lunedì 25 marzo 2019

Scritto a Napoli #2: Fattaccio napoletano...

... di Alessandra De Martino.

Torna, dopo mesi di colpevole silenzio, la rubrica Scritto a Napoli, appuntamento mensile senza scadenza fissa in cui esploreremo le varie sfaccettature della letteratura made in Naples. Per questo secondo appuntamento ho scelto un libro che sebbene non sia stato fisicamente scritto a Napoli (la sua autrice risiede ormai da molti anni in Belgio) è quanto di più autenticamente napoletano si possa trovare. Curiosi di sapere perchè? E allora procediamo con la recensione!


La scheda del libro sul sito della casa editrice Astoria.

Durante il periodo fascista, tra i vicoli di Napoli, accade un fattaccio. Qualcuno ha ucciso donna Brigida, giovane e bellissima vedova. Gli abitanti del palazzo danno ognuno la loro versione della storia, insieme alla loro visione del mondo e della vita.
Ma lentamente, un tassello alla volta, la vita e la morte di donna Brigida acquisiscono una luce diversa...

Fattaccio napoletano è un bel giallo, brillante e originale. Interessante la scelta di sostuire l'investigazione vera e propria (che pure si svolge, per così dire, dietro le quinte) con la narrazione fatta in prima persona dagli abitanti del palazzo dove è avvenuto l'omicidio. Undici capitoli (più un epilogo), dieci voci diverse (il maresciallo Casson, incaricato delle indagini, proveniente dal nord, che poco si orienta in mezzo al colorato guazzabuglio di relazioni, parentele e trame sociali, interviene due volte), dieci versioni di quello che è accaduto o che verosimilmente potrebbe essere accaduto.
Solo in una città dove le relazioni sociali sono così intense da essere presenti anche se una delle due parti non ha nessuna intenzione di relazionarsi una struttura simile poteva funzionare. I racconti così precisi e particolareggiati dei protagonisti sarebbe suonati forzati in qualunque altro posto, ma non qui. Questo intensa ragnatela sociale, questo patrimonio umano è tutto quello che abbiamo, è quello che ci tiene in piedi nonostante tutto.
In questo senso l'autrice ha scritto, come accennavo più su, un romanzo autenticamente partonepeo.

Ma al di là di queste considerazioni molto personali, di questi elementi che hanno fatto breccia nel mio cuore, va anche sottolineato che Fattaccio napoletano è un romanzo divertente, che scorre piacevolmente e si lascia leggere velocemente.

Questo è un vero e proprio romanzo corale, che fa del racconto a più voci la sua forza.
La pluralità di voci è la cosa che mi è piaciutà di più di tutto il romanzo. E qui va sottolineata la bravura dell'autrice nel dare una connotazione diversa ad ogni personaggio.
Alcune voci sono profonde e disincantate; altre tremendamente malinconiche; altre ancora popolari e divertenti nella loro incolpevole ingenuità.
Senza uscire dalle mura del palazzo, se non attraverso i racconti e i ricordi degli abitanti, la De Martino riesce a tratteggiare una Napoli particolarmente verace, intensa, umana.
Ogni personaggio, nel raccontare, spazia andando indietro coi ricordi. Viene così fuori la personalità della vittima e la sua storia tragica sulla sfondo di un'Italia dominata dal regime fascista, con le sue prepotenze e meschinità. Infatti gli abitanti del palazzo raramente si limitano a raccontare quel che sanno della vittima o del giorno del delitto; piuttosto  necessitano di ampie digressioni (molto gustose) per spiegare il come ed il perchè di certe cose.

[dal racconto dela maresciallo Casson] Fui invitato ad entrare nel soggiorno. Già dalle prime domande mi risultò che la Di Gennaro (la vicina, n. d. Lisse) versasse ancora in stato di choc per gli avvenimenti del giorno precedente.
"Siete stata voi a rinvenire il cadavere?"
"A rinvenire? No, io sono andata solo a vedere che era successo. Che saranno state? Le 11 quando andai a bussare alla porta di donna Brigida, che quella mammà diceva che non si fidava..."
"Di chi? Di vostra madre? " 
"Mia madre? E che c'azzecca mo' mia madre? Quella sta fresca e tosta... "
"Vostra madre vi aveva riferito che la signora De Luca non si fidava. Vi ripeto la domanda: di chi non si fidava?"
" 'Non si fidava', come vi devo spiegare: si sentiva poco bene. Mammà stava col penziero che non usciva di casa da settimane, da giorni interi addirittura."
"Eppure", secondo la portinaia, ieri mattina vostra madre non era in casa."
"Chi? Mia madre? Sì. Cioè no, non ci stava a casa. Ero io che mi credevo che ci stava [...] Ma poi, scusate, a voi che ve ne importa di mia madre che la mettete sempre in mezzo?"
La testimone era in evidente stato confusionale.

Lo stile, sebbene leggermente differente a seconda del personaggi che racconta, è sempre fresco, scorrevole e brillante. A tratti si vela di tristezza e di malinconia ma resta sempre molto piacevole da leggere.
Il finale è anch'esso molto particolare, perchè non fornisce una versione ufficiale del fattaccio, ma ancora una volta lascia che sia la voce del popolo dei Quartieri Spagnoli a parlare e a spiegare. Cosa sia successo davvero viene lasciato all'intuizione del lettore.
Sebbene nei gialli non ami i finali troppo vaghi o aperti, devo dire che questo è coerente con la struttura del romanzo e le scelte stilistiche dell'autrice, e  perciò mi è piaciuto.

Consigliato.

Voto: 7 e 1/2

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