sabato 28 novembre 2009

Il simbolo perduto...

...di Dan Brown.

Sono una lettrice che può vantarsi di aver letto tutti i romanzi di Dan Brown, e di averli trovati anche piacevoli (Angeli e Demoni più del Codice da Vinci).
(non so se vantarsi sia la parola giusta, ma vabbè! XD)
Ho anche massacr...ehm, recensito Crypto in questo post, ma non sono stata troppo cattiva.
Con Il simbolo perduto dovrò necessariamente essere un po' più dura.

Il protagonista di Il simbolo perduto è Robert Langdon, il professore di simbologia e un'altra decina di materie occulte, misteriose e complicate, il quale, una domenica mattina, viene attirato a Washington con l'inganno: uno psicopatico, spacciandosi per assistente di Peter Solomon, massone di rango elevato nonchè suo amico e mentore, lo invita a prendere parte ad una conferenza in Campidoglio.
Una volta giunto sul posto, Langdon si ritrova davanti la mano mozzata di Peter.
Sui polpastrelli sono tatuati simboli che richiamano i misteri massonici, e lo psicopatico chiede a Langdon di svelargli il segreto che lo condurrà a trovare il mistico tesoro di conoscenza che la massoneria tiene celato. Sotto tortura, Solomon ha rivelato che solo Langdon può condurlo a ritrovare quella conoscenza perduta.
Scatta così la solita corsa contro il tempo per Langdon, già vista nei due precedenti romanzi che lo vedono protagonista.
Il lettore sorvola sul senso di dejavu perchè pregusta un romanzo dal ritmo incalzante, che faccia restare col fiato sospeso.
Purtroppo è proprio qui che il romanzo delude maggiormente.

Tanto per cominciare, non c'è capitolo che non inizi con la sua brava descrizione turistica di Washington, che sembra tratta pari pari da un guida oppure da Wikipedia. Queste descrizioni sono inutili nel 90% dei casi, e anche laddove potrebbero risultare utili alla miglior comprensione della trama, sono comunque avulse dal contesto, non amalgamate con il resto, spezzano il ritmo tanto da risultare moleste.
Questo dovrebbe essere un romanzo da tenerti col fiato sospeso ma non è che uno si mangia le unghie dalla paura mentre legge Il Campidoglio fu costruito nel...su un progetto di... ed è alto... 
A me è capitato di saltarle a piè pari per andare a leggere cosa stava capitando ai protagonisti.

Come se ciò non bastasse, la trama viene continuamente interrotta nel suo svolgimento da flashback incredibilemte prolissi, la maggior parte dei quali completamente inutili.
Risultato: suspence ridotta a zero.
Addiruittura ad un certo punto si sfiora l'assurdo, con un flashback di un Natale di dieci anni prima, al cui interno si trova un altro flashback! Roba che nemmeno Lost aveva mai osato!
Si ha sempre la sensazione che l'autore si sia dimenticato di dirci qualcosa di vitale importanza, e rimedi come può.

Ad un tratto, comunque, anche Dan Brown deve essersi accorto che la suspence era in coma, perciò ricorre ad un massiccio uso di trucchetti da quattro soldi per accrescere il Senso di Mistero. Anzi, il trucchetto è sempre lo stesso, ovvero far leggere/vedere/intuire qualcosa ad un personaggio senza dirci cosa il personaggio effettivamente legge/vede/intuisce, e rimandare la rivelazione a decine e decine di pagine dopo.
Una volta passi. Due vabbè. Tre diventa irritante. Quattro, viene voglia di tirare il libro contro il muro.
Questo non è creare suspence, è creare frustrazione nel lettore!
Anche perchè quel che è peggio è che questo trucco viene usato anche con particolari che non c'è alcun bisogno di tenere poi così segreti.
Ad esempio, Katherine, la sorella di Peter, ha un laboratorio sotterraneo segreto nell'edificio che ospita lo Smithsonian Museum, in cui conduce esperimenti importantissimi e segretissimi, a cui si accede attraverso uno spazio (sotterraneo anch'esso) di 3.000 metri quadri completamente immerso nel buio. C'è un solo modo per non perdersi in quell'oscurità sterminata, ma naturalmente dobbiamo penare un centinaio di pagine prima di apprenderlo. Detto tra noi, il sistema infallibile è un sentiero di moquette che conduce al laboratorio, mentre il resto del pavimento è in cemento.
Se per caso state pensando che un immensa stanza buia, senza alcun sistema di illuminazione di emergenza non si rivelerà un buon affare quando l'emergenza si verificherà (e state certi che si verificherà!), beh, complimenti: siete delle persone dotate di normale buon senso.
Se poi a questo aggiungete che il laboratorio segretissimo e misteriosissimo immerso nell'oscurità ha, all'ingresso principale, sistemi di sicurezza e sorveglianza altamente tecnologici, e sul retro invece una saracinesca per il carico e scarico merci che chiunque può aprire...beh, avete un quadro completo della situazione, e di quanto il buon senso sia merce rara, oggi giorno.

