

A metà strada fra un giallo di Agatha Christie, con i personaggi intrappolati in uno spazio ristretto, e un thriller di taglio moderno, Morte nelle Highlands è, nel complesso, un romanzo ben fatto, che regala momenti di suspense e una bella e claustrofobica atmosfera di mistero.

Voto: 7 e 1/2
 

Il pianto dell' alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi...

... di Maurizio de Giovanni.

La scheda del libro sul sito della casa editrice Einaudi.

Tutto il dolore del mondo, è questo che la vita ha riservato a Ricciardi. Almeno fino a un anno fa. Poi, a dispetto del buonsenso e delle paure, un pezzo di felicità lo ha preso al volo pure lui. Solo che il destino non prevede sconti per chi è condannato dalla nascita a dare compassione ricevendo in cambio sofferenza, e non è dunque su un omicidio qualsiasi che il commissario si trova a indagare nel torrido luglio del 1934. Il morto è l’uomo che per poco non gli ha tolto la speranza di un futuro; il principale sospettato, una donna che lo ha desiderato, e lo desidera ancora, con passione inesauribile. Cosí, prima di scoprire in modo definitivo se davanti a sé, ad attenderlo, c’è una notte perenne o se ogni giorno arriverà l’alba con le sue promesse, deve ancora una volta, piú che mai, affrontare il male. E tentare di ricomporre, per quanto è possibile, ciò che altri hanno spezzato.

Il pianto dell' alba, come sicuramente saprete tutti, è l'ultimo romanzo della serie dedicata all'amatissimo commissario dagli occhi verdi, creato dalla penna, sempre partuicolarmente ispirata quando si tratta di lui, di Maurizio de Giovanni.
Il personaggio di Ricciardi è uno di quelli che non vivono solo nelle pagine dei libri, che sono scritti e immaginati talmente bene che diventano reali, amici che magari non vedi spesso ma sai che sono lì, e sai cosa pensano, come ragionano, cosa stanno per dire.
De Giovanni ci ha regalato questo, negli ultimi anni, e non posso che essergliene grata e rispettare la sua decisione di dare una conclusione alle storie del suo personaggio.
Se vogliamo, ragionando lucidamente, questa è sempre la scelta migliore: ogni storia ha una fine, e evitare di scriverla solo per far contenti i fan non sarebbe stato giusto. Ciò non toglie che sentirò, terribilmente, la mancanza di Luigi Alfredo Ricciardi.

Tutto questo fiume di parole per dire semplicemente che ho dovuto attendere un po' prima di avere il coraggio di prendere in mano il romanzo, perchè sapevo sarebbe stato l'ultimo, ed averlo sul comodino ancora da iniziare serviva a rimandare il momento del distacco.
Ad un certo punto però, tra spoiler schivati per un pelo, nostalgia del personaggio e curiosità di sapere cosa gli accadeva nell' ultimo volume, ho deciso che era giunto il momento.


E come direbbe il buon re Theoden, e così ha inizio. Con questo spirito ho iniziato a leggere l'ultima avventura del commissario Ricciardi.
A chi non lo conoscesse e desiderasse saperne di più,  consiglio di partire da qui.

Il romanzo è all' altezza degli altri, se non addirittura superiore, e costituisce una degna conclusione per le vicende che hanno visto protagonista il commissario.
Il caso di omicidio che questa volta Ricciardi deve risolvere coinvolge due persone che sono state, suo malgrado, una presenza costante nella sua vita: la bellissima Livia, vedova Vezzi, innamorata (o meglio, ossessionata) dal protagonista fino al punto di tentare di distruggerlo qualche volume fa, e Manfred, l'uomo che avrebbe voluto sposare Enrica e portarla via con sè.
Non dirò altro della trama, perchè per il lettore affezionato sarà un piacere scoprire cosa sta accadendo nella vita di Ricciardi, e la bellezza struggente del romanzo sta nel sentire l'ombra (citata anche dal sottotitolo) salire, addensarsi e poi dispiegarsi.
Dirò soltanto che il caso di omicidio è intrigante, non solo perchè ben ideato, ma anche perchè strutturato per coinvolgere  tutti i personaggi che circondano il protagonista. Il fatto poi che si tratti di qualcosa che riguarda il commissario Ricciardi anche a livello personale rende la storia ancora più coinvolgente e struggente. 

