domenica 12 novembre 2017

La casa di tutte le guerre...

... di Simonetta Tassinari.

La scheda del libro sul sito della Corbaccio

Certo che avrei voluto assomigliare alla nonna Mary Frances! Era la grande ambizione della mia vita, ma, per disilludermi, sarebbe bastato uno specchio. La nonna Mary Frances era bella, esile e bionda, con gli occhi azzurri, i capelli ondulati a metà guancia, un ovale perfetto, un naso sottile e una carnagione bianchissima. Teneva molto alla sua figura snella e dritta come un fuso. Quando si accorgeva di essere un po’ ingrassata pregava la sua governante, la Bea, di prepararle del brodo, e per una settimana a pranzo mangiava solo filini o quadrucci all’uovo per tenersi leggera. Aveva un modo speciale di camminare, di ridere e soprattutto di parlare, si capisce, con il suo bell’accento inglese che non perse mai. Profumava di Femme, portava sciarpe di seta, scarpe allacciate alla caviglia e stendeva sulle labbra un velo di rossetto rosa pesca. Se aveva dei difetti, io non li vedevo. Tutti la chiamavano «la signora» e io la adoravo, benché fosse palese che non ci somigliavano neppure nella forma delle unghie. Ero così orgogliosa di lei che silenziosamente ringraziavo la sorte poiché, per l’appunto, la zia Prospera era la mia prozia e non mia nonna.
E il motivo era semplice: non avrei cambiato la mia con nessun’altra al mondo.

Rocca, paesino dell'entroterra romagnolo, anni '60. Silvia trascorre le vacanze estive dalla nonna di origine inglese, una donna amorevole, intelligente e raffinata, che tutti in paese chiamano semplicemente la signora. Silvia ama quelle estati passate nella grande casa con giardino, tutte uguali ma tutte bellissime. Ma nel 1967, qualcosa cambia. L'incontro con Lisa, una ragazzina che non appartiene al suo mondo, segnerà l'inizio di un'amicizia ferocemente osteggiata dalla nonna, altrimenti sempre pronta ad assecondare l'amata nipote. Cosa si nasconde dietro il divieto inflessibile della nonna? E perché il padre di Lisa sembra nutrire una grande ostilità per la famiglia di Silvia?
Le due ragazzine sfideranno i pregiudizi degli adulti e scopriranno un segreto che tutti hanno tentato, senza riuscirci, di dimenticare.
 
Con La casa di tutte le guerre Simonetta Tassinari ci porta nel mondo ovattato, tranquillo e nostalgico della Romagna degli anni '60. La voce narrante del romanzo, Silvia, a dieci anni e mezzo ha una visione molto lucida dell'ambiente che la circonda, e soprattutto degli adulti, che la trattano come una piccola principessa. La sua intelligenza e la sua lucidità, comunque, sono sempre quelle di una bambina, e le piccole e grandi ipocrisie, bugie e segreti degli adulti, sebbene non passino inosservati,  le risultano il più delle volte incomprensibili.
Ad esempio, in paese c'è una sorta di ostracismo per la famiglia Bandini, composta da Lisa e da suo padre Tito, comunista, ubriacone e pecora nera del paese. Ma per Silvia le etichette apposte dagli adulti non hanno alcun significato finché non riesce a vedere con i suoi occhi Lisa e suo padre.
Questa scelta caparbia cambierà il corso degli eventi non solo di quella estate, ma anche di tutta la vita di Silvia.
Il romanzo ruota attorno ad un segreto che potrà essere svelato solo quando Silvia si accorgerà che dietro le apparenze quasi nessuno è come sembra davvero. L'adorata nonna Mary Frances non è perfetta ed infallibile come appare alla bambina; Lisa non è un animaletto selvatico come dicono le voci di paese; Tito, suo padre, non è quel buono a nulla ubriacone e pericoloso che tutti descrivono; e la vita dei Frassineti, la famiglia di Silvia, non è così perfetta come appare a tutti.

Silvia è un personaggio molto riuscito. Non che sia esente da difetti, tutt'altro. È evidente che si tratta di una bambina piuttosto saccente, a tratti presuntuosa ed egocentrica, ma allo stesso tempo i suoi pensieri, che ci guidano attraverso il dipanarsi del romanzo, sono molto naturali e coerenti, e non suonano mai artificiosi. Non è mai facile, per un  autore, entrare nella testa di una bambina, e per di più di una degli anni 60, ma la Tassinari ci riesce con una naturalezza sorprendente.

Il punto forte di questo romanzo è proprio la solidità e la naturalezza del racconto, che scorre fluido, che viene narrato con un linguaggio semplice ma evocativo.  Durante tutta la lettura non ho potuto fare a meno di provare una sorta di malinconia, come per qualcosa che avevo perso e che non avrei ritrovato mai più. Non si tratta tanto dell'atmosfera degli anni 60, epoca che non ho vissuto ma che comunque oramai incarna, nell'immaginario di tutti noi, una sorta di epoca d'oro scomparsa, quanto della bravura con cui l'autrice ci conduce, insieme a Silvia, verso la fine dell'infanzia, avvertendoci, rigo dopo rigo, che qualcosa di irripetibile sta per finire, che questi giorni perfetti non torneranno mai più e li rimpiangeremo per sempre. In questa ottica, gli anni '60, sono perfetti per aggiungere quel pizzico di innocenza e malinconia che rende l'atmosfera del romanzo unica.
Silvia crescerà durante quella estate scoprendo appunto le carte di un gioco che andava avanti da troppo tempo; e l'autrice sembra dirci che si cresce davvero quando le invincibili certezze dell'infanzia crollano per permetterci di guardare oltre il velo delle nostre illusioni.

Insomma, questo romanzo è un piccolo gioiello. Unico neo, a parer mio, un finale un po' affrettato e un po' troppo zuccheroso.

Voto: 7 e 1/2

2 commenti:

  1. Bello bello questo romanzo! Spero che la Tassinari scriva presto qualcos'altro perché mi piacerebbe leggerla ancora!

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