giovedì 21 novembre 2024

Il passato è un morto senza cadavere...


 ... di Antonio Manzini.

 Un novembre grigio e piovoso ad Aosta. Un ciclista viene investito su una strada extraurbana. Quello che sembra l'ennesimo incidente mortale, si rivela essere un omicidio. Ma chi voleva uccidere Paolo Sanna, un uomo che viveva da solo, con pochi contatti, pochissimi amici, nessun lavoro, nessuna relazione? Un uomo solitario, una vita passata a saltare da una parte all'atra dell'Italia, per poi finire ammazzato in una strada fiancheggiata da un bosco, ad Aosta. Visto che il presente della vittima non racconta nulla, Schiavone, chiamato a risolvere il caso, dovrà interrogare il passato.
Intanto, proprio dal passato, emerge una figura che metterà in pericolo una persona cara al vicequestore romano, che, ancora una volta, dovrà intervenire alla sua maniera.
 
Scrivere la recensione di un nuovo volume delle serie dedicata a Rocco Schiavone non è facile, per tutta una serie di motivi.
In primo luogo, mi chiedo, saprò essere obiettiva? Rocco Schiavone è un personaggio che ti entra nell'anima; giudicare questo libro ignorando la lunga serie di romanzi, alcuni veri capolavori del genere giallo e della costruzione del personaggio, è praticamente impossibile.
In secondo luogo, a Manzini si chiede sempre molto, quando si apre un suo libro. Gli si chiede, in ogni pagina, di ritrovare quelle emozioni, quell'empatia e quella perfetta imperfezione che ha saputo infondere al suo personaggio. Il rischio di essere più severi del dovuto è concreto. Fatta questa doverosa premessa, cercherò di essere il più obiettiva possibile.

Dice Poirot in un celebre romanzo (1): Gli antichi peccati proiettano lunghe ombre, e questa frase potrebbe essere la fascetta di questo libro. Un incidente che non è un incidente, un uomo che sembra un fantasma: queste sono le premesse di quelle che avrebbe tutte le carte in regola per essere un bel giallo. Dico avrebbe perchè secondo me la trama squisitamente gialla ha due difetti. Primo, specie nelle prima metà del libro, l'indagine procede in modo farraginoso, dando l'impressione di girare a vuoto. Dialoghi e interrogatori sono spezzettati, le persone informate sui fatti sono tante e sembra sempre che non abbiano mai detto tutto quello che hanno da dire. E vengono richiamati, riascoltati, reinterrogati. Alla lunga, il tutto diventa pesante.
Il secondo difetto che ho riscontrato è che proprio quando l'indagine ingrana e si fa interessante, coinvolgendo addirittura un vecchio cold case, con eventi inquietanti e mosse investigative azzardate, ma tipiche del nostro vicequestore, ecco che Rocco se ne disinteressa completamente, facendo passare la trama principale praticamente in secondo piano.
Certo, accade qualcosa che lo costringe a rivolgere la sua attenzione altrove: una persona cara è in pericolo e Rocco non può restare a guardare.
Ecco, io non condivido questa scelta di Manzini. L'autore ha infilato in un unico libro materiale che poteva tranquillamente dar vita, con un po' di rielaborazione, a due romanzi. A soffrirne è soprattutto la trama principale, a cui viene data una fine, a parer mio, distratta e frettolosa.
Era proprio necessario fare una cosa del genere? L'idea che mi sono fatta è che l'autore doveva inserire nel romanzo un gancio che gli permettesse di continuare ad alimentare l'immagine di un Rocco distrutto, tormentato e in frantumi. Mi meraviglia non poco, però, che abbia seguito la strada sopra descritta invece di fare i conti con quanto accaduto nel romanzo precedente, Riusciranno i nostri eroi...  
Per carità, il libro precedente era brutto brutto, ma purtroppo per noi chiude una parte importante della trama orizzontale di questa serie; possibile che, in Il passato è un morto senza cadavere Rocco non elabori quanto accaduto e non faccia altro che un distratto accenno a quello che è successo? (Detto tra noi:noi appassionati lettori di Rocco Schiavone ci meritavamo una chiusura migliore di quella importante parte della vita del vicequestore).

Nonostante quanto affermato sopra, le oltre 500 pagine del romanzo scivolano via con facilità, perchè la scrittura di Manzini è semplice, pulita e diretta.
Alla fine del romanzo mi resta la sensazione di un'occasione parzialmente sprecata, nonostante debba riscontrare con soliievo che siamo anni luce (in senso positivo) dal romanzo precedente (e per fortuna). Probabilmente la storia narrata in questo romanzo necessita di un seguito, che naturalmente, nonostante le perplessità, io comprerò e leggerò.

Non riesco a dire di no a Manzini.

Voto:
 

                                                 
 


Tre tazzine su cinque
 
 
(1) Il romanzo è Poirot e la strage degli innocenti.

martedì 5 novembre 2024

L'anniversario...