Altro esempio, Langdon, nel partire per Washington, ha portato con sè un oggetto che Peter gli ha chiesto di custodire, e tanto fa su richiesta telefonica dello psicopatico/finto assitente del suo mentore.
Naturalmente sarebbe stato troppo sperare che questo piccolo dettaglio ci venisse svelato al momento della partenza di Langdon; invece ci viene rivelato soltanto un centinaio di pagine dopo, quando la mano mozzata è stata ritrovata, lo psicopatico minaccia Langdon per telefono e la CIA è giunta sul posto per occuparsi del caso; solo allora, casualmente, al professore viene in mente che il finto assistente di Solomon gli aveva chiesto di portare quel particolare oggetto con sè; e solo allora la sua mente viene sfiorata dal dubbio che forse quell'oggetto c'entri qualcosa con questa vicenda. Come possa aver dimenticato che lo psicopatico gli abbia chiesto quell'oggetto, e come possa non aver intuito immediatamente che deve essere collegato al rapimento, rimane un mistero.

In effetti, l'enigma più grande del romanzo è: cosa è successo a Roberto Langdon?
Perchè il nostro professore, per buona parte del romanzo, non fa che comportarsi come uno sciocco.
Liquida le richieste dello psicopatico come sciocche superstizioni, rifiuta di cercare nessi tra i simboli sulla mano e le leggende massoniche...perchè tanto sono leggende; si rifiuta di decifrare i simboli sull'oggetto che custodisce perchè teme di violare la privacy di Peter.  -.-'
Intendiamoci, Langdon è liberissimo di essere scettico (anche se questo scetticismo, per uno che è stato fidanzato con la pronipote di Gesù è quanto meno fuori luogo), e al limite potrebbe anche rifiutarsi di collaborare con uno psicopatico. La cosa che risulta molesta è che lui vuole aiutare Peter, vuole collaborare con il pazzo, ma invece di cercare di capire come assecondarlo, chiude il cervello, manda le sinapsi in ferie e si rifiuta di usare tutta una serie di conoscenze perchè tanto sono solo leggende! Ma se lo psicopatico crede in quelle leggende, e lui vuole assecondarlo per salvare Peter, perchè mai continua a ripetere che sono solo leggende?
Stupendo il punto, verso pag. 162, quando Langdon bolla come mito l'ipotesi che ci sia una piramide sotterranea nascosta da qualche parte a Washington perchè "non è facile nascondere una piramide"! Detto da uno che ne ha trovata una sotto il Louvre fa un po' ridere!

Comunque, a dare manforte a Langdon, arriva ben presto addirittura la CIA, nella persona del Direttore della Sicurezza Inuoe Sato, la quale informa Langdon che deve assolutamente collaborare con il pazzo perchè in ballo c'è molto di più della vita di Solomon: in pericolo c'è addirittura la sicurezza nazionale.
Inuoe Sato è uno dei co-protagonisti più furbi che io abbia mai avuto occasione di leggere.
La CIA teneva sotto controllo il telefonino di Solomon, che è utilizzato dallo psicopatico, fin dal momento del rapimento e nonostante ciò, la CIA (dico la CIA, non l'associazione bocciofila di Rocca di Sotto) non riesce MAI a individuare la fonte del segnale. Sato si giustifica dicendo che il segnale è sparito prima che lo potessero intercettare. Peccato che lo psicopatico abbia fatto telefonate senza sosta per tutta la giornata! Credo ne abbia approfittato anche per fare gli auguri di Natale ad amici e parenti...

