mercoledì 31 ottobre 2018

Anna di Avonlea. Anna dai capelli rossi #2...

... di Lucy Maud Montgomery.

La scheda del libro sul sito della Gallucci Editore

Canada, inizi del XX secolo. La giovane orfana Anna, adotatta dai Cuthbert sei anni prima, è cresciuta ed è diventata un'insegnante. Per amore delle persone che l'hanno accolta ha rinunciato ad allontanarsi da Avonlea, il piccolo villaggio dove vive e insegna. La comunità che inizialmente l'aveva accolta con una certa diffidenza adesso non uù fare a meno di lei, delle sue idee e della sua vitalità. In poco tempo Anna diventa il centro della vita di Avonlea, fino a che un giorno qualcosa cambia il corso degli eventi...

Eccoci arrivati al secondo capitolo delle avventure di questo straordinario personaggio, Anna. 
In questo romanzo la troviamo ormai diciassettenne, insegnante alla locale scuola, ma sempre eccentrica e creativa come l'avevamo lasciata.
Ritornare ad Avonlea è stato particolarmente piacevole, anche perchè il romanzo inizia con una disavventura, che coinvolge Anna, una mucca e un vicino, che mi ha fatto ridere di cuore.

La struttura del romanzo è la medesima del precedente (che ho recensito qui); l'autrice ci narra della vita quotidiana di Anna e di Avonlea, un paesino piuttosto chiuso e provinciale, dove il rispetto della consuetudine è tutto... o meglio, era tutto, fino a che non è arrivata Anna. Niente è banale o noioso durante la narrazione. Vengono introdotti anche personaggi secondari che ampliano l'orizzonte di Anna, ma in ogni caso la vera e indiscussa protagonista rimane lei.

Il personaggio di Anna, con la sua vitalità, sostiene praticamente da solo l'impianto dell'intero romanzo.  
Mi è sembrato di rilevare, in Anna di Avonlea, una nota un po' più ironica e un po' più leggera nello stile dell'autrice.  Se nel primo romanzo era d'obbligo presentarci Anna a la sua triste storia, e illustrarci come il dolore non l'avesse resa acida e chiusa, ma anzi, l'avesse aperta al mondo e alla speranza, in questo secondo romanzo l'autrice consolida la figura di Anna come faro nella vita della comunità. Tutto sembra girare intorno a lei, nel piccolo villagio in cui risiede, e ogni cosa prende una piega quanto meno originale quando è Anna ad occuparsene. 

Onestamente Anna è stato un punto luminoso anche per me, mentre leggevo. Questa storia infatti infonde allegria, speranza e vitalità.
Ho apprezzato moltissimo come la caratterizzazione di un personaggio eccentrico (almeno per gli standard dell'epoca) come Anna non scada mai nella macchietta e come l'autrice non indulga nella facile ironia. L'equilibrio con cui la profondità del pensiero di Anna e la sua stravaganza sono mescolati e descritti o degli aspetti più pregevoli di questo romanzo.
Particolarmente interessante rimane, come avevo avuto modo di rilevare nella recensione precedente, la modernità del personaggio di Anna, che non solo non si piega al conformismo imperante nella società dell'epoca, ma riesce, con la forza del suo ingegno, a trascinare fuori dal proprio guscio anche gli abitanti di Avonlea, infondendo nuova vita ad un'intera comunità.

Voto: 7 e 1/2

La scatola dei bottoni di Gwendy...

... di Stephen King e Richard Chizmar.

 La scheda del libro sul sito della Sperling & Kupfer

Gwendy è una ragazzina di dodici anni che vive a Castle Rock, ed è schernita dai compagni per il suo peso e perseguitata da un bullo. Durante l'estate decide di dimagrire e comincia a correre su un promontorio conosciuto come la Scala del Suicidio. Qui un mattino incontra uno strano uomo con un cappello nero, che le regala una misteriosa scatola...

La scatola dei bottoni di Gwendy è un romanzo che parte da uno spunto molto interessante. Un uomo avvicina una ragazzina che si sta affacciando all'adolescenza, con i suoi problemi e piccoli traumi, e le affida una scatola al cui interno ci sono dei bottoni. Premendoli potrebbero succedere cosa incredibili, nel bene e nel male. Inizialmente  il ragalo sembra aprire alla piccola Gwendy le porte di un sogno, di un'opportunità favolosa, ma poco alla volta la scatola comincia a svelare tutto il peso di un simile potere racchiuso nelle mani di una ragazzina. 