 ... di Alice Feeney.

Adam e Amelia, coppia di sposi in crisi, vincono un soggiorno in una vecchia cappella riconvertita, nelle Highland scozzesi. Potrebbe essere l'ultima occasione per rimettere insieme i pezzi di un matrimonio che sta morendo senza un motivo apparente. Adam, sceneggiatore cinematografico, è ossessionato dal suo lavoro e dagli adattamenti dei thriller di un famoso scrittore, Harry Winter. Amelia, operatrice in un canile, si sente poco apprezzata e quasi invisibile per suo marito. Una storia come tante? Sembrerebbe di sì, se non fosse che sia Adam che Amelia hanno segreti, bugie e scheletri nell'armadio. E nessuno dei due può davvero fidarsi della persona che ha accanto.

Alice Feeney è l'autrice di Ogni piccola bugia, recensito in questo blog nel lontanissimo 2018, che rimane uno dei thriller piò interessanti che io abbia mai letto.
Con l'uscita di questo nuovo romanzo di Feeney, le mie aspettative erano comprensibilmente molto alte, ed in parte non sosno stata delusa ma... c'è un ma, purtroppo, come vedremo.

L'autrice costruisce intorno ai due protagonisti una ambientazione claustrofobica fin dalle prime righe:  un lunghissimo viaggio in macchina da Londra alle Highlands, la neve che cade, la campagna scozzese vuota e solitaria e due persone che poco o nulla hanno da dirsi.  L'alternarsi dei punti di vista di Amelia e Adam rende il libro, all'incirca per una metà, quasi una lunga e sofferta confessione che i due fanno al lettore; questa sensazione è accentuata dalle lettere mai spedite che segretamente la moglie di Adam scrive al marito in occasione di ogni anniversario. Questi due elementi (il senso di isolamento e le lettere che Adam non ha mai letto) creano una sorta di legame tra il lettore e la storia che ha tra le mani, e questo sicuramente è un grande punto di forza. 
Il lettore condivide questa intimità forzata con la coppia, percepisce il loro disagio a ritrovarsi da soli e li guarda mentre maldestramente tentano di riavvicinarsi. Il tutto condito con gli elementi classici della suspence: la corrente elettrica che non va, facce inquietanti dietro una finestra, comportamenti ambigui, porte chiuse a chiave che sembrano aprirsi da sole e la neve che cade fitta, inesorabile.

Dopo la prima metà il ritmo accelera quasi all'improvviso, e a questo punto diventa complicato mettere giù il libro e interrompere la lettura - segno questo che distigue, a parer mio, un thriller ben fatto dauno che invece non lo è.
Fin qui, in pratica ho descritto il thriller perfetto. Purtroppo però, questo è il momento in cui, per me, arriva il grande ma di cui parlavo prima. 
Quando arriva il momento di tirare i fili e sciogliere i nodi, la rivelazione (anzi, le rivelazioni) appaiono un po' buttate lì per caso, come se l'autrice, improvvisamente, ci dicesse: ah, a proposito, Lettore, sappi che x è nero ed y è bianco. Ora mettiti buono e andiamo avanti con la storia.
La sensazione di rivelazione non adeguatamente preparata è poi aggravata da un dettaglio della sinossi del libro, che deliberatamente mente al lettore
Sono andata a confrontare la quarta di copertina dell'edizione originale con quella italiana, ed in effetti l'edizione in inglese gioca sul filo del rasoio, mentre quella italiana svia (consapevolmente o inconsapevolmente?) il lettore.
 
Nonostante ciò, L'anniversario resta un buon thriller, che ha dalla sua una storia bella (che pecca più dal punto di vista del come è narrata che dal cosa viene narrato), personaggi ambigui quanto basta, è scritto con uno stile scorrevole e regala qualche ora di intrattenimento.
 
Voto:

 

Tre tazzine di caffè su cinque

mercoledì 17 maggio 2023

La libreria dei gatti neri...

 ... di Piergiorgio Pulixi.

