La scheda del libro sul sito della Rizzoli
La donna invisibile sedeva sulla penultima panchina, la seconda a uscire dal pomeriggio e a entrare nella sera. [...]. In senso stretto la donna non poteva essere definita invisibile. Se qualcuno si fosse concentrato e avesse scrutato con insistenza proprio dalla sua parte, forse l'avrebbe notata. Ma la concentrazione in quella città era tanto rara da poter affermare che sì, la donna invisibile era davvero invisibile. Minuta, i capelli grigi che le sfioravano le spalle pettinati in maniera anonima, il vestito scuro, le scarpe basse, una giacca leggera, una borsa morbida in grembo, sedeva sul bordo della panchina coprendo le ultime lettere di una scritta di vernice che comunque sarebbe stata incomprensibile. La testa era protesa in avanti, verso il vuoto. Non guardare nessuno, e nessuno ti guarderà. In realtà la donna invisibile stava osservando qualcuno, senza particolare interesse: così, per mantenersi in esercizio. A una trentina di metri, al limite del suo campo visivo, su una delle panchine ancora immerse nel sole, c'erano die giovani che discorrevano. La distanza, le urla dei bambini, gli scooter che sfrecciavano accelerando, i tanti rumori della strada impedivano che anche l'eco di una sola parola del dialogo arrivasse alla donna invisibile. Nonostante questo, lei coglieva il contenuto della conversazione come se fosse seduta in mezzo a loro.
Era il suo potere.
Sara è una poliziotta in pensione. Ha lavorato tutta la vita all'ombra dei Servizi Segreti, ascoltando e interpretando intercettazioni ambientali e telefoniche. Anni prima, aveva lasciato il marito e un figlio ancora piccolo per andare incontro al grande amore della sua vita: il suo capo, Massimiliano, scomparso di recente.
Sara viene avvicinata da Viola, che aspetta un bambino da suo figlio, morto in un incidente. Anche grazie ai colloqui serali con lei, la donna accetta la richiesta di una ex collega e torna a lavorare ancora una volta nell'ombra, per occuparsi di un caso di omicidio conclusosi con la condanna della figlia della vittima, rea confessa. Eppure c'è ancora qualcosa che non torna; qualcuno è in pericolo, perché la verità non è ancora venuta a galla, e Sara è l'unica a cercarla.
Sara al tramonto mi è piaciuto molto. Mi è piaciuta innanzitutto la protagonista, perché è un personaggio non convenzionale, che, ad un'occhiata superficiale, potrebbe sembrare lo stereotipo dell'investigatore solo e tormentato. A dire il vero, Sara è sola e tormentata, ma non è uno stereotipo. Sara non ha rimpianti o sensi di colpa. Non è così che vive la sua vita.
Vent'anni prima, ha fatto una scelta estrema: ha abbandonato il marito ed un figlio piccolo e non si è mai voltata indietro. E nonostante questo cammino l'abbia condotta ad un ritiro anticipato dal lavoro e ad una profonda solitudine, Sara non rimpiange e non rinnega niente.
C'è una profonda malinconia che pervade questo romanzo, bellissimo, triste e struggente, malinconia che si diffonde proprio da Sara fin dalle prime righe. Sara sa cosa ha perso quando il suo grande amore è morto, ma sa anche cosa ha avuto dalla vita. E pensa, più o meno coscientemente, che oramai la sua vita sia finita.
Quando meno se lo aspetta, però, arrivano Teresa, ex collega e amica, e soprattutto Viola ad aprire una breccia nella sua corazza.
A fare da contrappunto a Sara, troviamo Davide Pardo, poliziotto vecchio stampo, seppur più giovane di Sara, tutto fiuto e lavoro di gambe. Lui sì che ha dubbi, rimpianti e sensi di colpa. È lui che ha svolto le indagini sul caso riaperto ufficiosamente, ed è su di lui che pesa la paura di aver forse arrestato un'innocente. Pardo è solo, come Sara, con l'unica compagnia di una gigantesco cane che aveva comprato per la compagna che lo ha lasciato.
Sara e Pardo sono una improbabile coppia di investigatori, diversissimi per metodo e carattere, ma uniti da una profonda solitudine e da un grande senso di giustizia.
La trama gialla è interessante perché l'indagine va alla ricerca non dei soliti indizi che possiamo trovare in qualunque noir (DNA, orme, macchie di sangue, eccetera). Sara, per investigare, ha bisogno di vedere e parlare con le persone. Solo così può utilizzare la sua straordinaria abilità nell'interpretare il linguaggio del corpo. Per questo l'indagine si svolge in maniera decisamente non convenzionale, ripercorrendo le tappe dell'inchiesta originale ma "leggendole" alla luce delle capacità di Sara. Non posso non sottolineare quanto questo sia stato avvincente per un'avida lettrice di gialli e noir come me, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e di originale. E anche questa volta de Giovanni non mi ha deluso da questo punto di vista.
