mercoledì 4 gennaio 2017

Frankenstein, o il moderno Prometeo...

...di Mary Shelley.



Questo è uno di quei romanzi che stazionano da sempre nella mia libreria, ma che non avevo mai letto perché in fondo la storia narrata è arcinota a chiunque.
Grazie alla sfida di lettura sul blog di Rosaria Niente di personale ho preso il mano il libro e sono rimasta sorpresa dalla lettura.
 
Frankenstein, o il moderno Prometeo è la storia di un uomo colto, intelligente e di animo nobile, Viktor Frankstein, accecato dalla assoluta fiducia nella scienza e nei propri mezzi, che lo porta a trascurare i limiti etici e a dare vita a qualcosa che non potrà più controllare. Darà vita infatti a un essere composto di parti di cadaveri che si porrà al di là del bene e del male, essendo dotato di raziocinio, ma incapace di gestire le proprie pulsioni e i propri desideri. Rifiutato dal suo stesso creatore, il mostro lo perseguiterà mettendo in atto una crudelissima vendetta.  
 
Questo romanzo è sorprendente, se si considera che ha 201 anni (è del 1816) e che Mary Shelley aveva solo 19 anni quando lo scrisse.
Dimenticate il mostro balbettante, rozzo e privo di intelletto che siamo abituati ad associare a Frankenstein (che tra l'altro nel libro non ha nome). Dimenticate le tempeste di fulmini e lo scienziato pazzo chiuso nel suo maniero; la storia scritta da Mary Shelley è molto più ampia, molto più profonda e molto più significativa.
Non so spiegarmi come da questo moderno Prometeo si sia arrivati alle storie cui ci ha abituato il cinema, o anche i cartoni animati.
 
Il romanzo si presenta al lettore come un romanzo epistolare; il giovane Robert Walton, a capo di una spedizione al Polo Nord, trova un moribondo Viktor Franknstein alla deriva tra i ghiacci. L'uomo gli racconta la sua storia, e lui la riporta fedelmente nelle lettere che scrive alla sorella. A sua volta Viktor riporta fedelmente il racconto udito dalle labbra della sua creatura, sicché abbiamo sulla storia anche il punto di vista del "mostro" stesso.
E' una schema narrativa molto originale.
Ciò che colpisce maggiormente, come accennavo sopra, è la Creatura. Non si tratta di un mostro dalla furia cieca, incapace di esprimersi, incapace di ragionare ed intrinsecamente malvagio.
C'è nella descrizione della Creatura un dualismo, un perenne camminare in bilico tra il bene e il male. La Creatura ne conosce la differenza, è attratta dalla virtù, dall'amore, dalla nobiltà d'animo, ma esacerbata dal rifiuto del suo creatore e dalla solitudine, si vota a compiere il male.
Il dualismo all'interno del mostro del resto è lo stesso che c'è all'interno di ogni uomo. In fin dei conti, per dirla con Arrigo Boito, anche l'essere umano è sospeso fra un sogno di peccato e un sogno di virtù.[1]
Credo che questo sia il nocciolo e il significato più profondo del romanzo.
La differenza fra Viktor Frankenstein e la sua creatura a conti fatti sta solo nelle scelte che fanno; inizialmente lo scienziato segue le sue pulsioni e la sua brama senza pensare alle conseguenze, ed in questo non differisce molto dal mostro che ha creato. Nel finale saprà riscattarsi scegliendo ciò che è giusto invece di ciò che sarebbe più facile, cosa che la Creatura non riesce a fare, anche se nel finale il suo grido di dolore e di disperazione è quanto di più umano si possa leggere.
 
Naturalmente la storia può anche essere letta come un semplice romanzo gotico e horror.
La prosa è ovviamente di gusto ottocentesco, a tratti un po' lenta e ridondante ma perfettamente in linea con il gusto e lo stile dell'epoca.
 
 
 
[1] Arrigo Boito, Dualismo. Per approfondimenti, clicca qui
 
 

2 commenti:

  1. Ciao :-) Che bella la tua recensione!!! Mi hai riportato alla mente tutte le sensazioni che, inconsapevolmente ho provato quando lessi questo libro a scuola, durante una delle varie assemblee!!! Sicuramente lo riprenderò, magari con gli anni che sono passati lo valuterò in maniera diversa chissà :-)

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    1. E' vero, certi libri andrebbero letti sia a scuola che poi dopo anni. Io per esempio dovrei riprendere Il Vecchio e il mare, che all'epoca della scuola avrei voluto tirare fuori dalla finestra.

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