Non stupisce più di tanto quindi che Sato sia subito insospettita dalla competenza di Langdon nel decifrare i simboli sui polpastrelli della mano mozzata (e certo: è davvero un mistero come mai un professore di simbologia si intenda di simboli...) e in un crescendo di sospetti e mezze verità, tenterà anche di arrestare Langdon, che riceverà un aiuto provvidenziale e riuscirà a fuggire.
Raggiunto da Katherine, che lo psicopatico vuole far fuori a causa delle sue ricerche segretissime, i due cercano di risolvere gli enigmi che via via gli si propongono per indicare al rapitore dove si trova la mistica conoscenza che cerca, e salvare così Peter.
Anche qui il romanzo non ci offre niente di nuovo; addirittura alcuni enigmi ricalcano schemi già usati in Angeli e Demoni, come ad esempio la scritta misteriosa che non significa nulla fino a che non la giri sottosopra - peccato che tre secondi dopo aver visto la scritta io avevo capito che andava capovolta, mentre l'esimio professor Robert Langdon no.
Ma in ogni caso, specie quando tirano in ballo opere d'arte realmente esistenti, queste scene sono le più avvincenti del romanzo. E questo la dice lunga sulla godibilità del resto del romanzo.
Il libro si dipana quindi come una lunga caccia al tesoro per le vie di Washington, non diversamente da quanto già visto in Il codice da Vinci e Angeli e Demoni.
Quello che manca qui è purtroppo il ritmo incalzante che aveva caratterizzato i due romanzi citati.
Si arriva così di tappa in tappa verso il finale.
Il colpo di scena conclusivo riguarda l'identità del cattivo, ed io l'ho trovato assurdamente ridicolo, degno di una scadente soap opera.
SPOILER Il cattivo, che viene visto bene in faccia da Peter e poi anche da sua sorella Katherine, è in realtà il figlio di Peter morto in una prigione turca 16 anni prima, all'età di 21 anni...cioè, è il figlio di Peter fintosi morto. Inutile precisare che nessuno lo riconosce, anche se si è limitato a rasarsi la testa e le sopracciglia, tatuarsi una fenice sul petto e ad andare in palestra per pompare i muscoli. Fine SPOILER
Questa è la trovata più assurda del romanzo, ma sparse qua e la per la trama ci sono soluzioni e spiegazioni poco credibili o addirittura inverosimili.
Ho già citato la CIA che non riesce a intercettare un telefonino usato continuamente durante la giornata (in un momento di lucidità Langdon a distrugge il suo di telefonino per non farsi rintracciare); a ciò posso aggiungere le guardie della sicurezza allo Smithsonian Museum che si fanno passare sotto il naso lo psicopatico perchè occupate a parlare a telefono; o lo psicoaptico stesso che depone la mano mozzato al centro del Campidoglio ed è giustamente ripreso dalla telecamere mentre lo fa; mentre non è ripreso dal sistema di videosorveglianza quando si cambia d'abito, si infila una parrucca e se ne va indisturbato (a proposito, al Campidoglio le telecamere di sicurezza hanno l'audio...mai sentita una cosa simile ma potrei essere ignorante in materia...).
Il finale ve l'ho già descritto. Anche la storia alla base della rivelazione finale non sta in piedi, non è verosimile ed è appiccicata al personaggio con lo scotch. Infatti SPOILER il figlio creduto morto di Solomon dice di essere riuscito a fuggire da una prigione turca corrompendo il direttore, e chiedendogli di restituire alla famiglia un cadavere irriconoscibile. Nel caso ve lo steste chiedendo, no, a nessuno è venuto in mente di fare un'impronta dentaria per sicurezza. Infine, ci viene narrata una complicatissima storia di conti cifrati, di trasferimento di milioni di dollari, dell'omicidio del direttore del carcere e della fuga, il tutto organizzato dal figlio di Solomon, mentre è ancora detenuto e senza alcun sostegno esterno. Vabbè. FINE SPOILER
