mercoledì 27 marzo 2019

L'isola delle anime...

... di Johanna Holmström.

La scheda del libro sul sito della casa editrice Neri Pozza

Finlandia, 1891. Kristina sta tornando a casa dopo una lunga giornata di duro lavoro in una fattoria. Scivola sul fiume remando controcorrente per raggiungere la sua casupola, e con lei ci sono i suoi due bambini. Il padre dei bambini è lontano, e Kristina non ne ha notizie da tempo. La donna è stanca, tanto stanca, quasi non riesce più a remare. Vorrebbe riposare ma non può, deve portare i bambini acasa, e preparare loro la cena, lavarli, accudirli. Quasi senza accorgeresene Kristina getta i due bimbi addormentati fuori borso, e si rende conto solo il giorno dopo dell'orrendo crimine commesso.Viene così mandata a Själö, un'isoletta che ospita un manicomio per donne ritenute incurabili. Davanti a lei sfileranno gli anni e le storie di altre donne, recluse e infermiere, che consumeranno la loro vita in quel posto isolata e senza speranza.

Come lettrice ho poche, semplici regole. Una di queste è di stare alla larga dai romanzi che autori e/o case editrici definiscono potenti. Solitamente l'aggettivo in questione è sinonimo di: schifezza supponente e sopravvalutata, non leggibile dai comuni mortali ma che l'autore ritiene sia il romanzo che cambierà la storia della letteratura mondiale. Questa ferma convinzione deriva dalla mia esperienza personale, ma sono ben lieta di affermare che L'isola delle anime è l'eccezione alla (mia) regola, e che il romanzo è davvero evocativo e potente come lo definisce la copertina.

La storia si apre con un avvenimento tragico, forte e crudo. Con una prosa delicata e dolente, la Holmström ci porta a conoscere Kristina, e la sua stanchezza e la sua solitudine diventano le nostre. Fin dalle prime pagine il romanzo cattura prorpio perchè riesce a fare quello che ogni buon libro dovrebbe fare: trasportarti nella testa del personaggio. E di certo non è facile farci comprendere il pensiero e le motivazioni di una infanticida, eppure l'autrice ci riesce, senza scadere nel pietismo, senza giustificare un crimine terribile, ma semplicemente mostrando la grande fragilità dell'essere umano, la fragilità, in questo caso, di una donna stanca e sola, che arranca sulla strada della vita.
Io credo che chiunque sia stata madre e abbia passato notti insonni e giorni a correre cercando di incastrare qualunque altra cosa con la cura di un neonato possa capire la lacerante solitudine di Kristina. La Holmoström dimostra, da subito, di parlare al lettore con un linguaggio universale, cosa che di solito è il marchio di fabbrica dei grandi libri.

Ma i temi trattati non si esauriscono qui. Per Kristina, e per noi, si aprono le porte di un manicomio, un modello di ospedale psichiatrico che non aveva niente da offrire alle pazienti. In realtà si trattava più di un luogo di detenzione, senza alcuna prognosi e senza alcuna speranza di guarigione nè di reale cura per le pazienti.
Questo tipo di struttura era diffusa un po' ovunque nel secolo scorso in Europa: che si trattasse di manicomi, oppure di ospizi per madri sole o povere, o "ricoveri"per ragazze cosiddette perdute, questi erano luoghi dove rinchiudere donne che non si conformavano ai canoni della società, e risultavano scomode, imbarazzanti o fastidiose per le famiglie o le autorità. In pratica, un gigantesco tappeto dove nascondere la polvere. Perchè questo erano quelle donne, non tutte malate di mente: polvere negli ingranaggi di una società che non tollerava diversità o deviazioni da quella che era considerata la normalità.



Lo sviluppo della trama è lento e pacato. Vorrei sottolineare come anche lo scorrere del tempo è volutamente nebuloso all'interno del romanzo. Ci sono uno o due punti fermi in cui l'autrice ci aiuta a capire quanti anni sono passati, ma per il resto lo scorrere del tempo è volutamente confuso, e questo conferisce ancora maggior impatto ad una ambientazione soffocante e claustrofobica.

Le storie narrate sono così forti che non necessitano di particolare enfasi stilistica per colpire il lettore, ma praticamente parlano da sole.
Sebbene quella di Kristina sia la quella emotivamente più coinvolgente, anche le storie delle altre pazienti sono significative e profonde. A fare da filo conduttore tra le varie storie, mentre gli anni passano, è Sigrid, infermiera giovane con una forte vocazione, che avrà la sua storia da raccontare.
In particolare mi è piaciuta quella di Elli, giovanissima paziente che non soffre di reali disturbi mentali. La sua unica colpa è quella di aver tenuto una condotta sregolata e moralmente riprorevole secondo gli standard dell'epoca. Interessante (e doloroso, ma l'avrete capito che questo libro non regala nè speranza nè emozioni facili da metabolizzare) il suo percorso di paziente senza malattia all'interno di una struttura psichiatrica. 

Di questo romanzo mi ha colpito la forza dei temi e delle storie narrate; e mi ha colpito il fatto che, nonostante la gravità degli argomenti, esso si sia rivelato di una scorrevolezza quasi incredibile. Per questo, lo consiglio vivamente.

Voto: 8

1 commento:

  1. Recensione meravigliosa per un libro, stavolta, davvero "potente"
    Mi hai fatto rivivere le emozioni provate durante la lettura
    Bacci

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