venerdì 31 agosto 2018

Il gatto che annusava le streghe...

... di Lilian Jackson Braun.

Jim Qwilleran,  detto Qwill,ex giornalista di città, ora residente nella contea di Moose, 600 km a nord di ognidove, accetta di trascorrere con i suoi amati felini Koko e Yum Yum due settimane nella Locanda dello Schiaccianoci, di proprietà di una coppia di amici. I due sostengono che una cappa di oscurità incomba sul luogo, e chiedono a Qwill di indagare, insieme ai due gatti, che hanno un fiuto infallibile per il mistero.

Questo romanzo giallo fa parte di una serie, Il gatto che..., che ho conosciuto grazie ad un libro usato scovato su una bancarella, Il gatto che leggeva alla rovescia. Da allora è passato molto tempo ma ogni volta che riesco a recuperare un volume di questa serie, mi butto nella lettura con piacere. Peccato però che questa volta io sia rimasta molto, molto delusa.

La serie che avevo imparato ad amare mi piaceva per la simpatia del suo protagonista, per la originale presenza di due gatti siamesi molto speciali e per l'impianto classico del mistero e delle indagini.
In questo volume, purtroppo, sono rimasti solo Jim Qwilleran e i due gatti, mentre mistero e indagini sono scomparsi, insieme alla trama.
Sì, perchè il vero enigma che permea questo libro è: che fine ha fatto la trama gialla? Anzi, per essere precisi, che fine ha fatto la trama stessa?
Infatti qui non possiamo certo parlare di un intreccio solido e organico; la trama è stata sostituita da una serie di aneddoti buttati là, senza alcun approfondimento, sulla contea di Moose e la simpatica vita di Qwill nella bucolica regione.
I due gatti, di solito scopritori di indizi fondamentali per dare una svolta alle indagini, sono gli unici che provano ad attirare l'attenzione dei protagonisti sui misteri presenti nella storia, ignorati  senza tanti complimenti da Qwill.

Un'altra cosa affascinante della serie era quella sospensione della trama a metà tra la logica e il soprannaturale. Le abilità dei due gatti Koko e Yum Yum, i veri detective della storie meglio riuscite, avevano sempre un che di incredibile; in questo romanzo il loro fiuto pareva indispensabile per comprendere la sensazione di pericolo incombente che la proprietaria della Locanda sente, ma tutto si limita alla scoperta di tre vecchi specchi incrinati tutti nello stesso punto, appartenuti ad una ragazza fuggita di casa per amore sul finire del XIX secolo, e rimasti da allora dietro una porta chiusa. 
Spunto  potenzialmente interessante: perchè gli specchi sono tutti incrinati nel medesimo punto? Perchè sono rimasti chiusi dietro quella porta per quasi un secolo? Peccato che il ritrovamento resti buttato lì, senza alcuno sviluppo, indagine o ulteriore spiegazione, inutile ai fini della trama, declassato ad aneddoto di colore della storia della contea di Moose.

L'asse portante del romanzo doveva essere la morte, apparentemente accidentale, di un uomo in vacanza alla locanda. La vittima si era presentata come un commesso viaggiatore; ma ben presto Koko mette in evidenza diverse incongruenze nella storia della vittima, segnalando a Qwill dettagli che non tornano. Con mio sommo stupore e disappunto, però, Qwill sembra troppo impegnato ad accettare inviti a cena, ad osservare scoiattoli e assistere a opere teatrali amatoriali per trovare il tempo di indagare su una morte sospetta.

Lilian Jackson Braun, insomma, ha scritto un giallo senza indagine, e in cui del delitto avvenuto non importa a nessuno. La soluzione cade pratiacamente dal cielo nelle ultimissime pagine, raccontata in maniera sommaria tanto al lettore quanto ai personaggi stessi. 

Mi dispiace stroncare il romanzo di un'autrice che in passato ho apprezzato, ma sconsiglio vivamente la lettura di questo "giallo", e contemporaneamente consiglio la lettura dei primi quattro o cinque volumi della serie, di sicuro meglio riusciti e in grado di soddisfare gli amanti del giallo classico.

Voto: 4

PS: una menzione speciale poi merita il titolista che ha pensato di tradurre il titolo originale The cat who went up the creek (Il gatto che risalì il torrente) con Il gatto che annusava le streghe. Inutile precisare che le streghe, nel romanzo, non le vediamo neanche dipinte. Complimenti vivissimi.

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