mercoledì 4 aprile 2018

Un uso qualunque di te...

... di Sara Rattaro.


Viola, madre distratta e moglie fedigrafa, riceve una telefonata: sua figlia adolescente è all'ospedale, ricoverata d'urgenza. Viola lascia il letto del suo ultimo amante, e corre al capezzale della figlia, trovandola in fin di vita. Mentre aspetta che i medici le dicano qualcosa, Viola riflette sul suo passato, sulla sua vita, sul rapporto con la sua famiglia, sulle bugie che ha raccontato e che adesso stanno per essere scoperte.

Come avevo avuto occasione di dire nella recensione di L'amore addosso, della stessa autrice, le storie intimiste e introspettive non sono proprio il mio genere, eppure Sara Rattaro era riuscita a conquistarmi con la sua scrittura fluida e i suoi personaggi ben costruiti.
Quindi ho cominciato Un uso qualunque di te convinta che l'avrei apprezzato, e invece sono rimasta parzialmente delusa.
Sicuramente un punto importante da evidenziare è il fatto che questo è il secondo romanzo dell'autrice, uscito nel 2012, ed è evidente che di acqua ne è passata sotto i ponti per la scrittrice genovese. Indubbiamente questo è un romanzo più acerbo e meno solido, con i personaggi a tratti incomprensibili e riflessioni meno brillanti e più banali.
Protagonista è Viola, donna inquieta e distante da tutti quelli che le vogliono bene. Vive col marito Carlo, che la adora, e con la figlia adolescente, Luce, di cui si occupa poco o nulla. Questo non le impedisce di invidiare lo stretto legame tra padre e figlia e di sentontirsi esclusa da un rapporto che in realtà non ha mai cercato. Viola sembra trarre piacere dal mettere in difficoltà gli altri, ricorrendo a mezzucci infantili (come quando si veste di bianco al matrimonio della cognata e inganna tutti entrando prima della sposa, facendo partire la marcia nuziale e rubando la scena alla sposa). Viola non è una di quei protagonisti che suscitano la simpatia del lettore. Affatto.

Certo, anche Carlo, uomo perfetto, marito perfetto, padre perfetto, non è proprio facile da digerire.
Nella sua smania di essere il genitore dell'anno, lo vediamo dettare una tesina di storia alla figlia diciassettenne, oppure ribadire più e più volte con se stesso che per ora la figlia è sua, che un amore giovanile potrebbe portargliela via, che non vuole perderla eccetera.
Non so a voi, ma a me non sembra che questo sia indice di un rapporto genitoriale sano. Onestamente non ho capito se le intenzioni dell' autrice fossero quelle di discriverci una famiglia disfunzionale, o se volesse dipingerci Carlo come l'uomo dei sogni che Viola non sa apprezzare. Questa incertezza è, a parer mio, uno dei difetti del romanzo. Insomma, di cosa stiamo parlando esattamente? Io non saprei rispondere.

In questa dinamica di coppia così particolare, quasi per dispetto, o per noia, Viola si concede numerosi tradimenti, e proprio mentre si trova nel letto del suo ultimo amante, scopre che la figlia è stata portata d' urgenza in ospedale.
Nella lunga notte che seguirà, Viola avrà modo di riesaminare la sua vita e i suoi rapporti con gli altri e giungere, nelle intenzioni dell' autrice, ad una redenzione.
Dico "nelle intenzioni dell'autrice" perchè il finale in cui Viola compie un gesto d' amore disinteressato (probabilmente il primo di tutta la sua vita) giunge, a parer mio, troppo velocemente. L'evoluzione della protagonista è stata, a miei occhi di lettrice, troppo repentina. Viola ha vissuto tutta la sua vita concentrata su se stessa, usando tutti quelli che le stanno intorno come puntelli per risolvere i suoi problemi e per superare gli ostacoli che la vita le ha posto di fronte. E ha ricambiato l' amore che ha ricevuto con sprezzante indifferenza e menzogne. Detto in parole povere: Viola è una str***a senza speranza. Mi risulta difficile credere che una che è così per scelta, non per traumi subiti, per probelmi mai risolti, che gode nel tradire e ingannare gli altri, improvvisamente possa pentirsi nel giro di poche ore e concepire un modo di redimersi.
Pertanto il finale manca, secondo me, di credibilità e il gesto che dovrebbe avere una forza dirompente sembra soltanto eccessivo e stonato.

Quello che rende comunque questo libro sufficiente, è lo stile di Rattaro, che è fluido e leggero, che lascia che le pagine scivolino veloci nonostante le perplessità. Certo, l'autrice incappa in qualche banalità di troppo (Mi sono sempre chiesta se le nostre vecchie ferite debbano insegnarci qualcosa, qualcosa che abbiamo superato, una lezione su quello che dobbiamo evitare in futuro. Oppure: a volte ci si accorge delle cose che fanno male solo quando è troppo tardi.) ma nel complesso lo stile e la struttura del romanzo, che vola da un flashback all'altro, tengono in piedi un romanzo che ha diverse pecche.

Voto: 6

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