La scatola, molto lentamente ma in maniera costante,  comincia a rivelarsi come il vero elemento horror del romanzo (in modi che non posso rivelarvi per non fare spoiler). Il vero protagonista, infatti, è proprio questo oggetto, che nell'ombra riesce ad allungare la sua influenza sulla vita di Gwendy. Insomma, la scatola, in qualche modo, rifiuta il suo ruolo di strumento e si insinua nella vita di Gwendy in maniera subdola e strisciante.
Questo aspetto è quello che mi è piaciuto di più, perchè tiene l'elemento inquietante/soprannaturale ben ancorato alla realtà, e sinceramente non c'è niente che mi faccia più paura o che mi turbi di più di qualcosa di terrificante che sia ben radicato nella vita di tutti i giorni. L'alieno o il mostro zannuto venuto fuori dalla palude misteriosa possono anche spaventarmi per un momento, ma quello che davvero riesce a toccarmi è l'orrore che striscia pian piano nel quotidiano. Da questo punto di vista, La scatola dei bottoni fa egregiamente il suo dovere. E per questo il romanzo merita ampiamente la sufficienza, secondo me.

Altra cosa che mi è piaciuta è stato il modo in cui gli autori hanno affrontato il tema che potremmo definire sinteticamente come "grandi poteri, grandi responsabilità".
Nel raccontarci la storia di una ragazzina qualunque che improvvisamente si trova tra le mani un oggetto spaventosamente potente, gli autori non tralasciano di sottolineare, senza moralismi e senza pedanteria, le implicazioni che la sola esistenza di un simile oggetto porta con sè, e lo fanno in modo tutt'altro che banale. Di riflesso, anche Gwendy viene perciò approfondita sufficientemente nelle sue motivazioni e nella sua psicologia.

Fino a qui ho elencato i punti di forza di questo romanzo, il quale, però, non è riuscito a convincermi fino in fondo.
 
Quello che mi ha lasciato perplessa, infatti, è stato lo sviluppo del romanzo considerato nel suo insieme. Si tratta, infatti, di un romanzo molto breve per gli standard a cui King ci ha abituati, circa 240 pagine scritte in un carattere molto grande e con margini abbastanza ampi. La storia mi è sembrata un po' stiracchiata, un po' diluita al fine di raggiungere il minimo sindacale quanto a numero di pagine e potersi fregiare del titolo di romanzo. Mi è rimasta addosso la sensazione che qiesta storia avrebbe dato il meglio di sè in forma di racconto; nel momento in cui se ne è fatto un romanzo l'operazione è riuscita solo a metà. Qualche omissione, il sorvolare su qualche spiegazioni e alcune domande lasciate senza risposta le posso tollerare in un  racconto; ma in un romanzo no. Sento che mi manca qualcosa, e questo è proprio quello che mi è successo leggendo La scatola dei bottoni di Gwendy.
Se da un lato è vero che il romanzo è molto scorrevole, dall'altro qualche approfondimento in più non lo avrebbe certo appesantito, tutt'altro. Qualche pagina in più spesa specialmente sul misterioso uomo in nero e sul suo ancor più misterioso cappello avrebbero dato, secondo me, maggior spessore al romanzo. Avrei gradito anche sapere qualcosa in più sulla scatola, le sue origini, la sua storia.

Voto: 6 e 1/2

venerdì 19 ottobre 2018

Come fermare il tempo...

... di Matt Haig.


Tom è un uomo speciale; il suo corpo invecchia molto lentamente, ed oggi ha quattrocento anni ma ne dimostra quaranta. È nato sul finire del 1500, ha attraversato i secoli e la storia portandosi dietro il grande dolore per la morte del suo primo amore, Rose, e per la scomparsa di sua figlia Marion, che sembrava aver ereditato la sua stessa maledizione.

Libro dalla trama intrigante e dalla copertina bellissima, Come fermare il tempo si è rivelato essere una mezza delusione. Da appassionata di tutto cò che riguarda il tempo (paradossi, viaggi e affini) nutrivo molte aspettative su questo libro, che sono state quasi tutte disattese.