Lo stile di de Giovanni è quello lirico a cui siamo abituati, ma questo non è di intralcio alla scorrevolezza della lettura. Le immagini create dallo scrittore hanno un forte impatto che definire quasi visivo, e aiutano a visualizzare la parola scritta come raramente capita. 
Nel finale de Giovanni dà il meglio di sè, costruendo un epilogo che non dimenticheremo facilmente. Da lettrice, sono rimasta positivamente impressionata, mentre da fangirl... beh, avrei qualcosa da ridire.

Con questo romanzo de Giovanni non fa sconti ai suoi personaggi, e non ne fa ai suoi lettori. Il dolore, compagno costante del commissario Ricciardi, non scompare per magia solo perchè dobbiamo salutare il personaggio che abbiamo amato.
Da  questo punto di vista de Giovanni è coerente e costruisce una trama perfettamente integrata nella serie, lucida, coinvolgente ed esaustiva.
Ci darà le risposte che attendevamo da tempo, ma forse non saranno le risposte che volevamo sentire. 

Voto: 9

sabato 26 ottobre 2019

Il coraggio della signora maestra, ovvero Storia partigiana di ordinario eroismo...

... di Renzo Bistolfi.

La scheda del libro sul sito della casa editrice TEA

Genova, 1944. Nelle fasi convulse dell'occupazione tedesca, la giovane Vittoria Barabino, sfollata in collina con la figlia, mentre il marito è rimasto in città a lavorare in fabbrica, non esita a unirsi alla Resistenza e a prodigarsi come staffetta. Con coraggio e determinazione riuscirà a sventare una feroce rappresaglia nazista, ma nulla potrà quando suo marito insieme ai compagni di lavoro verrà caricato su un treno diretto in Germania…
Sestri Ponente, 1961. La maestra Barabino parla malvolentieri del suo passato, ma non sono pochi quelli che ricordano il suo eroismo. E quando casualmente, in una ricorrenza in parrocchia, persino il vescovo vi fa cenno, molti si incuriosiscono, ammirati. Qualcuno, invece, si spaventa. Qualcuno che ha qualcosa da nascondere che risale proprio agli ultimi mesi di guerra… Aiutata dalle ineffabili signorine Devoto, la signora maestra dovrà affrontare, una volta per tutte, i fantasmi del passato, memorabile protagonista di un romanzo che racconta con amabile levità una vicenda drammatica in cui si rispecchiano tante storie di ordinario eroismo dimenticate dalla Storia.

Questo è un romanzo che mi è capitato tra le mani quasi per caso, e, come spesso accade, si è rivelato essere una piccola perla intelligente e divertente. Avevo già letto, anni fa, il romanzo di esordio di Renzo Bistolfi, I garbati maneggi della signorine Devoto e, sebbene lo avessi trovato piacevole, mi era sembrato un romanzo un tantinello ingessato, a cui mancava quel pizzico di leggerezza per spiaccare il volo.
Ecco, ne Il coraggio della signora maestra questi difetti sono completamente scomparsi.
Il romanzo è piacevole, condito da un'ironia leggera ed intelligente che rende le pagine scorrevoli e la lettura gradevole.

