... di Sara Rattaro.
La scheda del libro sul sito della Garzanti
Angelika, moglie di Francesco, è scappata in Danimarca con la loro bambina di quattro anni, Margherita, e per dieci anni ha impedito all'uomo di vederla e di avere contatti con lei. Quando la donna muore a causa di un incidente stradale, Francesco corre a riprendersi la figlia ormai adolescente, una figlia che non conosce e che, traumatizzata, lo guarda con sospetto.
Con l'aiuto della compagna Enrica tenterà di ricominciare daccapo e colmare dieci anni di assenza.
Sara Rattaro merita un dieci per la scelta del tema: i rapimenti internazionali di minori da parte di uno dei due genitori. Un argomento duro, difficile, doloroso, di cui si parla poco. Merita un dieci per lo stile calmo, fluido e senza eccessi con cui è riuscita a parlarne. E merita un dieci, infine per l'aggiunta, alla fine di alcuni capitoli, della fredda cronaca, in poche e scarne frasi, di casi reali di sottrazione di bambini ad un genitore da parte dell'altro. Questo espediente mi ha dato i brividi, e credo che quelle frasi così crude nella loro semplicità saranno l' unica cosa che mi resterà dentro a lungo di questo romanzo.
Non sono memorabili, invece, le riflessioni in corsivo che aprono o chiudono alcuni capitoli: poco incisive, slegate dal contesto e a volte decisamente banali (Nessuno fa solo cose giuste o sbagliate. Siamo luce e ombra insieme, frase mai sentita! Oppure: Da fuori le cose sembrano molto più semplici. Ancora: Il tempo passa, trascorre e vola via. Dicono che guarisca tutte le ferite e non guardi in faccia nessuno. Quando sei in preda all’ansia lo vorresti accelerare e quando devi fare una scelta ti piacerebbe poterlo congelare.)
Il romanzo è abbastanza breve, circa 200 pagine, ma ha troppa carne sul fuoco: la sottrazione di minori, e poi l' autolesionismo, il bullismo, la bulimia, le difficoltà dell'adolescenza. Davvero troppo perchè ogni argomento possa essere approfondito nel modo che merita.
Insomma, so che, quando inizio a leggere un romanzo di Sara Rattaro, il mio cuore deve essere preparato ai colpi duri, ma stavolta non sapevo da che parte volarmi prima. Troppi input, per dirla in linguaggio informatico, ma troppo superficiali. E questo ha fatto sì che neanche il tema principale venisse sviscerato a dovere.
Perchè Angelika ha portato via sua figlia all' improvviso, impedendo al padre di vederla? I due erano in crisi? Francesco ha fatto qualcosa per scatenare non solo la separazione, ma anche l'accanimento dell'ex moglie nell'evitare ogni contatto con la piccola? Angelika è forse una donna instabile, come sembrerebbe quando per un nonnulla rinfaccia a Margherita: per forza tuo padre non ti ha voluta? (cosa assolutamente non vera, e che lei sa non essere vera).
Più che una storia dolorosa, mi è sembrato che all'autrice interessasse raccontare il dolore in sè. Scelta legittima, ma che a me ha dato l'orticaria. Troppo autocompiacimento nel crogiolarsi nel dolore, troppa ansia di mostrare una sofferenza bloccata e inerte. Non è chiarissimo cosa Francesco faccia per riprendersi la figlia; vengono citati giudici e assistenti sociali ma io la sua rabbia e la sua lotta, quella che lui dice di aver combattuto per dieci anni, non le ho percepite. Non le ho vissute. Al limite le ho intraviste, e sinceramente non mi è bastato per farmi provare empatia nei confronti di Francesco.
L'unica cosa che mi è giunta di Francesco è stato il senso di colpa, perché in qualche modo l'uomo si sente in colpa per quanto è successo. Onestamente mi piacciono i personaggi dall'animo buono e sensibile, ma Francesco esagera! Sofferenza e senso di colpa a volontà, ma mai, e dico mai, una parola cattiva contro la donna che di punto in bianco ha distrutto la sua famiglia portandosi via sua figlia. Nel finale arriva anche a giustificarla. Credo che questo non sia un atteggiamento realistico.
Il medesimo difetto lo condivide anche Enrica, la sua compagna, anche se in misura minore, perché nel finale riesce, almeno in parte, a fare qualcosa di umanamente egoistico.
Siamo luce e ombra insieme, dice ad un certo punto Francesco, ma le ombre io qui non le ho viste; i contrasti non li ho visti. Ho visto solo una madre dalle motivazioni incomprensibili e un padre che concorre per la propria beatificazione mentre è ancora in vita.
Mi chiedo, infine, se sia un caso che il primo romanzo di Sara Rattaro che io abbia letto, L'amore addosso, mi abbia colpito molto; il secondo, Un uso qualunque di te, mi abbia lasciato indifferente; e il terzo (questo) mi abbia deluso. Ricorre nei tre romanzi lo stesso schema (qualcuno muore, qualcuno finisce all'ospedale, qualcuno è costretto a ripensare la sua vita, non necessariamente in questo ordine), e mi chiedo se questa ripetizione non abbia influito negativamente sul mio giudizio.
Voto: 5 (di stima per Sara Rattaro, che mi sembra una brava scrittrice che ha paura di abbandonare la sua comfort zone)
L'unica cosa che mi è giunta di Francesco è stato il senso di colpa, perché in qualche modo l'uomo si sente in colpa per quanto è successo. Onestamente mi piacciono i personaggi dall'animo buono e sensibile, ma Francesco esagera! Sofferenza e senso di colpa a volontà, ma mai, e dico mai, una parola cattiva contro la donna che di punto in bianco ha distrutto la sua famiglia portandosi via sua figlia. Nel finale arriva anche a giustificarla. Credo che questo non sia un atteggiamento realistico.
Il medesimo difetto lo condivide anche Enrica, la sua compagna, anche se in misura minore, perché nel finale riesce, almeno in parte, a fare qualcosa di umanamente egoistico.
Siamo luce e ombra insieme, dice ad un certo punto Francesco, ma le ombre io qui non le ho viste; i contrasti non li ho visti. Ho visto solo una madre dalle motivazioni incomprensibili e un padre che concorre per la propria beatificazione mentre è ancora in vita.
Mi chiedo, infine, se sia un caso che il primo romanzo di Sara Rattaro che io abbia letto, L'amore addosso, mi abbia colpito molto; il secondo, Un uso qualunque di te, mi abbia lasciato indifferente; e il terzo (questo) mi abbia deluso. Ricorre nei tre romanzi lo stesso schema (qualcuno muore, qualcuno finisce all'ospedale, qualcuno è costretto a ripensare la sua vita, non necessariamente in questo ordine), e mi chiedo se questa ripetizione non abbia influito negativamente sul mio giudizio.
Voto: 5 (di stima per Sara Rattaro, che mi sembra una brava scrittrice che ha paura di abbandonare la sua comfort zone)
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