In primo luogo, la storia non mi ha appassionato neanche un po'. 
Sul sito dell'editore il libro è descritto così:  Tom, portandosi dietro questo oscuro segreto, attraversa i secoli dall’Inghilterra elisabettiana alla Parigi dell’età del jazz, da New York ai mari del Sud, vivendo tante vite ma sognandone una normale.
È vero, Tom avrà vissuto anche tante vite, peccato però che a noi vengano raccontate solo le briciole.
Tutte queste avventure, queste storie, questi periodi storici, la New York del jazz, i mari del Sud e tutto il resto non sono che brevi accenni, poco articolati, poco approfonditi, che servono a Tom per raccontarci sempre e comunque la medesima storia, ovvero di come abbia perso la sua adorata Rose e di come la ferita non si sia ancora risanata. 
L'unica parte della sua vita che è narrata con organicità è, infatti, quella vissuta accanto a Rose nel 1600, tra pregiudizi, accuse di stregoneria e malattie mortali. Ogni tanto vengono buttati qui e là personaggi storici  che hanno incrociato la vita di Tom (Shakespeare, il capitano Cook, Francis Scott Fitzgerald), ma eccezion fatta per Shakespeare, i nomi famosi incontrati dal protagonista restano appunto soltanto nomi, senza incidere veramente sulla storia e sul personaggio. 
La trama è terribilmente statica nonostante frequenti salti temporali tra un'epoca e un'altra, perchè in realtà accade ben poco, e quel poco di importante che è accaduto viene rivelato praticamente da subito (e Tom passerà tutto il libro a ripetercelo).

Un altro dei problemi che ho avuto con questo romanzo è stato proprio con il protagonista, che ha anche il ruolo di narratore in prima persona. Non sono riuscita a provare empatia per uno che non fa altro che disperarsi per trecento pagine. Secondo me, a Tom e alla trama manca quel guizzo, quel lampo che accenda la vicenda di una luce nuova e interessante. Perchè, diciamocelo francamente, è già pesante leggere un lungo, interminabile lamento d'amore, ma è ancora più pesante leggere un lungo interminabile lamento d'amore che oltretutto non è affatto originale. Infatti, il concetto alla base di questo libro - chi vuol vivere per sempre se le persone che ami sono destinate a morire? - è stato già ampiamente sfruttato e raccontato in tutte le salse.
Le sentite le note dei Queen in sottofondo?  Who wants to live forever? Who dares to love forever? When love must die [1].
A me è sembrato di leggere la trama del film del 1986 Highlander - L'ultimo immortale [2] ma senza gli spadoni. Che almeno era fichi.

Una leggera scintilla d'interessa l'ho provata nel finale, quando sembra che la trama voglia superare la staticità cui è stata condannata per tutto il romanzo e acquisire un po' di ritmo e dinamicità, ma è durata poco. Il finale in sè mi è parso alquanto affrettato e forzato, nonchè non completamente in linea con le premesse fatte nel romanzo. Mi riferisco in particolare ad una decisione presa nel finale dall'antagonista di Tom, che mi è parsa assurda e non coerente col personaggio.

Mi dispiace molto dare un voto negativo a questo libro, anche perchè la stile di Matt Haig non è affatto male, e ha reso comunque leggibile un libro che non ha acceso il mio interesse. Ma purtroppo non posso andare oltre un 5.

[1] Chi vuole vivere per sempre? Chi osa amare per sempre? Quando chi ami deve morire. (Queen, Who wants to live forever, Compositori: Brian May / Michael Kamen).
[2] Highlander - L'ultimo immortale su Wikipedia. Tra l'altro si tratta di un film bellissimo con una colonna sonora eccezionale, scritta e interpretata dai Queen. Se non l'avete visto, ve lo consiglio caldamente.

mercoledì 10 ottobre 2018

Questa volta leggo #7. Pulvis et umbra...

... di Antonio Manzini.

Rieccoci anche questo mese all'appuntamento con Questa volta leggo, la rubrica creata dalle blogger dei blog La libridinosa, Le mie ossessioni librose e Lettrice sulle nuvole.
Ogni blogger partecipante si impegna a leggere un libro che soddisfi il tema del mese, che per ottobre è: leggi un libro dalla copertina blu.
Siccome, a parer mio, in tema di libri blu è sinonimo di Sellerio, mi sono buttata sull'ultimo romanzo di Antonio Manzini con protagonista Rocco Schiavone (ultimo ancora per poco, visto che domani uscirà Fate il vostro gioco, nuovo capitolo della serie).


Rocco Schiavone e la sua squadra indagano sulla morte di una giovane trans, strangolata e gettata nella Dora. Si scontreranno dapprima con reticenze e pregiudizi e poi si imbatteranno in qualcosa di ancora più misterioso di un delitto irrisolto. Parallelamente, un cadavere sconosciuto viene ritrovato nelle campagne alle porte di Roma. L'uomo ha in tasca un foglietto con numero di telefono di Rocco. Impossibile non pensare alla vicenda della fuga di Enzo Baiocchi, ma se un legame esiste, è molto ben nascosto...