«Un pensionato malinconico, un frate fin troppo vivace, un’ottantenne fissata con i serial killer, una ragazzina che si veste dark e sogna di uccidere qualcuno e un libraio sull’orlo del fallimento. È davvero questa la combriccola di investigatori a cui vuoi affidare la tua indagine?»
Grande appassionato di gialli, Marzio Montecristo ha aperto da qualche anno nel centro di Cagliari una piccola libreria specializzata in romanzi polizieschi. Il nome della libreria, Les Chats Noirs, è un omaggio ai due gatti neri che un giorno si sono presentati in negozio e non se ne sono più andati, da lui soprannominati Miss Marple e Poirot. Nonostante il brutto carattere del proprietario, la libreria è molto frequentata, ed è Patricia, la giovane collaboratrice di Montecristo, di origini eritree, a salvare i clienti dalle sfuriate del titolare. La libreria ha anche un gruppo di lettura, “gli investigatori del martedì”, un manipolo di super esperti di gialli che si riuniscono dopo la chiusura per discettare del romanzo della settimana. È una banda mal assembrata ma molto unita, di cui Marzio è diventato l’anima, suo malgrado. Un anno prima il gruppo si è dimostrato capace di aiutare una vecchia amica di Montecristo a risolvere un vero caso da tutti considerato senza speranza. Ora la sovrintendente Angela Dimase torna a chiedere la loro collaborazione per un’indagine che le sta togliendo il sonno: un uomo incappucciato si è presentato a casa di una famiglia, ha immobilizzato due coniugi e il loro figlioletto e ha intimato all’uomo di scegliere chi doveva morire tra la moglie e il figlio; se non avesse deciso entro un minuto, li avrebbe uccisi tutti e due. Il sadico killer viene presto soprannominato «l’assassino delle clessidre», visto che sulla scena del crimine ne lascia sempre una. Riusciranno gli improbabili “investigatori del martedì” a sbrogliare anche questo caso, intricato quanto agghiacciante, permettendo alla polizia di fermare il feroce assassino prima che colpisca di nuovo? 
 
L'ultimo libro di Pulixi, recensito su questo blog, non mi aveva fatto una grande impressione, però, ehi, chi sono io per resistere al fascino di un giallo ambientato in una libreria? In una libreria che vende gialli? In una libreria che vende gialli e le cui mascotte sono due gatti chiamati Poirot e Miss Marple?
Sono una lettrice di gialli semplice, se infili nel tuo romanzo citazioni letterarie dell'epoca d'oro del giallo, e mi strizzi l'occhio una pagina sì e una no, io non posso resistere.

Purtroppo, benchè abbia apprezzato tantissimo i vari omaggi letterari disseminati tra le pagine del romanzo, non posso dire che La libreria dei gatti neri mi abbia convinto fino in fondo.
 
Marzio Montecristo è un gran bel personaggio, devo riconoscerlo. Caustico, sfacciato, franco fino all'eccesso, colto e in fondo umano, sa catturare l'attenzione del lettore.
Peccato non possa dirsi lo stesso dei suoi comprimari, gli investigatori del martedì, di cui a stento ricordo i nomi. Ci sono tanto per riempire gli spazi vuoti, ma non sono davvero caratterizzati, ed a pensarci bene, qualcuno di loro potrebbe essere eliminato e il lettore neanche se ne accorgerebbe.

La trama, sebbene parta "col botto", e sia piuttosto intrigante, si affloscia man mano che viene sviluppata. Non perchè la storia non sia meritevole di attenzione, ma perchè viene, a parer mio, banalizzata dall'autore.
Cercando di non fare spoiler, due sono stati gli elementi che hanno spento il mio entuisiasmo. Il primo, è che gli investigatori del martedì hanno trovato la soluzione al caso collegandosi ad un sito e scaricando una serie di informazioni. Perchè trovo così scandalosa questa cosa? Semplicemente perchè le informazioni scaricate erano dati sensibili che NON SONO ASSOLUTAMENTE A DISPOSIZIONE DEL PUBBLICO. E attenzione: i protagonisti non hackerano il sito, si collegano e scaricano. Altra domanda che mi sono fatta, a riguardo, è stato come mai la polizia non abbia minimamente pensato di ottenere questi banalissimi dati per risolvere il caso e trovare collegamento tra le vittime e movente. Questo sì resta un mistero.

Secondo elemento deludente, la vera ciligina sulla torta, è il seguiente. Il colpevole viene incastrato mostrando a un testimone una foto del suddetto colpevole modificata facendo indossare alla figura in foto un passamontagna. E il testimone identifica senza ombra di dubbio l'assassino. Da una foto di un tizio in passamontagna. Ho già detto che il tizio in foto indossava un passamontagna?

Altra cosa che mi ha infastidito, è stata che questa: il romanzo strizza l'occhio agli amanti del giallo classico, gioca con le citazioni letterarie e le atmosfere classiche, ma contravviene a due delle regole del Decalogo di Knox per il giallo deduttivo. In particolare, viola la n. 8: l'investigatore non può scoprire alcun indizio che non sia istantaneamente presentato anche al lettore. Per carità, trattasi di una scelta legittima dell'autore, ma una scelta che io trovo molto, molto fastidiosa.
Per quel che riguarda l'altra regola violata, lascio ai lettori il compito di scoprirla.
 
In sintesi, La libreria dei gatti neri mi è sembrato un giallo con un buon protagonista e con una bella idea di partenza che però è stata sviluppata in maniera superficiale e pigra, quasi come se l'autore non avesse voglia di impegnarsi più di tanto per sbrogliare la matassa da lui stesso creata.

Voto:5