venerdì 17 giugno 2016

L'altro capo del filo...

...di Andrea Camilleri.

La scheda del libro

Mentre a Vigata si susseguono senza sosta gli sbarchi dei migranti, con tutto il loro corollario di dolore e tragedie, una sarta viene uccisa nella sua bottega a colpi di forbici. Un delitto passionale, a prima vista, e i sospetti non mancano. Quando sarà costretto ad eliminare dal novero dei possibili colpevoli i sospettatati uno ad uno, Montalbano dovrà scavare più in profondità nel passato della vittima per portare alla luce il movente, e, di conseguenza, l'identità dell'assassino.
 
L'altro capo del filo è la nuova indagine che vede coinvolto il commissario Montalbano. Già a partire dal titolo si intuisce l'abilità con cui Camilleri costruisce le sue storie.
L'altro capo del filo è un titolo simbolico, perché ci parla di quel filo ideale che lega le due sponde del Mediterraneo, così vicine eppure così lontane, l'una quasi irraggiungibile per chi è nato sulla sponda "sbagliata"; ci parla del filo ingarbugliato che lega passato e presente della bella Elena, sarta quarantenne che nessuno, apparentemente, aveva motivo di odiare. E ci parla infine, di quelle telefonate che tanto la sconvolgevano, e che riceveva di tanto in tanto. Chi c'era, appunto, all'altro capo del filo?
 
Elena, la vittima, è una donna come spesso ne incontriamo nei romanzi di Camilleri. Bella, generosa e affabile, anche se molto riservata.
Il suo passato sembra una segreto impenetrabile che lei non ha rivelato nemmeno agli amici più intimi. Non essendo originaria di Vigata, ma essendosi trasferita relativamente di recente, nessuno sa molto di quel passato. L'ombra del marito morto suicida al nord sembra oscurare la sua vita tranquilla.
L'indagine sulla sua morte si trascina; non per mancanza di piste, quanto per l'incredibile difficoltà in cui versa il commissariato di Vigata tutto, che, notte dopo notte, sovraintende agli sbarchi dei migranti e tenta come può di sopperire alla carenze di fondi e di mezzi.
 
Le vicende relative agli sbarchi occupano buona parte del libro, e qui sta il punto di forza o il punto debole del romanzo, a seconda di quello che stiamo cercando in questo libro.
Camilleri ci narra l'indagine quasi controvoglia, quello che gli premeva era, a parer mio, raccontarci la storia di piccoli atti di eroismo quotidiani durante l'emergenza sbarchi. Piccoli atti eroici che sono compiuti da una parte e dall'altra. Raccontarci di umanità, di miserie, di cattiverie, di sacrificio. Aveva bisogno di dirci: guardate, e non distogliete lo sguardo.
Tutti gli agenti del commissariato sono impegnati notte dopo notte con gli sbarchi, senza requie e senza turni di riposo; di giorno naturalmente devono occuparsi della normale routine, e sono allo stremo delle forze.
I migranti che sbarcano sono in condizione peggiori; hanno visto la morte in faccia e spesso hanno subito violenze a cui difficilmente la giustizia italiana potrà riparare.
 
Se vogliamo, anche l'indagine si può analizzare sotto quest'ottica. Più che un mistero, Camilleri voleva scrivere, secondo me, dell'animo umano e di ciò che è capace di fare se messo alle strette  (nel bene e nel male).
Elena cade sotto i colpi di un odio freddo, e, a conti fatti, anche immotivato.
Ecco, tutte le vicende, sebbene abbiamo una spiegazione logica, sono prive di senso, quello più profondo, più vero.
Che il Mediterraneo sia una tomba a cielo aperto non ha alcun senso. Che Elena sia morta per placare un odio che non aveva fatto nulla per suscitare non ha senso.
C'è un certo pessimismo "cosmico" latente in questa romanzo. Non c'è consolazione, non c'è ristoro dal dolore.
 
Voto: 7
 

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