La storia si svolge su due piani temporali. Nel 1944 incontriamo la protagonista, Vittoria Barabino, giovanissima, coinvolta in operazioni della Resistenza partigiana. Nel 1961 Vittoria, ormai matura, deve nuovamente fare i conti con le vicende della guerra. Mentre, però, nel 1944 la giovane si trova da sola ad affrontare i pericoli della lotta partigiana, nel 1961 trova al suo fianco un improbabile trio di investigatrici, le tre anziane sorelle Devoto, colonna portante della società di Sestri Ponente, e acute conoscitrici dell'animo umano.
Le signorine Devoto, Santa, Mariannin e Siria, sebbene questa volta non siano le protagoniste del romanzo, sono semplicemente deliziose. Compite, educate e con un rigido codice morale che non le rende nè ottuse nè bigotte, ma semplicemente le guida sempre verso la strada giusta.
Le signorine Devoto rappresentano quel mondo in cui le buone maniere erano fondamentali nel relazionarsi col prossimo; un mondo in cui i problemi non si risolvevano a colpi di polemiche e violenza verbale, ma con la forza del buon senso.
Ecco, accanto a questa delicata rappresentazione degli anni '60, abbiamo quella degli ultimi anni della guerra, periodo in cui il buon senso e le buone maniere servivano decisamente a poco.
Quello era un mondo impazzito che crollava sotto il peso degli orrori dei regimi totalitari.
Il romanzo ha il pregio di raccontare con leggerezza e semplicità episodi tragici della nostra storia. Bistolfi parte da fatti realmente accaduti e li piega con maestria alle esigenze narrative. La sua penna sembra particolarmente ispirata mentre dipana la storia di ordinario eroismo di una ragazza qualunque. Non c'è enfasi, nella narrazione, nè toni trionfalistici; solo l'ineluttabilità delle scelte di chi vive secondo un codice morale che non si piega alla paura, alla dittatura e ai pericoli.

Nonostante il garbo con cui la storia viene narrata, Bistolfi riesce ad instillarci un senso di urgenza e di ansia durante la lettura; sebbene sapessi che in qualche modo la maestra Barabino era sopravvissuta alla guerra, la storia ambientata nel '44 è avvincente e avvolgente.
Per quel che riguarda invece le vicende che si svolgono nel 1961, la sensazione dominante è stata la curiosità, alimentata dai ragionamenti logici delle signorine Devoto, che mettono a segno qualche colpo deduttivo degno di Miss Marple. 
In alcune occasioni Santa, la più acuta delle tre, me l'ha ricordata, e ciò mi ha piacevolemente colpito.

Le narrazioni sui due piani temporali sono perfettamente alternate e ben dosate. Passando dall'una all'altra non ho mai avuto un senso di straniamento o di confusione, tutt'altro. L'autore è riuscito a rendere gli eventi che si svolgono in due momenti diversi parte di un'unica storia omogenea.

In conclusione, si tratta di un libro che è stato una gradevole sorpresa. Consigliato.
Voto: 8

Aurora nel buio...

... di Barbara Baraldi.

  La scheda delk libro sul sito della casa editrice Giunti.

 ''Aurora nel buio'' è il thriller di Barbara Baraldi che racconta di Aurora, una poliziotta che indaga e agisce fuori dalle regole per salvare la piccola Aprile ed evitare nuovi omicidi. Aurora Scalviati era la migliore, fino al giorno di quel conflitto a fuoco, quando un proiettile ha raggiunto la sua testa. Da allora, la più brava profiler della polizia italiana soffre di un disturbo bipolare che cerca di dominare attraverso i farmaci e le sedute clandestine di una terapia da molti considerata barbara: l'elettroshock. Quando per motivi disciplinari Aurora viene trasferita in una tranquilla cittadina dell'Emilia, si trova di fronte a uno scenario diverso da come lo immaginava. Proprio la notte del suo arrivo, una donna viene uccisa. Il marito è scomparso e l'assassino ha rapito la loro bambina, Aprile, di nove anni. Su una parete della casa, una scritta tracciata col sangue della vittima: ''Tu non farai alcun male''. Aurora è certa che si tratti dell'opera di un killer che ha già ucciso in passato e che quella scritta sia un indizio che può condurre alla bimba, una specie di ultimatum... Ma nessuno la ascolta. Presto Aurora capirà di dover agire al di fuori delle regole, perché solo fidandosi del proprio intuito potrà dissipare la coltre di nebbia che avvolge ogni cosa. Solo affrontando i demoni della propria mente potrà salvare la piccola Aprile ed evitare nuove morti...

