domenica 26 maggio 2019

Le vedove di Malabar Hill...

... di Sujata Massey.

La scheda del libro sul sito della casa editrice Neri Pozza

Bombay, 1921. Perveen Mistry è la prima donna avvocato dell'India. Non può patrocinare in tribunale, ma lavora nello studio del padre. Quando il ricco musulmano Omar Farid muore, lasciando tre vedove purdahnashin, donne che non parlano con gli uomini e vivono in isolamento, Perveen è l'unica che può seguire l'esecuzione del testamento senza creare problemi. Ma quando l'amministratore del patrimonio viene trovato morto nella residenza delle vedove a Malabar Hill, le cose si complicano per Perveen, che decide di indagare.

Le vedove di Malabar Hill è un romanzo dalle diverse anime. È sicuramente un giallo, ma è anche la storia di una donna, ispirata a due figure realmente esistite (Cornelia Sorabji, prima donna a frequentare legge a Oxford nel 1892, e Mithan Tata Lam, prima donna ammessa al foro di Bombay nel 1923) che lotta per la sua emancipazione. È la storia di una società sospesa tra la tradizione e la modernità, divisa in caste, gruppi etnici e sociali, dove ancora fortissimo era il pregiudizio verso le donne e tra indiani ed inglesi nascevano le prime tensioni.

In questo contesto così ricco e così complesso si muove Perveen. Il suo personaggio mi è piaciuto molto. Nonostante si tratti di una giovane donna che vive fuori dagli schemi, non ho mai avuto la sensazione che lei o il suo atteggiamento fossero anacronistici. Massey è riuscita a costruire un personaggio che è una vera pioniera, inserendola nel contesto sociale nel modo giusto. Perveen ha limiti e ostacoli, vede lontano e affronta consapevolmente la realtà che la circonda.

 Il romanzo è ricco di dettagli e di spiegazioni, ed è utilissimo per capire il contesto sociale e storico in cui è ambientato. Questo, se da un lato può essere considerato un pregio, dall'altro rallenta lo sviluppo dell'indagine, a volte in maniera esasperante. Se a ciò aggiungiamo che nella narrazione sono inseriti gruppi di capitoli ambientati nel 1917, prima che Perveen diventasse procuratore legale, è facilmente intuibile come inizialmente io abbia trovato la storia lenta e frammentaria.
Però devo riconoscere che procedendo nella lettura, la trama mi ha conquistata, specialmente quella di cui meno evidente mi appariva l'utilità, ovvero la storia di Perveen prima della sua laurea. 
La storia di Perveen e della sua lotta per essere riconosciuta come donna e essere umano (non faccio spoiler, ma no, non riguarda la sua possibilità di studiare o lavorare, come sarebbe stato ovvio, ma qualcosa di diverso e questo mi ha colpito positivamente) diventa parte integrante della trama e aiuta a capire meglio i personaggi e il perchè di determinati comportamenti ed azioni. Inoltre si tratta di una sotto-trama che diventa sempre più avvicente con lo scorrere delle pagine.
Insomma, questo è un libro che parte piano, ma a cui bisogna dare una possibilità. 

L'indagine ha molti elementi del giallo classico. Il delitto è infatti avvenuto in un ambiente chiuso, con un numero limitato di sospettati. Sono situazioni che mi sono molto congeniali, ed ho altresì apprezzato che la soluzione del mistero passi attraverso lo studio e la compresione di dettagli legali (sì, lo so, è una deformazione professionale). Ed è qui che Perveen dimostra tutta la sua intelligenza e la sua perspicacia.
Nel finale Massey si concentra sulla risoluzione del mistero legato all'omicidio. Il ritmo si fa più veloce, ma mancano veri e propri colpi di scena; alcune rivelazioni comunque sono interessanti e rendono il finale assolutamente non scontato.

L'impressione che mi resta, finito di leggere il romanzo, è quello di una lettura piacevole, che a volte pare un po' troppo didascalica, ma che comunque non perde di vista la ragione principale d'essere di un romanzo, ovvero quello di raccontare una (bella) storia. A conti fatti, le descrizioni sulla società indiana degli anni venti sono un valore aggiunto, anche se hanno reso la lettura meno scorrevole.

Voto: 7

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