martedì 12 marzo 2019

La scrittrice del mistero...

... di Alice Basso.


Vani Sarca, ineguagliabile ghost writer dalla mente prodigiosa, che rifugge la compagnia degli altri esseri umani come la peste, sembra aver trovato il suo posto nel mondo e anche un po' di stabilità affettiva. A complicare le cose arriva prima sua sorella, in crisi esistenziale, poi la proposta del suo capo, che le chiede di scrivere un improbabile romanzo a metà strada fra il thriller e l'avventura, badando solo alla possibile commerciabilità del testo; infine Riccardo Randi, scrittore ed ex di Vani che un tempo le ha spezzato il cuore, il quale sembra essere vittima di uno stalker, e non ha altri a cui chiedere aiuto se non Vani e il commissario Berganza.

Prima di iniziare la recensione, una importante avvertenza: i libri di Alice Basso non possono essere letti in pubblico - treni, autobus, sale d'aspetto di medici o anticamere di scuole di danza affollate (specialmente anticamere di scuola di danza affollate di madri, padri e nonne. Date retta a me, fidatevi.) Rischiate di ritrovarvi con gli occhi sgranati di ignari astanti addosso, mentre sogghignate senza ritegno. 
(Io la mia pessima figura l'ho fatta nella suddetta anticamera, quando ho letto: Questa poi. Tip e Tap che leccano i piedi a Berganza. Non sono riuscita a trattenermi.)

Detto questo, passiamo alla mia opinione sul romanzo.
Ci sono autori che oramai sono una garanzia, su cui puoi contare ad occhi chiusi. Ed Alice Basso è una di questi. Possiede una naturale scorrevolezza nello stile e nell'uso della lingua italiana che rende la lettura un piacere; la prosa è arguta, curata e intrecciata di ironia e qualche battuta fulminante. Le citazioni letterarie sono un valore aggiunto e sono anch'esse naturali e ben amalgamate con il testo, non arrivano mai a sproposito o "tanto per".
Detto tra noi ho adorato  la citazione di Via col vento (e quale sennò!), che dimostra perfettamente come l'autrice non sia mai scontata e mai banale.
[...] come Rossella O'Hara che giura a se stessa che non proverà mai più la fame, è grazie ai cocktail al metanolo bevuti al Quicksand se oggi butto in scotch torbato quei due soldi che Enrico mi sgancia ogni mese.

Vani Sarca è un personaggio ben costruito, frizzante, lontano dalla quotidianità di molti di noi (chi può vantare la sua conoscenza encicplopedica o le sue capacità logiche?) eppure mai distante dal lettore. Vani è, nonostante le sue perculiarità, un personaggio con cui il lettore entra immediatamente in sintonia, e con cui empatizza fin da subito. È evidente che questo è un grande merito della sua creatrice.

La trama mi è piaciuta molto. In teoria, richiamare sulla scena nel ruolo di co-protagonista il prof. Randi, ex fidanzato di Vani e di cui molto si è scritto nei romanzi precedenti, poteva sembrare un azzardo. Insomma, il lettore avrebbe potuto dire: ancora lui?!?
Invece l'intreccio riesce a fondere elementi già noti al lettore (su tutti, la bastardaggine di Riccardo Randi) con fatti nuovi, interessanti e funzionali alla trama. Questo permette di vedere da un punto di vista diverso la personalità di personaggi conosciuti, e di gettare anche nuova luce sul loro modo di essere.
Inoltre la trama è briosa e costruita con intelligenza. Seguirne lo sviluppo è un piacere. Interessantissimo il finale, che ci offre un piccolo ma sorprendente colpo di scena. Per citare un detto di saggezza popolare, il finale chiude una porta ma apre un portone; cosa ci sia oltre questo portone potrà dirlo soltanto il nuovo romanzo della serie, che io aspetto con infinita impazienza.

Voto: 8.

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