Con questo romanzo Manzini continua a narrarci la complessa vicenda umana e professionale del vicequestore Rocco Schiavone, romano verace trasferito ad Aosta per alcune gravi intemperanze. 
Vi avviso che se non avete mai letto la serie (ne parlo qui), questa recensione potrebbe contenere spoiler sui volumi precedenti.

Il personaggio di Rocco Schiavone non ha bisogno di tante parole di presentazione. È un uomo profondamente infelice, rinchiuso in un dolore che non vuole abbandonare, nonchè un poliziotto atipico che si muove ai limiti della legalità, non per senso di giustizia, ma seguendo una sua personale etica.

In questo romanzo seguiamo gli sviluppi della vicenda che vede Rocco sulle tracce di Enzo Baiocchi, criminale evaso, fratello dell'uomo che ha assassinato sua moglie Marina, e che a sua volta cerca vendetta nei confronti del vicequestore per la morte del fratello.
Allo stesso tempo però Rocco deve indagare sulla morte di una giovane trans argentina, in un caso dove sembra che qualcuno sia sempre un passo avanti alla squadra della questura, e faccia sparire le prove un momento prima che Rocco riesca a metterci le mani sopra. E come se tutto ciò non bastasse, vicino Roma viene trovato un cadavere che ha il numero di telefono di Schiavone in tasca.

Queste poche righe esplicative servono a illustrare la complessità di un romanzo che mi è piaciuto molto. Manzini non sbaglia un colpo e ci regala un romanzo solido e compatto nonostante tre diverse sotto-trame, profondo e magistralmente scritto, con una trama interessante e movimentata, cucita addosso al nostro vicequestore.
Il personaggio di Rocco continua il suo percorso di evoluzione, e in questo libro sembra, finalmente, aprirsi un po'alla vita. 

S’era chiuso a chiave in quel ricordo. Ma s’era scordato una finestra aperta, e Caterina s’era affacciata. «Lupa, che cazzo devo fare?». Quella non aveva neanche tirato su le orecchie.

L'evoluzione di un personaggio molto complesso e ricco di sfaccettature e di umane contraddizioni è perfettamente fuso con lo sviluppo delle sue vicende ed è questo che, secondo me, rende questo romanzo (e gli altri della serie) tanto belli da bucare la pagina ed entrare nell'anima del lettore.
La straordinaria acutezza con cui l'autore poi riesce a mettere in relazione i suoi personaggi e descriverne le reazioni rende questa storia viva, vera e reale. Mentre leggevo le immagini descritte, le parole prendevano spontaneamente vita. Io vedevo Rocco parlare con il magistrato Baldi, o con Brizio. Non è una cosa che mi capita spesso, e questo è quello che intendo quando dico che questo romanzo romanzo è vivo.
E certamente il carico doloroso che questa storia si porta dietro contribuisce a renderlo ancora più vivo.

"Da quando ero piccolo ho sempre avuto la sensazione di stare nella camera della morte, hai presente? Quel percorso che fanno fare ai tonni nelle mattanze? Per quanto sia tortuoso, pieno di angoli e svolte, finiscono tutti nella trappola per essere trasformati in scatolette. Ecco, per me è la stessa cosa. Qualsiasi decisione tu prenda nella vita arrivi sempre nello stesso posto, nella scatoletta. Ci illudiamo di fare delle scelte, ma la strada è già segnata e questo non me lo toglie nessuno dalla testa."

La lettura di questo romanzo mi ha lasciato un groviglio di sentimenti che faccio fatica a sbrogliare e descrivere.
Non si può restare indifferenti mentre i fili delle indagini ufficiali e di quelle più strettamente professionali si ingarbugliano; non si può restare indifferenti mentre Rocco lascia andare, suo malgrado, il dolore che lo ha tenuto in piedi in questi anni; non si può restare indifferenti mentre l'autore ci descrive come la vita, cinicamente, se ne infischi dei nostri sentimenti e vada avanti, anche se noi pensiamo di non essere pronti.
E qualche lacrima c'è scappata quando l'autore ci ha ricordato che la realtà è più dura dei sentimenti e della buona volontà, e alla fine la spunta su tutti i nostri buoni propositi. E una profonda amarezza mi ha invaso nel leggere il finale, crudo e disincantato come ben si addice al personaggio di Rocco Schiavone.

In conclusione, un gran bel romanzo che non può essere letto da solo, ma deve necessariamente seguire la lettura degli altri romanzi della serie. Un capitolo che segna una nuova svolta nella vita di Rocco Schiavone, svolta costruita benissimo, preparata con cura e perfetta per tirare una stilettata a tradimento al cuore del lettore.

Voto: 8

Vi lascio il calendario della rubrica Questa volta leggo, che torna, naturalmente, il mese prossimo.