domenica 28 giugno 2009

Un mondo senza Storie

Sul blog della Ragazza Drago sono stati svelati i nomi dei vincitori del piccolo concorso organizzato dagli autori del blog stesso; beh, non solo non ho vinto ma a dirla tutta, e sperando di non sembrare acida, non condivido affatto la scelta dei finalisti!
Per chi non lo avesse letto e non avesse proprio nulla di meglio da fare, pubblico qui il mio raccontino (beh, almeno a me piace!)

Un mondo senza Storie.

Ci sono storie che non dovrebbero mai essere raccontate, storie cupe, oscure e maligne; perché la parola scritta, o la voce che narra, ha un potere misterioso, capace di vivere anche al di fuori di ciò che racconta. Questo potere resta sospeso nell’aria, come il fumo di un incendio prima che il vento se lo porti via.
Ci sono storie invece che andrebbero raccontate, storie piene di luce, di forza, di speranza. Hanno anch’esse un potere misterioso, capace di evocare e risvegliare la parte di migliore di ogni anima che le ascolta. Il potere di queste storie è come la luce che passa attraverso un prisma, e si rinfrange ovunque e illumina con il suo splendore ogni cosa che tocca.
Curioso che il popolo degli Ashtar, nella terra di Alya, si fosse accorto di questi arcani poteri solo quando essi sparirono per sempre dalla loro esistenza.
Sì, perché nella terra di Alya non esistono più nuove storie da raccontare.
Nessuno è più in grado di crearne di nuove, e anche le memorie di quelle vecchie si vanno perdendo, come granelli di sabbia dispersi dal vento del deserto.
Quando le storie cominciarono a sparire dai cuori prima che dalle menti, anche la terra cominciò a morire, e le piante a seccarsi senza una ragione apparente; i corsi dei fiumi divennero più scarsi e gli animali più rari. Persino gli uomini cominciarono a riprodursi con più difficoltà e la terra di Alya divenne un deserto.
Quando le storie cominciarono a sparire, gli Ashtar persero un pezzo della loro anima, e altrettanto fece il mondo intorno a loro.
Ma non si accorsero subito di quanto stava accadendo.
Si interrogarono, i capotribù passarono giorni e notti e a discutere; i sacerdoti interrogarono gli dei, gli sciamani ballarono davanti ai fuochi sacri, invocando l’aiuto degli spiriti.
Ma non ci fu risposta.
La terra stava morendo, e gli Ashtar poterono solo osservarla senza sapere cosa fare.
Una sera, alla fine dell’ennesimo concilio, i capotribù accesero i fuochi e si radunarono intorno ad essi per bere e riflettere.
Fu quella sera, quasi per caso, cercando le risposte nella saggezza degli Antichi, che si resero conto di non ricordare altro che frammenti delle loro leggende. Aprirono le loro bocche per colmare le lacune con nuove invenzioni, ma non ci riuscirono.
Non collegarono questa mancanza al lento decadimento d’ogni cosa vivente che li circondava. Non subito, almeno.
Non c’è nulla da fare; le Storie sono finite perché stiamo morendo, conclusero.
E si arresero.
Kadir, giovane capotribù, era un guerriero, e fu l’unico a capire.
Le Storie non erano finite perché loro stavano morendo, ma stavano morendo perché le Storie erano finite.
Ma la forza di Kadir era la sua abilità in combattimento, non la lingua, e non aveva abbastanza parole per spiegarlo.
Ma sapeva che un popolo che dimentica la sua storia, i suoi miti, i suoi racconti e le sue leggende, e che perde la possibilità di cantare in nuove canzoni le proprie gesta, è un popolo senza futuro. E’ un popolo che sta morendo.
E sapeva anche che essendo l’unico ad averlo capito, aveva una grande responsabilità.
Quella sera, quando gli altri capotribù si sedettero e si arresero, lui si alzò, e cominciò la battaglia più importante della sua vita.

2 commenti:

  1. Questo era il racconto destinato a vincere!!! Ma io forse sono di parte!!

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  2. Bel racconto, e bella idea iniziale... peccato che sia così breve, meriterebbe maggior approfondimento secondo me, lo merita!!

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