martedì 24 novembre 2009

31 Ottobre...

...di Glauco Silvestri.

Oggi ho deciso di scrivere una recensione un po' diversa, o meglio, su qualcosa di diverso.
Infatti il titolo di cui intendo parlare è un e-book di un autore emergente, Glauco Silvestri, che si può leggere gratuitamente sul suo sito insieme ad altri libri.
Potete trovare 31 Ottobre e altri ebook gratuiti qui .
Magari potete leggerlo e poi tornare a dare un'occhiata alla recensione.

Si fa un gran parlare del fatto che i libri costano troppo; eppure negli ultimi mesi, girovagando sul web, e appassionandomi sempre di più ai temi della narrativa italiana, degli scrittori emergenti e di come migliorare la propria abilità di scrittori mi sono spessa imbattuta in giovani autori che mettono a disposizione i loro lavori gratuitamente. Mi sembra quindi giusto e doveroso non solo leggere queste opere, ma anche dar loro, nel mio piccolo, un po' di visibilità.

Fatta questa premessa, iniziamo a parlare di 31 ottobre.
Si tratta di un racconto lungo, che, come si può facilmente intuire dal titolo, si svolge durante la giornata di Halloween. Protagonisti sono Alessandro Volpi, tenente dei Carabinieri di stanza a Bologna, e Marcella Putìn, della Scientifica. La mattina del 31 ottobre sono chiamati ad indagare su un efferato omicidio. Una ragazza è stata uccisa da qualcuno che le ha aperto il corpo con una lama affilata, dal seno all'inguine. Sulla scena del delitto si trova un misterioso gatto nero che rifiuta di allontanarsi.
Quando gli omicidi cominciano a moltiplicarsi nello spazio di poche ore, i due capiscono che hanno a che fare con uno psicopatico e cominciano una corsa contro il tempo. Ma qualcosa di misterioso e soprannaturale aleggia nell'aria...

Scrivere un racconto che abbia come tema Halloween può non essere facile. Si rischia di non far altro che richiamare tutta una serie di figure stereotipate e di cadere nel "già visto".
Diciamo subito che Glauco Silvestri evita questo pericolo. Sebbene richiami nel suo racconto gli elementi horror tipici di Halloween, non diventa mai banale, questo anche grazie alla scelta di giocare, fino alla fine, con il lettore, facendo in modo che si chieda in continuazione: siamo di fronte a un serial killer, oppure a delitti di origine soprannaturale?
Interessante poi la decisione di ancorare gli spunti soprannaturali alla concretezza di una città, Bologna, descritta nella sua quotidianità.

Passiamo ad esaminare i personaggi.
Il tenente Volpi è un bel personaggio. Solido, credibile e con delle potenzialità, secondo me.
Ho trovato un po' forzato invece il personaggio di Marcella, descritta da un lato come una scienziata, che però dall'altro non esita a sposare la tesi degli omicidi soprannaturali con molta disinvoltura, snocciolando una serie di conoscenze approfondite sui miti celtici che sarebbe difficile procurarsi nello spazio di poche ore.
Mi è sembrato forzato anche il legame che immediatamente sembra istaurarsi tra i due.
I personaggi secondari, trattandosi di un racconto e non di un romanzo, naturalmente non possono essere approfonditi più di tanto, però in una occasione ho trovato esagerata la reazione di due "comparse".
Si tratta di due ragazze a cui viene detto che la loro coinquilina è stata brutalmente uccisa. Raccontano della festa dove l'hanno vista l'ultima volta:

«[...] Era una vera palla. A mezzanotte siamo uscite e siamo tornate a casa. Lei è rimasta. C’era uno che l’aveva inchiodata e non la mollava più».
«Com’era?».
«In che senso?».
«Alto. Capelli neri. Non l’avevo mai visto in facoltà. Aveva un bel sorriso».
«Aveva un bel culo, altro che sorriso. Due belle chiappette sode. Doveva vederlo. Un vero fico. Se avesse inchiodato me sarei rimasta lì tutta la notte».
«Te lo saresti pure fatto. Lo so».
«Cosa sei, gelosa?».

Ragazze, un po' contegno! La vostra coinquilina (per quanto non vi fosse simpatica) è appena stata squartata da un maniaco!