Aurora Scalviati è una poliziotta trasferita in un piccolo comune della provincia emiliana in seguito ad una sparatoria in cui un suo collega è morto. Aurora è rimasta gravemente ferita, e tutt'ora risente dei postumi delle operazioni e delle ferite. Durante il suo primo giorno presso la sua nuova destinazione, si imbatte in un efferato omicidio che sembra essere parte di un rituale. Il suo nuovo superiore diffida da lei, e tenta di tenerla lontana dalle indagini, anche se Aurora è una profiler, e come tale specializzata nella ricerca dei serial killer. Nonostante le diffficoltà, Aurora non è il tipo di persona che può lasciare irrisolto un caso tanto delicato.

Aurora nel buio è un thriller che nel complesso si fa apprezzare anche se non apporta significativi elementi di novità al genere.
Azzeccata l'ambientazione della provincia italiana, che, anche se oramai non è più un dato originale, a me pare perfetta per questo tipo di romanzi.
La trama è sicuramente solida e ben costruita; è credibile, omogenea e rifugge dal sensazionalismo e dalla ricerca del colpo di scena a tutti i costi che infesta letteralmente il genere. Visto l'argomento trattato (efferati omicidi rituali, bambini scomparsi) sarebbe stato facile concentrarsi maggiormente sulla ricerca del particolare raccapricciante e morboso invece che sulla costruzione dettagliata della vicenda. Perciò un plauso va all'autrice, che non cerca scorciatoie per tenere avvinto il lettore alle pagine.

D'altro canto, però, ho trovato lo sviluppo della trama troppo lento; a volte sembra passare quasi in secondo piano rispetto alle vicende personali di Aurora. Indubbiamente il vissuto della protagonista è forte e merita di essere ben delineato, ma non a discapito della trama. Ho avuto l'impressione che girasse tutto intorno ad Aurora, ai suoi problemi di salute e agli incubi che si porta dietro, invece che intorno alle vittime. Come se in fondo alla scrittrice interessasse raccontare di Aurora, e solo in seconda battuta del serial killer che terrorizza la provincia emiliana. 
A ciò va aggiunto che, nonostante tutto questo spazio dedicato all'approfondimento psicologico della protagonista, non sono mai riuscita ad entrare in sintonia con lei. Non ho provato empatia per Aurora neanche per un minuto. Mi sono chiesta perchè a lungo, e non sono sicura di avere un risposta definitiva. In parte sono stata disturbata, come è accennato sopra, dall'invadenza della figura di Aurora, che ha rubato la scena alla trama, secopndo me; in secondo luogo, il carattere di Aurora mi ha infastidito. Troppo concentrata su se stessa, troppo prevenuta nei confronti di tutto e tutti, come se si aspettasse sempre e comunque che la sua enorme capacità di profiler non venissero comprese. Un atteggiamento da eroina martire che deriva dal fatto che, secondo me, Baraldi abbia calcato un po' troppo la mano sui traumi subiti in passato da Aurora. Un evento traumatico a carico del protagonista di un romanzo è sufficiente, quattro (che non posso nominare per non fare spoiler, ma sono due durante l'adolescenza/giovinezza di Aurora e altri due nel passato più recente), sì, quattro sono decisamente troppi.

Infine, un'ultima annotazione: non ho ben compreso a cosa esattamente servissero nell'economia del romanzo, gli excursus nel Medioevo (anno domini 1348). In un certo qual modo spiegano l'origine ed il senso di alcuni elementi usati negli omicidi, ma allo stesso tempo hanno un legame con i fatti del presente talmente labile che anche eliminandoli non sarebbe cambiato nulla.

Il finale è buono, non particolarmente scioccante ma sicuramente non scontato.
 
Voto: 6 e 1/2