giovedì 24 febbraio 2011

La formula dell'arcanum...

...di Livio Macchi

Dopo un brutto, bruttissimo romanzo storico, mi sembra giusto parlare di un buon romanzo storico, qual è, appunto, La formula dell'arcanum.

Napoli, 1754. La splendida città distesa all'ombra del Vesuvio cela un prezioso segreto, un tesoro custodito con gelosa premura. Si tratta della formula dell'Arcanum, la chiave alchemica capace di dare vita a piccoli capolavori di inestimabile valore: le porcellane della Real Fabbrica di Capodimonte. Un tesoro che fa gola a molti, soprattutto a chi è abituato a ottenere sempre ciò che vuole. Una complessa trama di furti e rapimenti varcherà i confini della città partenopea per approdare nella gelida San Pietroburgo, alla corte della capricciosa zarina Elisabetta, disposta a tutto pur di strappare alla manifattura borbonica il segreto di tanto splendore. Toccherà al capitano Ferrante Chilivesto indagare su quello che nell'arco di breve tempo si tramuterà in un intricatissimo affaire internazionale.

La prima cosa che mi ha colpita, è l'ambientazione nella Napoli misteriosa e affascinante del '700. Napoli, in quel periodo, era sospesa fra esoterismo e illuminismo, fra scienza e magia, fra passato e progresso. Ok, forse sarò anche un pochino di parte, ma trovo che sia un'ambientazione splendidamente suggestiva per un romanzo.
Livio Macchi, poi, sa renderla al meglio.
In primo luogo, sceglie come teatro della sua storia, almeno all'inzio, la Real Fabbrica di porcellane di Capodimonte: una scelta originale e interessante, tanto più che l'autore ne parla con competenza e precisione.
Dai dettagli tecnici sulla preparazione dell'impasto per le porcellane, alla loro pittura; dalla vita nella Real Fabbrica fino alla vita di corte; dai vicoli, ai palazzi di giustizia, tutto è solidamente descritto e argomentato, ma senza mai essere pesante. L'autore non sale mai in cattedra, dispensandoci lezioncine: il romanzo mostra quel che è essenziale ai fini della trama, senza interromperla con conferenze didattiche di dubbia utilità (uhm, capito signor Schatzing? Sì, è l'ennessima frecciatina all'autore de il Il diavolo nella cattedrale il cui modo di impartire lezioncine storiche durante il romanzo mi ha irritato enormente!)
L'ambientazione storica si respira, non ci viene imposta dal narratore.

Il protagonista, Ferrante Chilivesto, è imbevuto di una leggera ed ironica solidità. Secondo me, non si può non trovarlo simpatico.

Il capitano era rimasto sempre nel suo primo ufficio, invecchiando insieme allo scrivano Costanzo, costretti lì, con la carriera imbalsamata entrambi, da una sua certa insofferenza al concetto stesso di gerarchia. A cinqueantasette anni Ferrante Chilivesto era ancora capitano di giustizia e condivideva il grado con dei giovanotti che si facevano beffe di lui usandolo ad esempio di come non bisognasse comportarsi se si voleva fare carriera: era diventato un manuale vivente. Perchè lui aveva sempre e solo fatto di testa sua, mostrando negli anni un'incapacità quasi fisica di blandire, di omaggiare, di piegarsi insomma ai rudimenti della diplomazia. Non aveva mai agito per calcolo, e i risultati si vedevano. I capitani di vent'anni prima ora erano tutti governatori, ufficiali, consiglieri, e per la strada, se lo incontravano, non potevano trattenere dei sorrisini come sciabolate da cui Chilivesto si sottraeva con schivate immaginarie, ovvero pensando a quanti culi avevano dovuto leccare per essere dov'erano.

Indubbiamente Chilivesto è un uomo amareggiato, cui la sorte non ha risparmiato brutti colpi, ma non è il tipo che si piange addosso, anzi, attraversa la vicenda di cui è protagonista con ironia e leggerezza, senza mai prendersi troppo sul serio.
Quest'ironia e questa leggerezza permeano tutto (o quasi, come chiarirò meglio in seguito) il romanzo facendone una lettura piacevolissima e rilassante, anche se, ad essere sincera, il primo impatto si è rivelato ostico a causa di una certa involutezza dello stile di Macchi. Niente di grave, niente che renda il libro illegibile: c'è solo bisogno di abituarsi ad uno stile ricercato, ricco, pieno di subordinate e incidentali.
Faccio un esempio.