 A dire il vero, l'avevo capito da tempo che il finale non è il pezzo forte di Dan Brown. Qui però l'autore è riuscito a scendere un altro gradino: non solo, come detto, il sorpresone finale non sta in piedi, ma dopo la conclusione delle vicende, il romanzo continua per un altro centinaio di pagine, sproloquiando di misticismo, di veri segreti nascosti a Washington, di religione, filosofia, eccetera, senza far capire esattamente al lettore dove vuole andare a parare.
Sarebbe stato molto, molto meglio chiudere il romanzo a pag. 500 o giù di lì.
Effettivamente, qualche taglio avrebbe giovato al romanzo nel suo complesso, che è davvero prolisso, ricco di particolari di cui ci interessa poco o nulla, mentre altre cose che andavano chiarite restano nell'ombra.
Per esempio, perchè lo psicopatico vuole distruggere il laboratorio di Katherine e i risultati delle sue ricerche? Un paio di volte si accenna a conoscenze pericolose o indegne di finire nella mani del volgo, ma non mi risulta ci sia un nesso tra quello che lo psicopatico cerca e le ricerche di Katherine.
La sorella di Peter studia le scienze noetiche, definite come una sorta di anello di congiunzione fra la scienza moderna e il misticismo degli antichi.
Detto così, sembra che almeno in teoria il nesso esiste; ma in pratica...in pratica no. Katherine è una che si occupa di far gelare l'acqua inviando pensieri amorevoli al liquido perchè geli meglio...davvero, non scherzo.
Cosa voglia da lei di preciso lo psicopatico, di cosa avesse tanta paura per rischiare la vita e la sua copertura facendo saltare in aria il laboratorio, non lo sappiamo.
A volte sembra che l'uomo voglia preservare alcune conoscenze pericolose se divulgate, e che quindi sia, a modo suo, preoccupato per il futuro del mondo; altre volte - specie nel finale - invece l'uomo non fa altro che cercare di accrescere il proprio potere personale. Ho chiuso il libro con la sensazione che nemmeno lui sapesse bene cosa stava cercando di fare.
A dire il vero non sappiamo nemmeno di preciso cosa volesse ottenere con quell'enorme messa in scena della mano e del rapimento...visto che sembra avere accesso a risorse illimitate, e visto che sembra essere più furbo di qualunque persona lo circondi (non che ci voglia molto, eh), perchè dopo aver ottenuto da Peter il nome di Roberto Langdon, non lo ha semplicemente rapito e costretto a collaborare, invece di lasciarlo libero di scorrazzare per tutta Washington?
Perchè ha effettuato una minaccia alla sicurezza nazionale non strettamente necessaria alla realizzazione del suo piano, attirandosi così le attenzione della CIA?

Per concludere, la storia avrebbe anche potuto essere intrigante, se soltanto fosse stata curata di più nei dettagli; se l'autore non avesse cercato, barando, di soprendere il lettore a tutti i costi; se le fosse stato impresso un ritmo più incalzante.
Avrebbe giovato al romanzo un uso più parsimonioso dei flashback e anche qualche taglio in più, soprattutto nella parte iniziale e in quella finale.

Consigliato esclusivamente a coloro che non possono vivere senza Dan Brown e che leggerebbero anche la sua lista della spesa.
Gli altri farebbero bene ad evitarlo.

2 commenti:

  1. Lisseeeeeeeeeeeeeeee...mi hai distrutto un mito!
    Io ho letto questo libro in tre giorni e mi è piaciuto moltisssimo!!!!
    un bacione

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  2. Urca... e pensare che mio papà me l'ha regalato con un sorrisone "perchè quelli prima mi hai detto che ti erano piaciuti tanto"... XD speravo di poter continuare su questo filo, Brown non è mai stato da "capolavoro" per me, però era un buon scrittore di thriller, il pathos c'era. E va beh, vedremo come andrà quando lo prenderò in mano :)
    Bella recensione!

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