Ecco, se da un lato alcune reazioni sono forzate o superficiali, in altre situazioni l'approfondimento a tutti i costi nuoce al ritmo della storia.
Siamo di fornte a un racconto lungo, non un romanzo; mi aspetto che la vicenda prosegua in maniera rapida. Perciò ho trovato fastidiose le inserzioni dei pensieri vaganti delle vittime prima che incontrassero il loro destino. Non sto parlando di quello che pensavano mentre morivano, o della paura che provavano nel vedere il loro assassino, ma sto parlando proprio di pensieri sparsi, banali, quotidiani che avrebbero lo scopo di farci "familiarizzare" con la vittima ma che a me sono risultate moleste in quanto rallentavano senza motivo l'azione.
Faccio un esempio (o magari due).

Una giovane donna va a buttare l'immondizia. Vicino ai bidoni incontra il suo assassino:

Aveva un coltello, un grosso coltello, molto simile a quello che suo padre usava quando andava a caccia. Li aveva visti, lei, in quel negozio vicino al Palazzo dello Sport. Quello dove vendevano anche le balestre e gli archi. Lo sapeva perché Massimo, un ragazzo che aveva visto un paio di volte, l’aveva portata lì quando aveva deciso di comprarsi un nuovo arco da caccia.

Insomma, la ragazza ha davanti un tizio con un coltello, non mi interessa dove ha già visto quel tipo di arma, se in quel negozio posso trovare ottimi archi e balestre e che questo Massimo va a caccia con l'arco! Voglio sapere che cosa le accadrà!

Ancora, Volpi interroga una ragazza che è sopravvissuta ad un'aggressioni che aveva le stesse caratteristiche degli omicidi. Racconta la sua storia in questi termini:

L’anno scorso. Era stata aggredita da un clochard. L’aveva chiamato così, in francese. Un senza-tetto. Era stato a Halloween, se lo ricordava bene. Era uscita dal lavoro presto. All’epoca faceva la cameriera al Victoria Station per coprire le spese dell’università. Ricordava quello che era successo come se fosse stato ieri. Aveva salutato tutti, al pub, prima di uscire. Non faceva freddo, si era messo il giubbotto di jeans e se l’era filata prima che qualcuno le chiedesse di servire un ultimo tavolo. Il giorno dopo avrebbe dovuto dare l’ultimo esame. Era arrivata in fondo, sempre con voti alti, ci aveva messo l’anima per finire entro dicembre. Poi avrebbe potuto dedicarsi completamente alla tesi. Un lavoro complesso. L’impronta architettonica negli ambienti futuristici disegnati nei fumetti di fantascienza. Per quella tesi aveva dovuto distruggere la collezione di Nathan Never del suo ragazzo. Portare su computer le strisce di quel fumetto, senza danneggiare gli albi, non era praticamente possibile. Eppure, non poteva evitarlo. Nathan Never era uno dei massimi rappresentanti della fantascienza italiana a fumetti e le sue ambientazioni avevano qualcosa di realistico, per quanto fossero state pensate da disegnatori che, di architettura, potevano conoscere veramente poco. Di Nathan lei amava la struttura verticale delle città. Diversi livelli, costruiti l’uno sopra all’altro, come nelle città alveari della saga dei Robot di Asimov. Ogni livello era caratterizzato dal ceto sociale che ci viveva. Ovviamente i piani alti, quelli che potevano respirare l’aria pulita e vedere il cielo, appartenevano all’alta borghesia, mentre quelli più bassi appartenevano ai ceti meno abbienti. Una struttura verticale che ricordava anche la piramide di potere che funzionava nel Medioevo. Vassalli, valvassori, valvassini e così via, fino a scendere ai servi della gleba. Con l’unica differenza che, nel futuro, il lavoro svolto dai servi della glebaPer cui, in quel mondo immaginario, i ceti meno abbienti erano in pratica una sorta di peso per la società, un cumulo di bocche da sfamare incapaci di produrre un qualcosa di utile per il resto del mondo. Fin lì era arrivata con la sua analisi del futuro o, almeno, di quello che le menti proiettate verso il futuro vedevano come possibile svolta della nostra società. Aveva ancora molto da fare, lei. C’erano ancora molte cose da dire e, in più, doveva ancora fare un’analisi dettagliata delle tecniche architettoniche utilizzate per rappresentare queste città futuristiche.