[Carlo di Borbone è indispettito perchè qualcuno, ad un'asta, sta comprando tutte le preziose statuine appena uscite da Capodimonte]
"Ma chi cazz'è stu guaglione?"
Così, con grazia tutta regale, Carlo di Borbone interrogò i cortigiani, e il refolo di dispetto che intorbidiva la cesellata frase li fece mutissimi, in attesa.

Ancora:
Allora pensare Chiunque muoia io non soffrirò lo metteva, rispetto alla vita, nella posizione di uno spettatore che assista a una cuccagna, indifferente all'agitarsi dei contendenti e al loro precipitare proprio quando, saliti faticosamente fino in cima al palo, per un nonnulla scivolano sulla pece fino in fondo, imprecando.

Ma, come si può vedere dagli esempi, non è niente di terribile, basta farci l'occhio.

La trama ha ritmo ed è ben svolta, specialmente nella prima metà del libro. La storia comincia col capitano Chilivesto alla ricerca di un ladro, e poi di un rapitore, con i due casi che si fondono alla fine in uno; da notare che la casa editrice Piemme qualifica il romanzo come thriller, ma in realtà questo non è assolutamente un thriller, mancando del tutto la suspence, l'ansia, l'urgenza tipiche di questo genere letterario.
Vien da chiedersi se chi cura la pubblicazione di un libro l'abbia, non dico letto, ma almeno sfogliato. Domanda a maggior ragione legittima se si pensa che la copertina si premura di spiegarci che abbiamo in mano un "thriller", mentre nessuno ha ritenuto importante informarci che questo libro è il sequel di un altro, La voce dei Turchini, e che sebbene possa essere letto tranquillamente anche da solo, qui le vicende narrate ne La voce trovano il sigillo definitivo.

Dunque, La formula dell'arcanum è un giallo, e per comprenderne la soluzione Chilivesto dovrà confrontarsi e sforzarsi di capire la varia umanità che gli passa davanti.
Ecco dunque un altro punto di forza del romanzo: se Chilivesto è un protagonista credibile, simpatico e ironico, i comprimari non sono da meno, in particolar modo gli operai della manifattura e le loro famiglie. I personaggi secondari infatti sono vari, tutti diversi, solidi ed ognuno parla al lettore con voce propria.
Con i crimini sui cui il capitano indaga si intrecciano le vicende di Macedonio e Masella, due giovanissimi fidanzati che lavorano alla Fabbrica, la cui storia tragica e toccante è uno dei momenti più belli del romanzo.

Le indagini porteranno Chilivesto dapprima a Livorno e poi verso San Pietroburgo.
Interessante la scelta dell'autore, con un cambio stilistico audace, di raccontarci il lungo viaggio in carrozza attraverso un diario tenuto da Chilivesto stesso, ulteriore prova dell'originalità e cura con cui è scritto il romanzo.

Quando però Chilivesto arriva a San Pietroburgo, cominciano le dolenti note, ovvero le ragioni per cui, all'inizio, ho defintio il romanzo buono e non ottimo.
In Russia, la trama prende tutta un'altra direzione, col nostro capitano che incontra un fantasma del suo passato (narrato appunto ne La voce dei Turchini) e ne esce trasformato. Perde la sua leggerezza, il suo distacco verso la vita, la sua ironica indifferenza verso le umane miserie, e diventa svenevole, melanconico, romantico. La storia ne risente, la soluzione del giallo passa in secondo piano e il lettore ha l'impressione che il cambiamento sia stato troppo repentino e poco giustificato. Non posso escludere che, se avessi letto il primo dei romanzi con protagonista Chilivesto, forse avrei compreso meglio il suo mutamento; ma io sono dell'opinione che un libro deve comunque essere comprensibile e credibile di per sè, al di là del fatto che faccia o meno parte di un'opera più ampia.
Giudizio negativo anche per il finale, che viste le premese avrebbe meritato più spazio e che vede Chilivesto autore di un comportamento, collegato alla risoluzione del caso, che francamente non gli si addice per nulla.

Nonostante questo - e per concludere - La formula dell'arcanum è un libro da leggere, perchè è scritto con accuratezza storica e stilistica; perchè sa essere ironico, tragico, leggero o profondo a seconda delle situazioni; perchè ha personaggi ben delineati ed una trama interessante anche se non perfetta nel suo svolgimento.
In mezzo al mare di prodotti mediocri che spesso ci si ritrova in mano, spicca come un raggio di sole che si riflette sull'acqua.

1 commento:

  1. Io non amo molto i romanzi storici... Però mi piace variare genere nelle mie letture e non escludo di poter prendere in considerazione un libro così. In questo momento, a dire il vero, sono alla ricerca di qualche cosa di leggero e spensierato... magari in un altro momento potrei prenderlo in considerazione.

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