lunedì 2 maggio 2016

La saga di Agnes Browne. Parte I: Agnes Browne, mamma...

di Brendan O'Carroll.



 
Agnes Browne, 34 anni, vive nel centro di Dublino nel popolare quartiere del Jarro. Ha sette figli e un marito che gioca, beve e la picchia. Quando l'uomo muore, Agnes dovrà provvedere a sé e ai suoi figli, ma finalmente prenderà in mano la sua vita, vivendo buffe avventure quotidiane, ed affrontando la vita sempre col sorriso.
 
Questo breve romanzo ci introduce nel mondo di Agnes Browne, una donna che fa parte del proletariato di Dublino, e che, sul finire degli anni 60, sbarca il lunario vendendo frutta e verdura al mercato, con l'amica Marion. La morte del marito è più una liberazione che un vero lutto; infatti, finalmente, Agnes può prendere la sua vita in mano.
Il personaggio di Agnes è buffo e piuttosto naive; è una donna molto pratica ma dimostra un'ignoranza abissale in alcune cose delle vita come il sesso, ad esempio. E dovrebbe suscitare tenerezza nel lettore.
Beh, a me non è capitato. Ho trovato la sua ignoranza davvero artificiosa, forzata. Ok, siamo negli anni '60; ok, Agnes proviene da una famiglia povera, ma alcune volte mi sembra proprio sia caduta dalla luna!
Dopo circa quattro - cinque ore dalla morte del marito è già presso gli uffici competenti a chiedere il sussidio, e questa è la conversazione che ne segue:
 
   «Allora, nome e cognome?»
   «Agnes Loretta Browne.»
   «Browne con la E ?»
   «Sì, e Agnes con la E, e anche Loretta con la E.»
   La ragazza la guardò, le era venuto il dubbio che la stessero prendendo per i fondelli.
   «Nome da ragazza?»
   «Ehm, Reddin.»
   «Bene. Nome di suo marito?»
   «Nicholas Browne e, prima che me lo chieda, il nome da ragazza di mio marito non lo conosco.»
   «Mi basta Nicholas Browne. Professione?»
   Agnes guardò prima Marion, poi l’impiegata, e alla fine disse con dolcezza, «Il morto.»
   «Ma no, da vivo, che lavoro faceva da vivo?»
   «Era un lavapiatti.»
   «E dove lavorava?»
   Agnes guardò di nuovo il viso inespressivo dell’amica. «In cucina?» azzardò, sperando che fosse la risposta giusta.
   «Certo che lavorava in cucina, ma dov’era questa cucina? In un albergo?»
   «È ancora un albergo, vero, Marion?» Lei annuì.
   «Insomma, in quale albergo?!!» La ragazza era esasperata, cominciava a digrignare i denti.
   «Al Gresham Hotel di O’Connell Street, cara,» rispose Agnes in tono confidenziale. Questa era facile. L’impiegata scribacchiò la risposta e proseguì con le domande.
   «Dunque, com’è morto suo marito?»
   «Un ranger,» rispose Agnes.
   «Gli ha sparato?» chiese l’altra, incredula. «È stato ammazzato?»
   «Da chi?» Agnes glielo domandò come se avesse scoperto qualcosa di cui lei stessa era all’oscuro.
   «Dal ranger, suo marito è stato ucciso da un ranger?»
   Agnes era perplessa. Rimuginò un istante, poi un’illuminazione le rischiarò il viso.
   «Ma no, tesoro! Da un Ford Ranger, è stato investito da un Ranger, il fuoristrada!»
 
Ok, dovrebbe essere una conversazione comica, e probabilmente sono io che non colgo l'umorismo ma... davvero, Agnes sembra un po' tonta qui. Come si fa a rispondere "Il morto" alla domanda "Lavoro"? E dai!
Credo che in questo caso, come in altri, l'autore non abbia reso un buon servizio al suo personaggio, dipingendolo come stralunato e fuori dal mondo.
 Allo stesso modo non sono riuscita a cogliere l'ironia della scena, descritta più avanti, in cui Agnes, all'inizio del suo matrimonio, viene picchiata dal marito perché non ha ancora imparato a riconoscere i sintomi della violenza in arrivo.
 
E vogliamo parlare dei suoi figli? Sono (quasi) tutti adorabili e talentuosi. Ma di preciso, come Agnes li abbia cresciuti così speciali, e cosa di preciso abbia fatto per loro, a me non è chiaro. Certo, ha lavorato duramente e questo non si può negare. Ma che altro? Ci sarà qualcosa, ma in realtà l'autore non approfondisce questo aspetto, e perciò, secondo me, ancora una volta non rende giustizia ad Agnes, che dovrebbe essere un'eroina proletaria.
Ecco, secondo me il personaggio di Agnes, che dovrebbe farci ridere e piangere, semplicemente non funziona.
L'unico sprazzo di carattere lo mostrerà quando difenderà la figlia minore, Cathy, dai maltrattamenti di una suora a scuola. E lì l'ho veramente amata.
Ma per il resto mi sembra che l'autore ci chieda di amare Agnes Browne sulla fiducia, fidandoci della sua parola, perché è una persona meravigliosa.
 
Inoltre il romanzo è una serie di aneddoti abbastanza slegati tra loro, con filo conduttore che non riesce a dare organicità alla storia, che è proprio leggera leggera.
 
E allora, penserete voi, è un libro che non merita di essere letto.
E invece no! Perché questo romanzo ci spalanca le porte sulla saga familiare dei Browne, che è una serie di quattro volumi, che, nonostante l'inizio incerto, merita davvero un posto nella libreria di ogni lettore.
Probabilmente, con qualche taglio e opportuno rimaneggiamento, Agnes Browne, mamma sarebbe stato un ottimo prologo per quella piccola perla che è il suo seguito: I marmocchi di Agnes Browne, di cui spero di scrivere a breve.
Perciò, leggetelo avendo I marmocchi già a portata di mano!
Voto: n. c.
 

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