La parte che ho evidenziato in rosso mi pare francamente di troppo! Qual è la sua funzione? Non credo ci sia bisogno di giustificare il fatto che la ragazza ricordi perfettamente il giorno dell'aggressione!
Potrei citare almeno un altro paio di casi, come ad esempio la presentazione al lettore di quelle che diverranno le ultime due vittime, che a parer mio è tirata troppo per le lunghe.

Ho notato anche una certa tendenza ad inserire informazioni necessarie al lettore in maniera un po' prolissa e con uno stacco a volte brusco dalla narrazione.
Esempio: Marcella e Alessandro parlano della possibilità che il serial killer stia seguendo un rituale celtico.
E qui parte una lunga spiegazione, che parte dai Celti fino ad arrivare a Napoleone. Un po' più di sintesi non avrebbe guastato, secondo me.

Nel suo complesso comunque il ritmo rimane buono e la vicenda interessante.
La soluzione finale mi ha lasciato un po' perplessa. Come detto, l'autore gioca con dubbio, lasciando aperte fino alla fine le due possibilità (serial killer o delitti soprannaturali). Quando la soluzione viene svelata però non riesce a chiarire ogni dubbio e spiegare ogni particolare relativo agli omicidi (specialmente il secondo, quello avvenuto sull'autubus). Ambiguità voluta? Sinceramente a me non è sembrato.

Il racconto resta comunque una lettura piacevole, scritta con uno stile discorsivo, scorrevole e coinvolgente.

2 commenti:

  1. Grazie, Lisse, per la recensione. Apprezzo tantissimo le critiche e credo che senza di esse un autore non potrebbe mai crescere e avvicinarsi a ciò che i propri lettori desiderano da lui.

    Vorrei rispondere ad alcune tue perplessità... Innanzi tutto è vero, il "romanzo breve" (lo chiamo così perché... be lo spiego tra un attimo) è pieno di infodump (ovvero di informazioni non necessarie). Ahimè capita che, alcuni lettori amino i dettagli e trovino certe descrizioni troppo brevi o superficiali proprio perché prive di "quotidianità". Ovvio che io stia cercando di trovare l'equilibrio giusto e, nel caso specifico, vorrei giustificare per lo meno due casi che evidenzi.

    La ragazza che fronteggia il coltello e racconta del moroso ha uno scopo; quello di presentare il moroso al lettore (spoiler) perché più avanti nel libro verrà accusato erroneamente del delitto (fine spoiler).

    Il secondo caso, quello della tesi sull'architettura futuristica, beh... si, è un errore... una parte di testo che sarebbe dovuta essere tagliata. Vedi, 31 Ottobre era un romanzo, pubblicato nel 2007 e che oggi è andato fuori catalogo. All'epoca, in fase di editing, fu tagliata una fettina di storia che andava proprio a raccontare le vicende di questa testimone. Tutto si collegava ma, nella stesura finale, me ne accorgo adesso, è rimasto un pezzetto di ciò che doveva essere eliminato.

    Il finale è stato lasciato ambiguo a posta. C'è chi l'ha apprezzato, chi ci ha pontificato, chi invece, come te, che ha mosso qualche dubbio.

    Farò tesoro delle tue osservazioni. ^_^

    Una piccola noticina finale: Se ti può interessare, tra i miei ebook è presente "Il Contributo". Un mezzo seguito, mezzo spin-off di 31 Ottobre. E' un racconto di media lunghezza... chissà, magari ti può incuriosire.

    Ciao e grazie ancora tantissime.

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  2. sì, Il contributo mi incuriosisce e lo leggerò. Poi lo recensirò, perchè ho questa mania, devo parlare di tutto quello che leggo! :)

    Volevo aggiungere un altro paio di cose. A me piace come scrivi gli infodump, lo stile colloquiale e coinvolgente; di per sè sono gradevoli da leggere ma spezzano il ritmo. Se fosse stato un romanzo più lungo li avrei trovati meno fastidiosi, anche perchè magari ti saresti preso altro "spazio" per amalgamarli meglio con testo.
    Io penso - ma l'autore sei tu e la "creatura" è tua - che con un po' di sintesi si potrebbe fare di 31 ottobre un racconto, oppure con qualche ulteriore aggiunta verrebbe fuori un romanzo non più definibile breve.

    La ragazza e il coltello: secondo me il moroso entrava in scena benissimo anche senza quelle due righe.

    Il finale: effettivamente le incongruenze sarebbero troppe se l'ambiguità finale non fosse voluta. Ma mi ha lasciato comunque perplessa.

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