lunedì 25 febbraio 2008

La stanza dei delitti...

...di P.D. James.

P.D. James, diceva la quarta di copertina, è l'unica e sola erede di Agatha Christie.
Questa frase mi ha convinto a leggere il suo romanzo. E' una vita che cerco qualcuno che costruisca gialli come li costruiva lei (la Christie, intendo), gialli che alla fine, dopo che tutti i misteri sono stati svelati, ti facciano concludere che non c'era altra soluzione che quella, e che avresti potuto vederla, se solo fossi stata più attenta.
Un libro così non è solo un passatempo, è una sfida.

P.D. James lancia la sfida, ma la lancia a modo suo. Insomma, di Agatha Christie continua ad essercene una...però nel bel mezzo della ricerca si scoprono un sacco di autori interessanti, e P.D. James è una di questi.

La storia è ambientata in un piccolo museo che raccoglie testimonianze di varie natura sulla storia inglese degli anni 20 e 30. Tra le attrattive, una stanza dedicata ai delitti più misteriosi ed efferati del periodo, la Stanza dei delitti, appunto.
E quando qualcuno comincia ad uccidere imitando i delitti ricostruiti nella Stanza, è inevitabile che il museo, i suoi collaboratori, i dipendenti e la famiglia Dupayne che ne è proprietaria vengano messi sotto la lente d'ingrandimento da Scotland Yard, e nel caso specifico da Adam Dalgliesh, poliziotto e poeta, comandante della Squadra Speciale.
Che poliziotto questo Dalgliesh: acuto, colto, intelligente e sensibile, ma anche dolente e malinconico, un uomo quasi etereo, che sa tirar fuori il carattere al momento giusto; aleggia sui misteri risolvendoli in fretta e con la forza dell'intelligenza.
A dire il vero, quasi tutti i personaggi del romanzo andrebbero definiti malinconici e dolenti, e soprattutto soli....molto molto soli e isolati dai loro simili.
Le cose che accadono del romanzo, o almeno la maggior parte, accadono perchè le persone che ne sono protagonisti o vittime sono sole, non condividono la loro vita con nessuno, se non in maniera formale.
Questo naturalmente complica le indagini, perchè nessuno sa niente del proprio vicino, collega, o addirittura del proprio fratello o figlio.
Le prime 100 pagine del romanzo (un po' lente a dir la verità) sono dedicate a presentarci questo quadro di gelo ambientale ed emotivo.
Quando poi il primo delitto viene compiuto, Dalgliesh saprà rompere la cortina di ghiaccio che circonda la vittima e i possibili sospetti e scavare a fondo fino a trovare la soluzione.
L'indagine, in contrasto con la lentezza delle prime pagine, è incalzante e mai noiosa. Sebbene non possa essere definita piena di suspence, tiene comunque il lettore avvinto al libro.
P.D. James ci trasporta nel bel mezzo di un'inchiesta di polizia e ce la fa vivere. Possiamo seguire la semplice e solida logicità dello svolgimento delle indagini, mettere in moto le nostre celluline grigie e partecipare (sì, perchè sembra prorpio di partecipare, a fianco di Adam Dalgliesh all'investigazione) fino ad arrivare alla soluzione del caso.
Già, la soluzione....sicuramente inattesa, logica e inattaccabile. Ma un pochino l'autrice ha barato: Dalgliesh arriva alla verità grazie ad un elemento che a noi non viene rivelato se non a giochi fatti.
A giochi fatti, però, con l'assassino assicurato alla giustizia, ci viene altresì rivelato un piccolo, piccolissimo elemento che, se lo avessimo notato, ci avrebbe permesso di arrivare alla scoperta del colpevole, anche senza i risultati della Scientifica che forniscono al comandante la certezza sull'idendtità del reo.

Sì, forse un pochino la James ha barato...ma aveva comunque in mano la carta vincente: un gran bel romanzo, che definire solamente giallo sarebbe riduttivo.

1 commento:

  1. ciao Lisse, scusa se ti contatto sul blog, ma non rispondi alle mie mail private!le hai ricevute? puoi contattarmi!
    Complimenti come al solito per il tuo blog... io sto finendo di leggere L'armata Perduta di Manfredi e ho già sul comodino da iniziare Scarpe rosse della Harris. Già letto?? BACI

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