Sebbene non sia difficile intuire il colpevole, mi ha colpito favorevolmente la rivelazione del movente, perché riesce a dipingere, ancora una volta, l'essere umano in tutte le sue debolezze e meschine aspirazioni.
In fin dei conti, a Maurizio de Giovanni non interessa raccontarci un fatto di sangue e la relativa indagine; o almeno, non solo. A lui interessa parlarci dell'animo umano, della sua poesia, incarnata da Massimiliano e dal suo amore puro che va oltre la morte e la malattia, e delle sue bassezze, rappresentate dal colpevole e dalle sue ragioni.
È per questo che Maurizio de Giovanni ha dato a Sara, il potere di guardare dentro le persone. Perché potessimo farlo anche noi, attraverso i suoi personaggi.
E come costruisce i personaggi lui, nessuno mai.
Voto: 7 e 1/2
Sara viene avvicinata da Viola, che aspetta un bambino da suo figlio, morto in un incidente. Anche grazie ai colloqui serali con lei, la donna accetta la richiesta di una ex collega e torna a lavorare ancora una volta nell'ombra, per occuparsi di un caso di omicidio conclusosi con la condanna della figlia della vittima, rea confessa. Eppure c'è ancora qualcosa che non torna; qualcuno è in pericolo, perché la verità non è ancora venuta a galla, e Sara è l'unica a cercarla.
Sara al tramonto mi è piaciuto molto. Mi è piaciuta innanzitutto la protagonista, perché è un personaggio non convenzionale, che, ad un'occhiata superficiale, potrebbe sembrare lo stereotipo dell'investigatore solo e tormentato. A dire il vero, Sara è sola e tormentata, ma non è uno stereotipo. Sara non ha rimpianti o sensi di colpa. Non è così che vive la sua vita.
Vent'anni prima, ha fatto una scelta estrema: ha abbandonato il marito ed un figlio piccolo e non si è mai voltata indietro. E nonostante questo cammino l'abbia condotta ad un ritiro anticipato dal lavoro e ad una profonda solitudine, Sara non rimpiange e non rinnega niente.
C'è una profonda malinconia che pervade questo romanzo, bellissimo, triste e struggente, malinconia che si diffonde proprio da Sara fin dalle prime righe. Sara sa cosa ha perso quando il suo grande amore è morto, ma sa anche cosa ha avuto dalla vita. E pensa, più o meno coscientemente, che oramai la sua vita sia finita.
Quando meno se lo aspetta, però, arrivano Teresa, ex collega e amica, e soprattutto Viola ad aprire una breccia nella sua corazza.
Sara al tramonto era diversa. Sara al tramonto aveva nel cuore una porta aperta in cima a una scala a chiocciola, e quella porta era la sua debolezza.
A fare da contrappunto a Sara, troviamo Davide Pardo, poliziotto vecchio stampo, seppur più giovane di Sara, tutto fiuto e lavoro di gambe. Lui sì che ha dubbi, rimpianti e sensi di colpa. È lui che ha svolto le indagini sul caso riaperto ufficiosamente, ed è su di lui che pesa la paura di aver forse arrestato un'innocente. Pardo è solo, come Sara, con l'unica compagnia di una gigantesco cane che aveva comprato per la compagna che lo ha lasciato.
Sara e Pardo sono una improbabile coppia di investigatori, diversissimi per metodo e carattere, ma uniti da una profonda solitudine e da un grande senso di giustizia.
La trama gialla è interessante perché l'indagine va alla ricerca non dei soliti indizi che possiamo trovare in qualunque noir (DNA, orme, macchie di sangue, eccetera). Sara, per investigare, ha bisogno di vedere e parlare con le persone. Solo così può utilizzare la sua straordinaria abilità nell'interpretare il linguaggio del corpo. Per questo l'indagine si svolge in maniera decisamente non convenzionale, ripercorrendo le tappe dell'inchiesta originale ma "leggendole" alla luce delle capacità di Sara. Non posso non sottolineare quanto questo sia stato avvincente per un'avida lettrice di gialli e noir come me, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e di originale. E anche questa volta de Giovanni non mi ha deluso da questo punto di vista.
Sebbene non sia difficile intuire il colpevole, mi ha colpito favorevolmente la rivelazione del movente, perché riesce a dipingere, ancora una volta, l'essere umano in tutte le sue debolezze e meschine aspirazioni.
In fin dei conti, a Maurizio de Giovanni non interessa raccontarci un fatto di sangue e la relativa indagine; o almeno, non solo. A lui interessa parlarci dell'animo umano, della sua poesia, incarnata da Massimiliano e dal suo amore puro che va oltre la morte e la malattia, e delle sue bassezze, rappresentate dal colpevole e dalle sue ragioni.
È per questo che Maurizio de Giovanni ha dato a Sara, il potere di guardare dentro le persone. Perché potessimo farlo anche noi, attraverso i suoi personaggi.
E come costruisce i personaggi lui, nessuno mai.
Voto: 7 e 1/2
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