... di Antonio Manzini.
Un novembre grigio e piovoso ad Aosta. Un ciclista viene investito su una strada extraurbana. Quello che sembra l'ennesimo incidente mortale, si rivela essere un omicidio. Ma chi voleva uccidere Paolo Sanna, un uomo che viveva da solo, con pochi contatti, pochissimi amici, nessun lavoro, nessuna relazione? Un uomo solitario, una vita passata a saltare da una parte all'atra dell'Italia, per poi finire ammazzato in una strada fiancheggiata da un bosco, ad Aosta. Visto che il presente della vittima non racconta nulla, Schiavone, chiamato a risolvere il caso, dovrà interrogare il passato.
Intanto, proprio dal passato, emerge una figura che metterà in pericolo una persona cara al vicequestore romano, che, ancora una volta, dovrà intervenire alla sua maniera.
Scrivere la recensione di un nuovo volume delle serie dedicata a Rocco Schiavone non è facile, per tutta una serie di motivi.
In primo luogo, mi chiedo, saprò essere obiettiva? Rocco Schiavone è un personaggio che ti entra nell'anima; giudicare questo libro ignorando la lunga serie di romanzi, alcuni veri capolavori del genere giallo e della costruzione del personaggio, è praticamente impossibile.
In secondo luogo, a Manzini si chiede sempre molto, quando si apre un suo libro. Gli si chiede, in ogni pagina, di ritrovare quelle emozioni, quell'empatia e quella perfetta imperfezione che ha saputo infondere al suo personaggio. Il rischio di essere più severi del dovuto è concreto. Fatta questa doverosa premessa, cercherò di essere il più obiettiva possibile.
Dice Poirot in un celebre romanzo (1): Gli antichi peccati proiettano lunghe ombre, e questa frase potrebbe essere la fascetta di questo libro. Un incidente che non è un incidente, un uomo che sembra un fantasma: queste sono le premesse di quelle che avrebbe tutte le carte in regola per essere un bel giallo. Dico avrebbe perchè secondo me la trama squisitamente gialla ha due difetti. Primo, specie nelle prima metà del libro, l'indagine procede in modo farraginoso, dando l'impressione di girare a vuoto. Dialoghi e interrogatori sono spezzettati, le persone informate sui fatti sono tante e sembra sempre che non abbiano mai detto tutto quello che hanno da dire. E vengono richiamati, riascoltati, reinterrogati. Alla lunga, il tutto diventa pesante.
Il secondo difetto che ho riscontrato è che proprio quando l'indagine ingrana e si fa interessante, coinvolgendo addirittura un vecchio cold case, con eventi inquietanti e mosse investigative azzardate, ma tipiche del nostro vicequestore, ecco che Rocco se ne disinteressa completamente, facendo passare la trama principale praticamente in secondo piano.
Certo, accade qualcosa che lo costringe a rivolgere la sua attenzione altrove: una persona cara è in pericolo e Rocco non può restare a guardare.
Ecco, io non condivido questa scelta di Manzini. L'autore ha infilato in un unico libro materiale che poteva tranquillamente dar vita, con un po' di rielaborazione, a due romanzi. A soffrirne è soprattutto la trama principale, a cui viene data una fine, a parer mio, distratta e frettolosa.
Era proprio necessario fare una cosa del genere? L'idea che mi sono fatta è che l'autore doveva inserire nel romanzo un gancio che gli permettesse di continuare ad alimentare l'immagine di un Rocco distrutto, tormentato e in frantumi. Mi meraviglia non poco, però, che abbia seguito la strada sopra descritta invece di fare i conti con quanto accaduto nel romanzo precedente, Riusciranno i nostri eroi...
Per carità, il libro precedente era brutto brutto, ma purtroppo per noi chiude una parte importante della trama orizzontale di questa serie; possibile che, in Il passato è un morto senza cadavere Rocco non elabori quanto accaduto e non faccia altro che un distratto accenno a quello che è successo? (Detto tra noi:noi appassionati lettori di Rocco Schiavone ci meritavamo una chiusura migliore di quella importante parte della vita del vicequestore).
Nonostante quanto affermato sopra, le oltre 500 pagine del romanzo scivolano via con facilità, perchè la scrittura di Manzini è semplice, pulita e diretta.
Alla fine del romanzo mi resta la sensazione di un'occasione parzialmente sprecata, nonostante debba riscontrare con soliievo che siamo anni luce (in senso positivo) dal romanzo precedente (e per fortuna). Probabilmente la storia narrata in questo romanzo necessita di un seguito, che naturalmente, nonostante le perplessità, io comprerò e leggerò.
Non riesco a dire di no a Manzini.
Voto:
Tre tazzine su cinque
(1) Il romanzo è Poirot e la strage degli innocenti.